Tempesta sulla Bosnia retromarcia Usa di Foto Reuter

Clinton si piega, sarà il capo dei Caschi Blu (contrario ai raid) a dare l'ok ai bombardamenti Clinton si piega, sarà il capo dei Caschi Blu (contrario ai raid) a dare l'ok ai bombardamenti Tempesta sulla Bosnia, retromarcia Usa «Deciderà il comando Onu» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Gli americani hanno acconsentito con riluttanza, e dopo essersi a lungo opposti, a non bombardare alcun obiettivo in Bosnia senza il previo consenso dei comandanti delle forze militari Onu sul campo. Secondo il «Washington Post», che ha dato ieri la notizia, la concessione di quello che equivale a un diritto di veto «riduce senz'altro l'ampiezza - e forse addirittura la probabilità - di ogni attacco aereo» contro le postazioni militare serbe. Spetterà quindi al generale francese Jean Cot, comandante di tutto il contingente dei Caschi Blu nei Balcani, dire l'ultima parola, mentre nel suo quartier generale l'ostilità nei confronti del piano di attacco americano è piuttosto diffusa. Il suo vice, il generale belga Francis Briquemont, ha definito senza mezzi termini il piano come il prodottódi «guerrieri da poltrona». «Sono i classici studi a tavolino che si fanno nei quartier generali scarabocchiando sulle mappe», ha detto. Nei giorni scorsi, Cot e Briquemont si erano incontrati con l'ammiraglio americano Jeremy Boorda, capo del fianco Sud della Nato, trovando l'accordo su una vasta lista di obiettivi da colpire. Un ufficiale presente alla riunione ha definito l'elenco piuttosto «robusto», comprendendo, oltre a postazioni militari vere e proprie, depositi di carburante e vie di collegamento. Nel confezionare la lista è stata quindi accolta la richiesta americana di allargare le «categorie» dei possibili obiettivi, confermata anche nel corso di una riunione svoltasi venerdì alla Casa Bianca tra Bill Clinton e tutti i suoi principali consiglieri mili- tari. Ma se gli americani sono riusciti a far prevalere il loro punto di vista su questo punto, hanno invece dovuto cedere sulla concessione del diritto di veto alle forze Onu sul campo, che è stato recepito anche nel memorandum riassuntivo delle decisioni raggiunte nella riunione tra Cot, Briquemont e Boorda. Di conseguenza, la Usta rischia di essere tanto larga quanto inutile, nonostante il Segretario di Stato Warren Christopher, di passaggio alla base di Avi ano, abbia cercato venerdì di far apparire la possibilità di un'azione militare quanto mai prossima. E' vero, tuttavia, che lo stesso memorandum precisa che, in caso di disaccordo tra gli ordini Nato e i comandanti dei Caschi Blu, gli ordini verrebbero soltanto sospesi, non annullati, e la discussione sulla loro attuazione passerebbe a un livello più alto, cioè in sede politica, sia presso l'Onu che presso la Nato. In realtà lo stesso Christopher ha precisato che tutto dipenderà dall'andamento dei colloqui di pace che riprenderanno lunedì a Ginevra, lo stesso giorno in cui, a Bruxelles, una riunione Nato dovrebbe approvare formalmente la lista degli obiettivi scelti. Colin Powell, capo di tutti gli Stati Maggiori delle forze armate americane, intervistato da una televisione inglese, ha detto che gli attacchi potrebbero scattare «sia nel caso i negoziati di pace fallissero, sia come pressione positiva e incoraggiamento qualora entrino in una fase di stallo». Nella stessa intervista Powell ha sostenuto che un'azione militare «non può comunque essere compiuta tanto per fare qualcosa o per reagire a un sentimento di frustrazione, e deve sempre essere al servizio di obiettivi precisi e proporsi di essere, a quel fine, decisiva». Ma, almeno per il momento, di decisivo c'è molto poco. Nei colloqui di pace di Ginevra dovrebbe venire affrontato da domani il complicatissimo problema dell'eventuale spartizione della Bosnia in tre Repubbliche federate. In una nota preparata in vista della ripresa del negoziato, i due mediatori internazionali, David Owen e Thorvald Stoltemberg, hanno anticipato che lo scoglio più duro è rappresentato dall'attribuzione di Sarajevo, dove nessuna delle parti appare disposta a liberare i quartieri della città militarmente controllati. Un segnale di questa difficoltà è venuto anche ieri. I serbi, che hanno nei giorni scorsi conquistato le colline che sovrastano la capitale, avevano acconsentito a restituirle alle forze dell'Unprofor. Ma ieri il loro leader Radovan Karadzic ha detto che la restituzione avverrà soltanto quando sarà chiaro che i Caschi Blu hanno forze sufficienti per conservare il controllo delle colline, il che, a suo giudizio, non è, perlomeno allo stato dei fatti. E questo è un problema molto serio, dal momento che il presidente bosniaco, il musulmano Alyia Izetbegovic, ha annunciato che riprenderà a trattare solo quando i serbi avranno riconsegnato le colline. La proposta di Owen e Stoltemberg riguardo a Sarajevo è quella di dichiararla per il periodo di un anno zona protetta sotto il diretto controllo dell'Onu. Nel frattempo, nel Congresso Usa, il senatore repubblicano Robert Dole si è scagnato contro i mediatori, definendoli «facilitatoli della resa musulmana» e ha invitato Clinton «a non lasciarsi legare le mani dal Segretario Generale dell'Onu», lanciando subito un'offensiva militare. Paolo Passarmi Clinton al lavoro nello Studio Ovale della Casa Bianca: ha ceduto all'Onu l'ultima parola sui bombardamenti [foto reuter]

Luoghi citati: Bruxelles, Ginevra, Sarajevo, Washington