Nell'ex Ipca solo veleni E' emergenza a Ciriè

Nell'ex Ipca solo veleni E' emergenza a Ciriè Nell'ex Ipca solo veleni E' emergenza a Ciriè Emergenza ecologica ieri mattina a Ciriè a causa di una perdita di sostanze chimiche altamente tossiche ed inquinanti nello stabilimento «Interchim» di frazione Borghe. La perdita, da un serbatoio di 12 mila litri in cui si era prodotto un foro, è stata risolta in poche ore dall'intervento dei vigili del fuoco di Torino che hanno turato la falla da cui fuoruscivano pochi litri all'ora di sostanze ammorbanti. Resta però il fatto che l'immenso deposito di rifiuti industriali (allestito nella sede dell'ex Ipca, la «fabbrica della morte» che causò decine di vittime tra gli operai - per cancro alla vescica - negli Anni 70) resta un pericolo, un'autentica bomba ecologica che potrebbe deflagrare in qualunque momento. La fabbrica è un enorme deposito di rifiuti industriali contenuti in 35 grandi serbatoi, 17 vasche e migliaia di fusti abbandonati all'aperto. Ci sono circa 4 mila tonnellate di veleni. E' stato calcolato che per portarli via occorrerebbero i viaggi di almeno 250 autobotti. Nessuno sa di quali liquami si tratti, ci sono persino bidoni provenienti dalla nave Zanoobia, rinchiusi accatastati e arrugginiti che hanno l'aria di potersi crepare o forare da un momento all'altro. Nel deposito da parecchi mesi non c'è nemmeno più un guardiano. La gente della frazione dice senza mezzi termini che sino a poco tempo fa giungevano ancora di notte camion a scaricare. Perché una situazione del genere? L'Interchim, nata 5 anni fa, è una fabbrica fallita. Da due anni era in amministrazione controllata. Pochi mesi fa la pratica è stata liquidata, ma evidentemente non risolta, dal curatore fallimentare che ha «restituito la proprietà ai vecchi amministratori» (alcuni finiti in carcere con l'accusa di bancarotta fraudolenta) con il solo risultato di ottenerne un netto rifiuto. Gli ex proprietari sanno perfettamente a quali spese miliardarie andrebbero incontro se dovessero essere costretti a sgombrare l'area dai veleni che vi hanno immagazzinato. Il sindaco di Ciriè, Ezio Genisio, della Lega, ieri mattina era presente nello stabilimento da mesi deserto: «E' una situazione grave, pericolosa e... schizofrenica. Perché di fatto non c'è proprietario. Nessuno è responsabile legalmente ed il Comune non ha i mezzi per intervenire. E' una pesante eredità che abbiamo ricevuto dalla passata amministrazione che ha concesso i permessi. Questo i cittadini non devono dimenticarselo. L'altra amministrazione aveva in mano, come garanzia, nulla più che una fidejussione bancaria di 300 milioni ottenuta dall'azienda 5 o 6 anni fa. La cifra è ridicola rapportata al costo della bonifica». Un paio di mesi fa l'Usi, su incarico della prefettura, ha eseguito una serie di prelievi campione per stabilire quali sostanze siano contenute in serbatoi e bidoni. I risultati però non sono ancora stati resi noti. Dice sempre il sindaco Genisio: «Evidentemente non possiamo risolvere il problema da soli. Abbiamo ripetutamente avvertito Provincia, Regione e prefettura, ma per ora non abbiamo ricevuto risposta». Ieri sera il deputato della Lega Bruno Matteja ha presentato un'interrogazione alla Camera dove richiedendo un intervento immediato della Protezione civile si afferma che «si potrebbe pervenire ad una catastrofe ambientale paragonabile a quella di Seveso, coinvolgendo la popolazione di molti comuni limitrofi, compresa Torino». Marco Vaglietti Pericolo di inquinamento per un serbatoio forato All'interno della ditta fusti pieni di veleni

Persone citate: Bruno Matteja, Ezio Genisio, Genisio, Vaglietti

Luoghi citati: Ciriè, Seveso, Torino