Il fisco silura la flotta di Agnese Vigna

Continua a diminuire la domanda di imbarcazioni da diporto Continua a diminuire la domanda di imbarcazioni da diporto Il fisco silura la flotta I costruttori: rivedere il redditometro mare am aro lapearl harbor del cabinato TORINO. Poeti, santi, eroi sì. Ma navigatori, no. Per lo meno, non più: è questa l'impressione che danno gli italiani alle imprese produttrici di imbarcazioni da diporto, riunite nella Ucina (Unione cantieristica italiana industria nautica e affini) un'associazione affiliata alla Confindustria. Da due o tre anni l'Urina deve sfogliare la margherita dei dispiaceri: il mercato si restringe, la domanda cala, l'occupazione 140 mila addetti - viene progressivamentre ridotta. Perché questo inedito «disamore» degli italiani per la navigazione da diporto? Le cause possono essere tante, ma una a sentire l'Ucina - risalta tra tutte: la pressione del fisco, sempre più punitiva. «Per lo Stato l'amante del mare - spiegano i funzionari dell'associazione - è una mucca da mungere senza pietà. Senza tenere conto che viviamo in un Paese con 9 mila chilometri di coste, e che il 75% del mercato nautico è costituito da piccole imbarcazioni. Quelle tra i 5 e 7 metri, dal costo ormai molto contenuto». Per il fisco, invece, i nautisti sembrerebbero essere tutti multimiliardari, proprietari di panfili e yacht da sogno. «Ma la realtà è ben diversa - proseguono all'Urina -. Il più delle volte il marinaio della domenica ha una barchetta da 5 metri. Va a fare il bagno con la famiglia, ha pagato copiosamente Iva sull'acquisto, Iva sul parcheggio e sul rimessaggio, tassa di stazionamento, Iva sulla sosta nei porti (se mai ne avesse trovato uno) e, non ultimo, ha alimentato il mercato del lavoro». Ma i pregiudizi e le tasse hanno un grosso peso; tanto che, lamentano all'Urina - nel 1992 si è registrato il crollo del mercato interno. C'è stata una perdita di 450 miliardi di fatturato (circa il 29% di riduzione) e si è passati da 1550 a 1100 miliardi, con una flessione delle esportazioni del 10%. Il settore «coinvolge» tra addetti alla vendita e utenti oltre 3 milioni di persone e garantisce oltre 140 mila posti di lavoro. Di questi però gran numero sono stati messi in cassa integrazione o licenziati. Si tratta per lo più di maestranze artigianali o semiartigianali. E per il 1993 si prevede un ulteriore calo del fatturato globale intorno al 30%. La zavorra che rischia di far affondare il settore è dunque quella del fisco: redditometro, tasse di stazionamento, Iva, imposta straordinaria sui beni di lusso. Tanto che molti utenti nautici impauriti hanno preferito tirare in secco le loro barche. Per il redditometro un gozzo di 8 metri con un motore da 50 cavalli corrisponde a una casa a Cortina o a una Rolls Royce. Altro problema è quello del posto barca. «La situazione dei porti e porticcioli - dicono all'Urina - potrebbe migliorare grazie al recente disegno di legge del precedente ministro dei Trasporti e Marina Mercantile Tesini che eliminerebbe ben 36 passaggi burocratici che oggi paralizzano di fatto gli iter dei progetti. Ma la legge per ora è ferma. Una miglior distribuzione e disponibilità dei posti barca servirebbe da calmiere dei prezzi e da rilancio della nautica minore». Un altro problema per l'utente nautico è quello dei controlli esasperati. Un vero tormentone per chi va per mare in cerca di pace e silenzio. Ci sono ben 4 polizie pronte a perquisire gommoni e motor yacht: capitaneria, carabinieri, guardia di finanza e polizia. E a Venezia e sui laghi a questi si aggiungono anche i vigili urbani. Che fare per migliorare la situazione? L'Ucina propone la revisione dei parametri del redditometro, specie per le piccole e medie imbarcazioni, e una revisione sulla normativa relativa all'immatricolazione e le patenti. Si potrebbe così adeguare la legislazione italiana a quella europea, senz'altro meno punitiva, almeno per le barche al di sotto dei 7,50 metri. L'Ucina inoltre chiede un coordimento delle attività dei vari organi che svolgono funzioni di polizia marittima, l'abolizione della tassa come bene di lusso e la riduzione delle tasse di stazionamento. «E' stato chiesto più volte si lamentano all'Urina - un incontro con il ministero della Marina Mercantile per esporre i problemi del settore. Ma l'appuntamento per ora è sempre stato rinviato». Nel frattempo però l'associazione ha promosso delle iniziative per favorire lo sviluppo della nautica e renderla accessibile a più ampie categorie di utenti. Per esempio è stato lanciato un consorso su un settimanale per sorteggiare 11 imbarcazioni; sono anche in corso campagne promozionali sulla stampa europea e americana per convincere i Paesi storicamente utenti della nautica della validità del «Buy Italian». Lo slogan è «chi non ha una barca italiana non potrà mai dire siamo tutti sulla stessa barca». Agnese Vigna Uno yacht Il mercato delle imbarcazioni in Italia dà lavoro a 140 mila persone

Persone citate: Buy, Tesini

Luoghi citati: Cortina, Italia, Torino, Venezia