A Roma ho visto le smorfie del Duce

A Roma ho visto le smorfie del Duce A Roma ho visto le smorfie del Duce ROMA di notte. Città morta. Città muta. Città in cui il solo grido che si permettano facciate e muri, I sempre lo stesso con piccole varianti, è il Duce: il suo "olto di faccia o di profilo, con il fez o con il casco, sorridente o terribile. La città cieca, sorda, con la lingua mozza, si esprime unicamente attraverso le smorfie liriche di Mussolini. Ma non pensano a tutto. E la vecchia città d'amore canta il suo lamento servendosi delle sue fontane che Nietzsche ascoltava e traduceva di notte. Grazie a quelle acque che zampillano nelle piazze, io la ritrovo la Roma da Carnevale e da Opera. Ritrovo il Foro, con il suo disordine da villa svaligiata dopo che i ladri sono scappati, il Colosseo con i suoi sotterranei e le sue quinte di morte, il suo immenso serbatoio di sangue e di luna, sfondato, crivellato di arcate, gli angeli pezzati del ponte di Castel Sant'Angelo, il Papa e i suoi tentacoli di pietra, piazza di Spagna e la casa di Keats presa nella sca¬

Persone citate: Duce, Keats, Mussolini, Nietzsche

Luoghi citati: Castel Sant'angelo, Roma