Il mostro l'aveva scritto «Vedrete, ci riproverò»

Il mostro l'aveva scritto «Vedrete, ci riproverò» Il messaggio dieci mesi fa, dopo l'assassinio di Simone Il mostro l'aveva scritto «Vedrete, ci riproverò» AFOLIGNO un altro bambino è stato ucciso. E un giovane fermato. Non sappiamo se sia lui il mostro che ci è piombato addosso dieci mesi fa. Quando lo troveranno avrà una faccia banale, magari un po' triste, gli occhi di uno che nella vita ha perso molto. Avrà qualcosa che appartiene a tutti noi, ai nostri giorni. La verità è che questa è soprattutto la storia tragica di una sfida incredibile, fuori da tutte le regole, lontano da ogni logica. E' come se il mostro di Foligno avesse ucciso e stupito due volte per affermare se stesso, la sua miseria, il suo peccato e il suo sogno di grandezza. Poco importa che poi, nella realtà, la sfida fosse cominciata per sbaglio, il 6 ottobre dell'anno scorso, quando il corpo di Simone Allegretti, 4 anni, fu trovato in una scarpata della montagna tra Casale e Scopoli, massacrato con un punteruolo. Cominciò per sbaglio, perché, dissero gli inquirenti, «l'assassino colpì e tolse la vita a Simone Allegretti, più per paura che per intenzione». Un delitto anomalo, «compiuto per tamponare un'urgente e incontrollabile esplosione di turbe e malesseri, che mandavano in tilt il cervello». Quello che veramente voleva non era sesso, sostennero gli psicologi, non era morte, ma espiazione. Il mostro aveva ucciso due giorni prima, il 4 ottobre, e poi lasciato un biglietto in una cabina telefonica vicino alla stazione, scritto a stampatello, con un normografo, «in buon italiano». C'era un'invocazione, in quel messaggio: ((Aiuto, aiutatemi». Ma c'era anche una certezza: «Non mi troverete mai». E una minaccia, a mo' di chiosa: «Saluti al prossimo omicidio». Il mostro di Foligno, sin dall'inizio, era in quelle | parole, che lo rendevano magari più umano ma non per questo meno terribile. L'impressione era strana, diversa, sin dall'inizio. L'assassino di Foligno l'abbiamo chiamato mostro subito, e abbiamo continuato a farlo, anche quando aveva un volto che non era quello giusto, anche quando un giovanotto da discoteca aveva deciso di consegnarsi al mondo ricoprendo quel ruolo. Persino il vescovo di Foligno, Giovanni Benedetti, lo aveva bollato così nella sua omelia per Simone. Ma la sfida, a volte, può essere più forte di noi, più forte anche di quelli che la lanciano. Perché tutto in questa storia richiama la sfida, il desiderio di affermazioni. Tanto che pure la polizia lancia la sua sfida, e diffonde un numero verde invitando il mostro a farsi vivo: «Se esisti, noi siamo qui». E lo sfida Achille Serra, il superpoliziotto inviato a Foligno con un gruppo di investigatori specializzati. E non è un caso che persino le storie collaterali si dipanino sotto questo minimo comun denominatore. Perché quindici giorni dopo, il mostro immagi- nario che si consegna alla pohzia, lancia anche lui un'altra sfida. Stefano Spilotros ha 22 anni, una vita di periferia a Rodano, vicino a Milano, la faccia così banale, la giacca corta e larga, il passo dinoccolato come uno che se ne esce dalla discoteca. Che strano, quante coincidenze con il giovane fermato ieri a Foligno: hanno la stessa età, sono tutt'e due geometri, tutt'e due non hanno conosciuto il vero padre. Lui, Spilotros, era appena uscito dal nulla, una casetta anonima nella nebbia, la chiesa, un patrigno affettuoso, due sorelle che lo adorano. Aveva chiamato il numero verde di Foligno senza spaval¬ deria, con voce dimessa, eppure esaltato dalla sua impresa: «Sono io quello che cercate». Aveva dato appuntamento al suo misterioso confessore, e aveva confessato alla fine un delitto mai commesso, senza piangere mai, ma arrestando ogni tanto il suo fiume di parole solo per trattenere l'emozione, per nascondere il tremolio della voce. La domenica 19 ottobre, Achille Serra aveva chiamato i giornalisti per suggellare quella sfida incredibile. Durante tutti gli interrogatori, Spilotros aveva continuato a recitare la sua parte provocando i poliziotti: «Se siete così bravi, dimostrate che non è ve¬ ro quello che sto dicendo». Gradasso e vile, per metà un uomo finto. Ma il 22 ottobre, comincia la resa dei conti, come se la grande sfida volesse le