Unione Culturale, l'incompiuta di Libertini di Lucio Libertini
Unione Culturale, l'incompiuto di Libertini I comunisti e i lavoratori ricordano l'impegno sociale del senatore scomparso ieri a Roma Unione Culturale, l'incompiuto di Libertini «Voleva farne il punto di riferimento per tutta la sinistra» Un nastro nero sulla bandiera rossa esposta nella sede di Rifondazione, in coreo Regina Margherita, è. stato il primo segno di lutto, poi sono arrivati i telegrammi di condoglianze del sindaco Valentino Castellani, di comunisti e cittadini. Appresa la notizia della morte di Lucio Libertini, il segretario regionale Giovanni Favaro ha composto mille numeri telefonici: «Si par.te stasera in pullman o in treno, i funerali si svolgono a Romani domani, alle 12». Moltissime le adesioni, nonostante le ferie. Si sapeva della grande sofferenza del senatore. L'ultimo comizio in città l'aveva tenuto alla vigilia del ballottaggio per l'elezione del sindaco. Con Novelli aveva parlato alla Festainrosso, organizzata ai giardini Sospello. «Facevo fatica a stargli dietro ricorda Giovanni Favaro ^_Era consapevole della gravità del male, ma Lucio continuava a parlare con la gente». Parlare, era la sua arma migliore. I compagni Alasia, Filippa, Passoni, che con Libertini avevano condiviso gran parte delle scelte politiche (l'uscita del psi, la formazione del psiup, l'avvicinamento al pei) gli avevano sempre invidiato la capa¬ cità di fermare i lavoratori ai cancelli e di spiegare in modo semplice i problemi, le possibilità di affrontarli. «Una comunicabilità eccezionale», osserva l'ex senatore Filippa. Un «diagolatore» tenace. Non sempre ci riusciva, e ne pativa. «Garavini e Cossutta litigarono su chi doveva concludere la campagna elettorale a Torino - racconta Favaro -, Libertini disse "è uno scontro incredibile", cercò inutilmente di farli riflettere». Aveva gioito per il voto di Torino del 6 giugno, ma non si adagiò nella culla della rivincita conquistata da Rifondazione ai danni degli ex fratelli del pds. «Ora - aveva detto ai compagni torinesi - dobbiamo lavorare per uno sviluppo economico basato sul lavoro». L'impegno in favore degli operai è ripagato da vasti riconoscimenti. A Chivasso, dov'era consigliere comunale dal '90, lo ricordano per le battaglie contro la chiusura della Lancia. «Da morti si è sempre commemorati1 bene, ma per Libertini non c'è retorica: era onesto, è stato uno strenuo difensore del movimento operaio», dice l'ex sindacalista Guarnieri al circolo Garibaldi. Stima che va oltre i confinti di Rifondazione: «Sapeva che la sinistra doveva trovare punti di convergenza, e li cercava occupandosi di lavoro o trasporti, problemi concreti», afferma Sergio Chiamparino, segretario provinciale della quercia. A Torino ritrovava la moglie Romanella. Erano separati, ma avevano mantenuto un ottimo rapporto, anche di lavoro. Insieme si erano adoprati per fare dell'Unione culturale (lui presidente, lei segretaria) un riferimento per tutta la sinistra. La scomparsa del pei aveva creato ostacoli, ma contava di rimuoverli. Così ragionava con Romanella tra il verde del Circolo della Stampa, in coreo Agnelli. Gli è mancato il tempo. Lucio Libertini
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