COMMEDIE D'ITALIA di Carlo Carena

Spettacoli Spettacoli COMMEDIE D'ITALIA Carlo Ludovico Bragaglia, un'autobiografia in 64 film bro è composto di tre parti. Nella prima, una sintesi in prima persona della vita e dell'attività artistica di Bragaglia insieme con i fratelli Anton Giulio e Arturo riassume con piacevole semplicità le vicende della Casa d'Arte Bragaglia e del Teatro degli Indipendenti a Roma all'inizio del Novecento: a quell'esperienza già notissima della storia culturale italiana si aggiunge il resoconto dell'imprevista assoluta scioltezza di rapporti con Mussolini, che sta all'inizio e alla fine dell'iniziativa. All'inizio, nel 1922, è a Mussolini che i Bragaglia chiedono sostegno economico per la sede del Teatro degli Indipendenti, incontrandolo in casa del senatore Tittoni, ricevendone la perentoria garanzia: «Meritate! E avrete il nostro appoggio!»; alla fine, nel 1929, «chiedemmo aiuto a Mussolini per mezzo del nostro amico Bottai, ma non fu possibile ottenere un sussidio adeguato» e il Teatro chiuse, mentre Anton Giulio Bragaglia diventò consigliere nazionale fascista e presidente della Confederazione Artisti e Professionisti. «Un lungo divertimento» La seconda parte del libro, la più curiosa e ricca di informazioni, è una lunga intervista sul cinema condotta da Lamberto Antonelli, in cui il regista racconta la storia dei film diretti prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale: quasi tutte commedie umoristiche o sentimentali («La scuola dei timidi», «Se io fossi onesto», «La vita è bella», «Violette nei capelli»), ma anche musicali («Fuga a due voci», «Lazzarella», «Io mammeta e tu») oppure storico-mitologici («Le vergini di Roma», «Ursus nella valle dei leoni»), più sei dei migliori film di Totò, tra i quali «Animali pazzi», «Totò le Mokò», «47 morto che parla». La terza parte, completata da filmografia e illustrazioni, è costituita da un saggio critico di Ernesto G. Laura su «I meriti del buon artigianato», che vengono pienamente riconosciuti dall'autore a Carlo Ludovico Bragaglia. Lui riconosce a se stesso piuttosto «un'anima inquieta di sognatore, di poeta romantico, sentimentale», e rivendica con fierezza un privilegio: «Gran parte del mio lavoro di regista cinematografico l'ho svolto nel più puro divertimento». tanta gloria è portata in questi giorni da un ponderoso volume di Benedetto Marzullo, I sofismi di Prometeo. Marzullo è un frequentatore sottile di lirici greci arcaici e di teatro greco. Aristofane è il suo autore, lo ha tradotto per Laterza, e di tutta la commedia classica ha dato una fortunata antologia per Sansoni; ha tradotto per primo il Misantropo di Menandro e lo ha messo in scena all'Olimpico di Vicenza. Mente desta e innovativa, in questo studio imponente e dirompente, irto di citazioni, di Totò (foto grande), il regista Bragaglia e Anna Magnani Perla furono esplorati Shakespeare, Dante, Poe. Ma Leo sentiva sempre più forte lo stimolo dell'improvvisazione, a volte appuntava su un foglietto poche parole che consegnava ai compagni: era il copione. Sembrava dominato da una forza incontenibile. Diceva (in «Assoli»): «Io so' pazzo. Io so' pazzo. Io me so' scassato... 'o cerviello». Diventava incontrollabile. Fu anche per questo che Perla gettò la spugna, rinunciò a seguire il compagno che, come Rimbaud, voleva farsi veggente. E Leo continuò da solo. Circondatosi di musicisti, tentò un nuovo connubio tra cultura alta e espressione popolare, scoprì la maschera di Totò, di Buster Keaton, coltivò l'idea dell'attore-jazz, del grande improvvisatore capace come Charlie Parker di immettere nel proprio strumento (la voce) ogni sorta di sonorità. Nel 1983 cominciò la collaborazione con la cooperativa Nuova Scena. Arrivarono ancora Shakespeare, Omero mediato da Joyce, il «Cantico dei cantici» che portò Leo a polemizzare con Guido Ceronetti, a difendere le ragioni del teatro contro quelle della letteratura. Ma con Nuova Scena il rapporto non fu pacifico, si concluse bruscamente nell'87. Di nuovo senza casa («Datemi la Scala!», tuonava polemico) Leo diede inizio all'ultima fase della sua storia artistica, contrassegnata dalla drammaturgia dei miti personali: Totò sopra tutti, e Amleto, ai quali ha reso esplicito omaggio con lo spettacolo «Totò, principe di Danimarca». Il resto è storia di oggi. Pochi artisti di teatro hanno avuto le introversioni, le spinte, le contraddizioni e la solitudine di Leo. E' difficilissimo non perdere il filo che unisce le tappe di un'esperienza à suo modo inimitabile. Ma e stato bravo Gianni Manzella à seguire con lucidità e con affettuoso accanimento investigativo tutti i momenti della sua vita artistica, a raccontarcene con precisione i passaggi e gli esiti. Il suo volume non è soltanto la più completa biografia artistica di un padre della cosiddetta avanguardia, è anche il tentativo di storicizzare un'esperienza per molti versi conclusa, di metterla in rapporto con il teatro ufficiale, rivelandone i punti di contatto e le irrimediabili lontananze. Osval Gianni Manzella La bellezza amara Pratiche pp.216. L. 28.000 volta in modo deleterio, con la sua irrazionalità ed emotività, sulle istituzioni politiche e sulla costituzione stessa degli Stati. Tutta questa irruenza, capa cita iconoclasta e volontà di rin novamento della storia e della critica letteraria, sono mosse in Marzullo da una rigorosa visione dei fatti; da un richiamo alla storicità e all'identità dei feno meni letterari, siano essi i poemi omerici o il melodramma otto centesco; siano le messinscene estive di commedie greche o la convenzionale concezione «neo classica» della classicità. L'ade sione a tutte le sue tesi, a quella centrale o alle infinite altre formicolanti nel sottofondo, può essere lenta o difficile proprio per la loro insolita, sconvolgente originalità e incisività. Però non si potrà negare al libro le sue qualità innovative, l'abbondan za della sua argomentazione e la vastità della padroneggiata ma teria. Più in fondo e più amara mente, la sua concezione alta della letteratura. Benedetto MarzullI sofismi di PromLa Nuova Italia pp. 683, L. 75.000 do Guerrieri Carlo Carena lo meteo

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