sue prime vittime. Il giovanotto di Rodano ormai è smascherato, tradito dalle sue stesse bugie, dalla sua voglia di affermarsi. Dopo cinque lunghe ore di interrogatorio, Stefano Spilotros ritratta tutto: «Non sono mai stato a Foligno, né la domenica dell'assassinio né nei giorni successivi, non ho ucciso il piccolo Simone, non ho portato o lasciato messaggi». Spilotros deve aspettare ancora qualche giorno prima di uscire dal carcere, come se gli inquirenti spe¬ rassero in un nuovo, improvviso e imprevisto colpo di scena. Hanno perso tutti fino adesso. Ha perso la polizia che aveva annunciato al mondo la cattura del mostro di Foligno grazie al numero verde, ha perso Achille Serra il superpoliziotto che non aveva ancora mai conosciuto il gusto amaro della sconfitta. E ha perso il geometra di Rodano, spuntato fuori dalle r ebbie della periferia con il suo passo da discoteca, la giacca larga e la Gazzetta dello Sport che i poliziotti gli spingevano sulla faccia per nasconderlo alle telecamere. Se ne torna al suo destino, nella sua casetta affondata in mezzo alle altre nella foschia di Milano. E proprio quel giorno si rifa vivo il vero mostro, con il secondo messaggio. Irride e minaccia, di nuovo. Perché la sfida continua, non si ferma con le prime, crudeli sconfitte. «Non mi troverete mai», dice, «e colpirò ancora». La tragedia di Allegretti ha cadenze fosche, scansioni lunghe. Sotto al noce, a Maceratola, a due passi dalla casa di Simone con la piccola aia e il cane che dorme davanti alla cucina, adesso ci sono fiori secchi. Il 4 ottobre, quando sparì, c'erano le sue ciabatte e la bicicletta. I testimoni raccontarono di aver visto passare nel pomeriggio di sole una Volvo station wagon, e di averla rivista passare qualche ora dopo, nella sera. Nient'altro è rimasto nelle mani degli inquirenti. Nient'altro, se non la sfida del mostro, la paura e la speranza che provoca, perché lui può perdersi nella sua voglia di stravincere. Qualche mese fa, il caso si riapre quando una grafologa accerta affinità tra la scrittura dei messaggi ritrovati a Foligno e quella di Fernando Pucci, che ha sterminato a Fano i suoi vicini di casa. Ma anche questa è una falsa pista. Quella vera purtroppo porta a un altro delitto, a un'altra morte orribile. Ieri pomeriggio, a Foligno. Lorenzo Paolucci, 13 anni, da Ascoli, è ucciso con un punteruolo, proprio come Simone, e il suo cadavere è abbandonato a qualche centinaio di metri dal posto dove fu ritrovato il piccolo Allegretti. Tutto sembra ricondurre al primo omicidio. E anche nel sospetto che sta schiacciando il giovane fermato ieri a Foligno, c'è qualcosa di assurdo e provocatorio insieme, visto che lui s'era persino offerto di collaborare alle ricerche. Ma se alla fine scopriremo davvero che si tratta dello stesso assassino, magari sarà stata proprio questa mostruosità ad averlo perso. Siamo entrati nell'epoca dei mostri che usano il cadavere come un richiamo, e se non basta un richiamo ne lanciano altri. Serial killer li hanno battezzati in America. Adesso, non sappiamo dove sia il male, non sappiamo ancora con certezza se sia questo geometra di 22 anni l'assassino dei due bambini. Tutte le volte che lo scopriamo c'è sempre qualcosa che ci stupisce, che non torna, come se poi fosse soltanto un'idea che non corrisponde mai alla realtà. Anche questa volta, magari, sarà così. E poi troppe cose del ragazzo di Foligno ci ricordano Spilotros, per non farci gelare il sangue. Certo è che in questa grande e terribile sfida, che ha lasciato vittime e cadaveri innocenti per strada, tutti i personaggi della vicenda sembrano perdersi nel momento in cui confidano troppo in se stessi. Sarà solo un caso. La verità è che questa storia non lascia vincitori, non può lasciarne. Pierangelo Sapegno Gli inutili appelli della polizia La prima sconfìtta del «super-agente» Achille Serra e l'autodenuncia di Stefano Spilotros Nel giorno in cui venne scagionato il ragazzo milanese si è fatto vivo l'ultima volta L'improbabile collegamento con l'uomo di Fano che ha sterminato i suoi vicini di casa Un'immagine dei funerali di Simone e, sotto, il luogo dov'era stato rapito Stefano Spilotros, il giovane agente immobiliare milanese, lascia il carcere di Perugia: si era incolpato dell'omicidio di Simone