Fiori d'arancio sulla «manovra» di Clinton

Fiori d'arancio sulla «manovra» di Clinton Nella notte voto decisivo sul piano di bilancio, quaranta democratici schierati contro il Presidente Fiori d'arancio sulla «manovra» di Clinton Un deputato s'inginocchia in aula e ottiene la mano di una collega USA WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Fiato sospeso per tutta la giornata di ieri alla Casa Bianca in attesa del decisivo voto del Senato sul piano di bilancio presentato da Bill Clinton. Era prevista, nel voto notturno, una vittoria di strettissima misura, forse, come nel caso della prima lettura, resa possibile solo dal voto del vicepresidente Al Gore, al quale spetta costituzionalmente come «speaker» della Camera alta il diritto di tagliare il nodo in caso di patta. Giovedì notte il piano al quale Clinton ha affidato i destini della sua presidenza era stato approvato con due soli voti di scarto dalla Camera dei Rappresentanti, dopo che 41 democratici avevano unito il loro «no» alla compatta opposizione dei repubblicani. In prima lettura la Camera aveva approvato con 219 voti contro 213. Clinton, di fronte allo spettro di una sconfitta che lo avrebbe trasformato in un presidente «anatra-zoppa» a soli sei mesi e mezzo dalla sua entrata in carica, ha passato tutti gli ultimi giorni attaccato al telefono per cercare di riconquistare quanti più senatori democratici possibile, mentre i lobbisti della Casa Bianca passavano notti insonni. Il Presidente, oltre ad avere affidato a un messaggio televisivo al Paese il difficile compito di convincere gli americani della bontà di un piano che promette di dimezzare il deficit federale in cinque anni, imponendo tasse certe e calcolando tagli impronabili oltreché modesti, ha anche investito una consistente somma di danaro in pubblicità via cavo per incitare i cittadini a premere sui loro rappresentanti a favore del piano. Un analogo appello, però, ha fatto il capo dell'opposizione repubblicana, Bob Dole, e i telefoni del Congresso sono stati intasati di chiamate di americani prò e contro. Secondo i sondaggi, tuttavia, solo un americano su tre è a favore del piano, mentre quasi la metà sperava in un suo affossamento. Gli americani, come ha dimostrato l'ascesa di Ross Perot, sono molto sensibili al problema dell'elefantiasi del deficit e Clinton, sia pure con molti compromessi, si è impegnato a tagliarlo. Il problema è che anche i piani di Ronald Reagan e George Bush facevano la stessa promessa, poi clamorosamente smentita dalle cifre. Anche se a malincuore, gli americani comprendono che un aumento delle tasse è necessario se si vuole tagliare il deficit, ma intanto non comprano e, di conseguenza, l'economia continua a ristagnare. I conti di Clinton, invece, quadrano solo se si postula una ripresa piuttosto vigorosa e, nello stesso tempo, libera da impennate inflazionistiche, in modo che la Federai Reserve non sia costretta ad aumentare il tasso di sconto. Il verificarsi assieme di tutte queste condizioni, ripresa sostenuta, bassa inflazione e basso costo del da naro, è tutt'altro che certo. Giovedì notte, mentre il dibattito alla Camera era entrato nella fase finale, è accaduto un fatto curioso: un deputato re pubblicano di New York, Bill Paxon, si è diretto di fronte al seggio di Susan Molinai!, anche lei deputata repubblicana di New York e sua fidanzata da due anni, e, dopo essersi regolarmente inginocchiato, le ha chiesto di sposarlo offrendole un anello con un diamante. Su san, commossa, ha accettato mentre qualcuno faceva ironici commenti su quanto siano uniti oggi i repubblicani. Paolo Passarmi

Luoghi citati: New York, Washington