«Caro Lucio quanto abbiamo litigato» di Lucio Libertini

Sergio Garavini, leader di Rifondazione: quarant'anni di battaglie con Libertini Sergio Garavini, leader di Rifondazione: quarant'anni di battaglie con Libertini «Caro Lucio, quanto abbiamo litigato» «Cera molta stima, ma l'amicizia è un'altra cosa Le sue inquietudini erano la parte migliore» L'8RR1DU€IBILE AVVERSARIO stei .ntirn Ó3C CVIAREGGIO OMPAGNI da più di quarant'anni; l'uno contro l'altro armati negli ultimi quaranta giorni. Due comunisti irriducibili, ma diversissimi. Agli antipodi. Ora che Lucio Libertini, globetrotter della sinistra, non può più chiedergli «di piantarla lì con quelle punture di spillo che non giovano a nessuno», Sergio Garavini, amico-nemico in Rifondazione comunista, confida di essere «commosso» per la lettera-aperta che il compagno senatore gli ha spedito attraverso le pagine di Liberazione. E che vorrebbe tacere. «Probabilmente - osserva - è l'ultimo suo scritto». E' in una camera d'albergo all'Hotel Lupori; nel cuore della vecchia Viareggio, a due passi dalla festa dei neocomunisti italiani, che aspetta il suo comizio di chiusura. Garavini sostiene che «non risponderà a quei quesiti, non potendo ottenere replica». Poi, si pente; e, com'è nel suo stile, sceglie la schiettezza. Pane al pane. «Ho troppa stima dell'uomo Libertini per non dire che dissento in pieno da quella analisi. Lucio sostiene: "Non è vero che una parte di Rifondazione si è voluta impossessare del partito; è prevalsa una maggioranza assai larga". A me sta bene che sia la maggioranza a pronunciarsi sulla linea politica; ma, quando decide su questioni organizzative, quando cambia la natura del partito, no». Onorevole Garavini, dicono che tra lei e Libertini ci fosse stima reciproca, di lunghissima data, ma nessun rapporto di vera amicizia. «Il comune impegno politico non comporta necessariamente un legame d'amicizia. La stima sì; ma è un'altra cosa. Il vincolo d'affetto, l'amicizia non possono far premio su qualunque altro elemento. Nel lavoro politico, nel confronto dialettico, ognuno deve far pesare la propria persona, le proprie idee, al di fuori dei rapporti personali». Vi conoscevate da tanti anni? «Dai primi Anni 50. A Torino. Quando io lavoravo nel sindacato e Libertini era stato mandato dal psi nel capoluogo piemontese a guidare la sinistra socialista insieme a Raniero Panzieri». Vi frequentavate, allora? «Sì; ed è il Libertini che ricordo con più passione. Penso a due passaggi intellettuali e politici molto importanti nella carriera e nella vita di Lucio. Primo: alla scelta sua, di Magnani, di Cucchi e di pochi altri di criticare aspramente l'intervento del Cominform nei confronti di Tito. Una rottura di grande importanza. Una cosa non da poco: schierarsi contro l'Unione Sovietica e lo stesso pei che aveva sostanzialmente condiviso la condanna del titoismo. Poi, c'è stata la collaborazione ai Quaderni rossi di Panzieri. Chi va a rileggere le sue polemiche di altissimo livello sul tema del controllo operaio, si accorge di come Libertini abbia anticipato i tempi e gli argomenti, diventati importantissimi ed attualissimi dopo il '68». Ma, con Libertini, lei ha ingaggiato anche liti feroci. Come l'ultima; quando l'allenza tra il presidente dei senatori di Rifondazione e Armando Cossutta di fatto l'ha «dimissionata» da coordinatore del partito. «Io ho sempre preso le distanze da un Libertini piegato da una logica di partito. Lo hanno criticato per i suoi passaggi da una forza politica all'altra. Lo hanno chiamato globetrotter della sinistra, voltabandiera. Secondo me, le sue mquietudini, il suo movimentismo, sono stati la parte migliore, che si è espressa nel '91 con la voglia di dar vita a Rifondazione comunista; di creare un movimento, non un partito, capace di ridar fiato alla sinistra. Eravamo molto vicini nell'eterodossia. Io, più portato allo scatto; lui, più riflessivo. Ma tutti e due desiderosi di rompere gli schemi, quand'era il caso». Un sentire comune che ha portato proprio Libertini a proporre Garavini come coordinatore di Rifondazione. Ma nel giugno di quest'anno, dopo l'ultimo Comitato politico, l'alleanza si è spezzata. Perché? «Io ho avanzato critiche politiche. Loro, invece di discutere sulle linee, hanno replicato con questioni organizzative. Non c'era più il Libertini sciolto e dinamico che conoscevo, ma un membro disciplinato di una nuova maggioranza». E che ribatteva con insistenza ad ogni intervento di Garavini; come nell'ulti- ma lettera-aperta scritta su «Liberazione». Dove lamenta anche che le polemiche interne «servono solo per offrire materia agli avversari». «Non ho mai fatto problemi personali. Proprio a Torino ho lasciato io il posto di capolista a lui. Per farlo eleggere; e perché qualcuno non avanzasse il sospetto di contrasti personali. Non ho mai pensato che quel posto non andasse bene anche a me; ma su un punto di rappresentanza di potére come quello non ho avuto dubbi. La sua lettera su Liberazione? Insisto: mi commuove; dissento: ma so che, se potessimo ancora scontrarci, lui avrebbe tanta voglia di discutere». Mario Tortello mi A sinistra Sergio Garavini Sopra Lucio Libertini

Luoghi citati: Torino, Unione Sovietica, Viareggio