La «conversione» di Fellini di Renato RizzoTonino Guerra

Ma su quel «Credo» è subito polemica Rimini, ha pregato con il cardinal Silvestrini, gli amici: «Parole estorte» La «conversione» di Fellini Ma su quel «Credo» è subito polemica RIMIMI DAL NOSTRO INVIATO Le labbra esangui di Federico Fellini si muovono appena nel ripetere la preghiera che, lentamente, quasi sillabando, come si fa con un bimbo, l'uomo in clergyman gli suggerisce. Sono impervie le parole del «Credo» per questo paziente che ha la parte sinistra del volto paralizzata da un ictus: ma lui, il Grande Laico del cinema che, con alcuni suoi film come «La dolce vita», ha fatto gridare allo scandalo i ministri di Dio, segue docile, seppure sofferente, la voce del cardinale Achille Silvestrini venuto a trovarlo all'ospedale di Rimini. Un incontro durato quasi mezz'ora, un'enormità se paragonato ai pochi minuti concessi agli amici più cari che, a Federico, in questi momenti tesi tra paura e speranza, hanno potuto regalare poco più di un cenno o di un augurio. Ed ecco, ora, il colloquio con l'alto prelato, attuale prefetto della Congregazione per le chiese orientali ed ex numero due della segreteria vaticana, assume i contorni di una conversione: Fellini che di fronte al fantasma della morte scopre o riscopre la fede, Fellini che smentisce il rifiuto per quello che, una volta, ha definito «il ricatto cattolico» e fa professione di fede. Dal suo eremo di Pennabilli il poeta Tonino Guerra, amico fraterno di Federico, oltreché sce- neggiatore di «Amarcord», ha un'espressione tra l'incredulo e l'amareggiato quando dice: «Se quel cardinale l'ha obbligato a dire una preghiera, mi pare non abbia davvero fatto una cosa di grande levatura». Una critica sostanziale, ma anche formale, da parte di uno «che viene dalla campagna e ha indosso, magari, il cattivo odore delle vacche»: uno che, ancora, crede che un prete al capezzale di un malato, «in base ad una credenza consolidata possa far pensare a quel poveraccio di essere in punto di morte». No, non è giusto «approfittare» di un uomo sofferente ed impaurito: lo sostiene con forza, quasi con rabbia, anche «Tit¬ ta» Benzi: «Fellini non è un credènte. E' un uomo buono, come me. E noi non crediamo in nulla. Se ha detto una preghiera, è perché gliel'hanno estorta». Ripercorrendo gli anni lontani con il Maestro che, allora, era soltanto «Gandhi», Tonino Guerra attenua questa immagine cruda e ricorda che «uno non può essere grande artista se nei suoi pensieri non c'è posto per il dubbio. Lui è sempre stato un uomo pieno di grandi valori e la sua anima racchiude certe riflessioni». Anche riflessioni su una vita oltre la morte? Guerra rispolvera nella memoria una grande auto verde, che nei primi anni Sessanta portava un poeta non ancora famoso ed un regista non ancora affermato: «Ci sono state volte, allora, in cui gli ho domandato che cosa ci fosse, secondo lui, al di là di questi giorni terreni e se avesse paura della morte. Mi rispondeva che, forse, tutto poteva essere una sorta di lungo viaggio». In questa frase ambigua c'è tutto Fellini, quello che, forse, neppure gli amici conoscono appieno. Quello che, molti anni dopo, avrebbe confessato: «Io la tendenza al pentimento ce l'ho sempre. Mettetela dunque nel conto di un cattolico imperfetto». Oggi questo cattolico zoppicante sembra aver imboccato la strada della perfezione partendo da un letto d'ospedale. La sorella Maddalena supplica il mondo di pregare per quest'uomo che soffre: «Fatelo, si merita le preghiere e il rispetto della gente». E lui stesso cerca, ogni sera, il conforto di un'Ave Maria: il «peccatore pentito» la mormora, prima di addormentarsi, assieme alla professoressa Adriana Bernardi: è stato il cardinale Silvestrini a dare questa «prescrizione» spirituale. Immobile a letto il regista ha detto anche ieri la sua orazione, dopo aver ricevuto Umberto Eco. Nel corridoio, Benzi giurava che Federico non potrebbe mai farsi anche solo un segno di croce. Renato Rizzo Ieri ha ricevuto anche la visita di Umberto Eco A sinistra Tonino Guerra, sopra il cardinale Silvestrini

Luoghi citati: Pennabilli, Rimini