Quei telefoni muti a Palazzo Chigi

Quei telefoni muti a Palazzo Chigi Bombe a Roma e Milano, blackout nella sede del governo. Lo scrittore Montalbàn fra realtà e fantapolitica Quei telefoni muti a Palazzo Chigi LA PAURA DI GOLPE B OMBE a Roma e ' a Milano. Blackout telefonico a Palazzo Chigi. Si fecero subito una domanda: abbiamo pagato la bolletta del telefono? No, fin dai tempi del primo governo De Gasperi, e tuttavia i loro telefoni non avevano mai taciuto e ancor meno quello del capo del governo. La seconda domanda fu: un errore burocratico? Domanda difficile da capire e a cui non si sa come rispondere, perché è assai improbabile che una segretaria prenda alla lettera l'ordine «Non ci sono per nessuno» quando cominciano ad arrivare notizie di attentati gravi. Un errore tecnico? A Cossiga venne in mente questo conato di spiegazione logica e tutti gli occhi si puntarono sul mostro: il centralino intelligente Office BX 10.000, vanto dell'Italtel. E nonostante l'alta sofisticazione, le centraliniste computerizzate non sono in grado di alzarsi e scappare gridando «Aiuto!». Di conseguenza il centralino venne circondato, smontato, auscultato, pezzo dopo pezzo, e nelle sue viscere non si trovò nulla, e nemmeno nessuno, di cui sospettare, neppure Andreotti, come Occhetto aveva già insinuato, malizioso. L'unica spiegazione possibile era l'aggressione all'autorità del capo del governo, Ciampi, e la gravità della faccenda dipendeva strettamente dagli scopi dell'aggressione stessa. Venne consultato un filosofo specializzato negli aspetti della quotidianità, che ripescarono dalle sue profonde meditazioni sul ruolo della pentola a pressione e dei saldi nei grandi magazzini ai fini del superamento della lotta di sesso e di classe. Costui cominciò a stabilire ed eliminare ipotesi. Un colpo di stato astenico? Un avvertimento al capo del governo per fargli capire che può essere l'ultimo a venire a sapere di un colpo di Stato? Il gesto personale e risentito di un elemento dei servizi segreti travolto da problemi coniugali? Un crociato dell'operazione Gladio ignaro della sconfitta internazionale del comunismo intento, come quei soldati giapponesi che portavano avanti la seconda guerra mondiale per conto proprio, a combattere la propria guerra fredda? Bisognava trovare subito una risposta, visto che gli speculatori giocavano con la possibilità di un sabotaggio della Falange Armata nel tentativo di cogliere l'occasione della catarsi all'italiana per mettere in forse la stessa democrazia. E Napolitano, Berlusconi, Spadolini, Craxi, Van Basten, Orlando, Alba Parietti, Ratzinger, Bossi, Occhetto, Garofano, Roberto Benigni e De Mita si trovarono d'amore e d'accordo: effettivamente, la democrazia era in pericolo. E bisognava dare una risposta con la massima urgenza, perché agosto è un mese poco propizio alle angosce metafisiche nazionali e l'afa non aiuta a localizzare l'Essere-nel-mondo né l'Essere-nella-Storia di quasi nulla, come del resto non aiuta a localizzare quasi nessuno. D'altro canto si rischiava che l'Onu spedisse i suoi Caschi Blu per il controllo funzionale dei centralini telefonici italiani, nel palese tentativo di stabilire un nuovo Ordine Telefonico Internazionale, ed è noto che i Caschi Blu si sa quando arrivano ma non quando se ne vanno. Non si poteva contare nemmeno sul presidente Clinton come fattore stabilizzante, perché appena venne a sapere del sabotaggio telefonico subito da Ciampi, avvertì Saddam Hussein delle proprie intenzioni di funestare Baghdad, questa volta con bombe scarsamente intelligenti o meno intelligenti di quelle altre; e Hillary in persona, e forse anche la figlia, micione compreso, avrebbero guidato una missione di pace per impedire che i serbi si impadro¬ nissero dei colli di Roma, prodigandosi intanto a distnbuire confezioni di pollo fritto alla Kentucky tra i somali alla Stazione Termini. E' ovvio che una faccenda così delicatamente segreta come un colpo di Stato si deve servire dei servizi segreti, ma era in questo caso consigliabile domandargli se proprio