Addio a Libertini, irriducibile della sinistra di Alberto Papuzzi

Addio q libertini, irriducibile della sinistra Dal psi al psdi, poi al psiup ed infine al pei, il partito che non volle tradire col pds. Aveva 71 anni Addio q libertini, irriducibile della sinistra // leader di Rifondazione comunista ucciso da un tumore a Roma FERSONAGGIO IL COMPAGNO LUCIO ROMA A questa casa «si esce solo con i piedi in fuori» aveva detto Lucio libertini, prendendo a prestito una battuta siciliana, quando oltre vent'anni fa era entrato nel pei. Molti pensavano che quella fosse solo una tappa dei suoi vagabondaggi nelle file della sinistra, invece Libertini è rimasto fedele alla falce e martello per il resto della vita, rifiutando il pds. Fondatore e senatore di Rifondazione comunista, è morto ieri mattina, all'età di 71 anni, all'ospedale Sant'Eugenio, per un tumore al cervello di cui era da tempo consapevole. I funerali domani alle 12, in piazza del Pantheon. Nella storia politica del «compagno Lucio» si ritrovano tanti pezzi delle peripezie e delle contraddizioni della sinistra italiana. Nato a Catania il 1° giugno 1922, in possesso di una buona educazione borghese - che si rispecchiava anche nel suo amore per le belle giacche e per le citazioni colte -, laureato in scienze politiche e specializzato in studi economici, nel 1943, a 21 anni, si era iscritto al psi e, finita la guerra, lo troviamo alla testa della federazione giovanile, contrario al patto d'azione che univa Nenni e Togliatti. Infatti passa al neonato psdi di Giuseppe Saragat, ma ne esce nel 1952, con i dirigenti contrari alla «legge truffa». Diventa direttore di Risorgimento socialista, la rivista di un gruppo mezzo socialista mezzo trotzkista, fondato a Milano negli Anni 50 da Cucchi e Magnani, i due deputati usciti dal pei. Dunque Libertini era un anticomunista. Morto il gruppo di Cucchi e Magnani, rientra nel psi e collabora con Mondo operaio, diretto da Raimondo Panzieri, con il quale firma le Tesi sul controllo operaio, siluro all'egemonia sindacale del pei. Dopo l'alleanza tra de e psi, Libertini si schiera nella corrente di sinistra - con Lelio Basso e Vittorio Foà -, che nel giugno del 1964 promuove il psiup. Nelle file di quel piccolo partito, a sinistra del pei, Libertini viene eletto deputato per la prima volta, a Torino nel 1968. Ma l'ipotesi di una terza forza di sinistra è fatta a pezzi dalle elezioni del 1972. E' allora che approda al pei, cooptato nel comitato centrale. L'ingresso in un mondo che aveva combattuto ha il senso dell'arrivo in un porto sicuro dopo tanti naufragi. Della sua lunga milizia comunista, si ricorda soprattutto l'attivismo frenetico («Ma questa è una repubblica v'ce-presidenziale!», esclamò Valerio Zanone, quando Libertini era vicepresidente della Regione Piemonte). Scrive su Nuovasocietà di Saverio Vertone, pubblica da Einaudi Quale Parlamento?, è responsabile della politica nazionale del pei per trasporti e casa. Ma la passionalità e il protagonismo sono anche il suo limite: dentro il pei rimase sempre un leader dimezzato. Dalla metà degli Anni Settanta ritorna stabilmente in Parlamento: deputato nel '76, senatore nel '79, '83, '87. Nel 1991 è uno dei promotori di Rifondazione, nelle cui file è rieletto senatore alle ultime politiche. Dal defunto partito gli arriva una mazzata questa primavera, quando Caporali lo tira in ballo per le tangenti ferroviarie. «Mai - dichiara lui - mi sono occupato di tangenti». Il pm Tiziana Parenti gli dà ragione. Le sue peregrinazioni gli avevano fruttato una efficace conoscenza degli ambienti di sinistra sia operai sia intellettuali: era stato l'unico a predire il successo dei neocomunisti nelle grandi città. Stava lavorando alle tesi congressuali - come ha ricordato Cossutta - e sperava di riuscire a finire la relazione. Ma la morte ha interrotto un progetto molto più impegnativo. Un'autobiografia che Libertini stava tentando di scrivere: la storia di un globetrotter della sinistra. Alberto Papuzzi

Luoghi citati: Catania, Milano, Piemonte, Roma, Torino