Con Leo De Berardinis la rivoluzione a teatro

Con Leo De Berardinis la rivoluzione a teatro Con Leo De Berardinis la rivoluzione a teatro HO sempre pensato a Leo De Berardinis come a un grande solitario, a un mistico inquieto che, immergendosi nel teatro, attenda o solleciti la grazia della rivelazione. Leo potrebbe provenire dal deserto e desiderare il deserto. Non perché intorno a lui ci sia stata l'aridità del nulla, ci mancherebbe; ma perché, nel fragore delle battaglie teatrali, nelle polemiche contro l'establishment, contro il teatro borghese, contro gli stessi compagni di strada, Leo ha sempre cercato il punto solitario e necessario del.suo stare in scena. Cominciò, lo sapete, nelle cantine e nei garage romani, ebbe una sciagurata stagione al Quirino, dileggiato da quei pochi che si spingevano in sala Lietta Tornabuoni L. Antonelli e Ernesto G. Laura Nato col cinema Ancci editore pp. 190. L 30.000 confronti, di divagazioni e passeggiate in una critica letteraria e filologia millenarie, inferisce al granitico dramma di Prometeo colpi mortali, lo rende figlio di ignoti, lo fa scendere nei boulevards e lo allinea agli spettacoli sounds and lights. Non esita a evocare per l'antico testo il cinema e i tenori, Rossini e Apocalypse now. Né esita ad adottare un linguaggio altrettanto dirompente e creativo, di cui il vertice è probabilmente costituito (pag. 539) da «una campionatura confidentemente randomizzata» (il per vedere quali diavolerie tiravano fuori Carlo Quartucci, Mario Ricci e quel giovanotto ossuto, alto, scappato da Foggia perché non voleva sentirsi morire. Ricevette aiuto da Carmelo Bene, che stava diventando Carmelo Bene. Capì che «la lotta per il teatro è qualcosa di molto più importante di una questione estetica», cioè che non aveva importanza il prodotto finito da sottoporre al pubblico, ma il «processo» con cui, frammento su frammento, si lavora sulla teatralità, o su ciò che una volta si considerava tale. Incontrò Perla Peragallo e con lei si attendò a Marigliano, vicino a Napoli, associandosi ad alcuni sottoproletari locali. Fu la prima, grande rivoluzione, nella quale Leo tentò una difficile, affascinan¬ te (e disperata) fusione fra l'apporto autoctono e il dato «colto», fra sceneggiata e sperimentalismo. Nacquero «'0 zappatore», «King lacreme Lear napulitane», «Sudd», «Chianto 'e risate e risate 'e chianto». Alla drammaturgia colta, Leo e Perla opponevano il teatro dell'ignoranza, «l'alfabeto degli analfabeti». Agivano tra vasche da bagno, tubi al neon, sassofoni, bidoni utilizzati come tamburi. Perla indossava un tutù bianco e, con la faccia impiastricciata di viola, incarnava il relitto del sentimento, mentre Leo, bendato, ricordava con Rimbaud di avere preso un giorno la bellezza sulle ginocchia e di averla trovata amara. Fu una stagione bellissima e contrastata. Nel sodalizio con

Luoghi citati: Foggia, Marigliano, Napoli