loro come insieme o qualche loro sbandato stesse mirando al golpe? Gli ex ministri dell'Interno si mostrarono molto scettici sulla possibilità che i servizi se¬ greti fossero pronti non già a svelare, ma addirittura a conoscere i propri segreti. Erano piuttosto ben informati sulle scappatelle extraconiugali della classe politica italiana, ma questo serviva soprattutto a innescare le conversa- zioni del lunedì mattina, una volta esaurito il dibattito calcistico. E' risaputo che la sicurezza dello Stato, di qualsiasi Stato, non dipende in realtà dai costumi sessuali dei suoi politici. Ma bisogna, soprattutto, non desistere dal chiamare blackout l'accaduto, perché qualsiasi traduzione in italiano avrebbe inutilmente colorato di drammaticità i fatti. Mancino, ministro dell'Interno, e il generale Federici in testa ai suoi carabinieri, erano propensi per una soluzione teologica, una soluzione di Teologia della Sicurezza, che pur ammettendo l'ovvietà del Mistero, non ne traesse particolare diletto. Se è possibile credere nella Santissima Trinità, perché non farlo in una ribellione tecnologica senza finalità storica? Conoscete forse qualcuno a cui siano rimaste finalità storiche? E' ancora concepibile che si possa dare un senso alla Storia dell'Italia o di qualsiasi altro Paese post-capitalista servendosi di un golpe? Brutti tempi per la pubblicità dei servizi segreti pubblici, e in omaggio alla modernità qualcuno propose di ricorrere a un investigatore privato, meglio se straniero, tenuto conto che le sue conclusioni potevano venir sequestrate in dogana mentre sarebbe stato assai difficile garantire la disciplina catartica di un investigatore privato italiano, reale o letterario che fosse. Così entrò in gioco Pepe Carvalho, la notte tra il 6 e il 7 agosto. Chiamato d'urgenza a Palazzo Chigi, venne portato in Italia da un aereo privato dei servizi segreti privati di un'impresa privata italiana, e fatto sgattaiolare da una porticina sul retro per non ferire il corporativismo patriottico di Mancino e Federici. Carvalho ebbe a sua disposizione tutti i dati e sbalordì le eminenze che lo consultavano con un sorriso da saputello che di per sé annunciava una conclusione promettente. Un oh! ammirato e insieme speranzoso accolse l'atteso verdetto. - L'Europa e il Nord Opimo in generale sono pieni zeppi di spie postmoderne. Peggio di un virus. Le loro spiate ormai non servono a nulla né a nessuno, e sono troppo schizzinose per cacciarsi in pastette di seconda categoria, in problemi minori come la situazione delle acque del Giordano o i nomi dei finanziatori di barzellette sugli svizzeri... Simili fesserie le lasciano a Le Carré. Le spie postmoderne spiano per se stesse, per il piacere di essere i detentori dei segreti intrasferibili, lo stesso piacere provato dagli scrittori sibaritici e introversi che odiano il lettore-stupratore della loro purezza creatrice. Signor Presidente... Carvalho si rivolse a Ciampi, con estrema gravità, pur di raggiungere l'enfasi richiesta a giustificare la parcella che gli avrebbe propinato: - Ci troviamo davanti a un onanista indipendente che adesso se la gode a contemplare i frutti del suo operato. - E' indispensabile che sia italiano? - No. Hanno forse un senso le culture nazionali in piena postmodernità? - Possiamo spiegare ai media che si è trattato di una spia postmoderna sanmarinese? - Inverosimile. - Del Liechtenstein? - Passabile. Un respiro di sollievo raggiunse le alte vette del salone. Fu subito servito un Brunello di Montalcino per festeggiare il secondo golpe inesistente dopo quello di Valerio Borghese. Poche ore dopo, Roma era un continuo sbattere di portiere di automobile che sancivano l'inizio della liturgia vacanziera. La teologia della sicurezza era stata, ancora una volta, messa in salvo dai teologi privati, entusiasti della logica politica prètà-porter, preziosissima sempre in tempi di crisi. Manuel Vàzquez Montalbàn (Traduzione di Hado Lyrìa) «Carvalho si rivolse a Ciampi con gravità: Signor Presidente...» Qui sopra: Palazzo Chigi, sede del governo