«Caro Mino, mi dimetto da tutto»

«Caro Mino, mi dimetto da tutto» «Caro Mino, mi dimetto da tutto» -»»'2S Bill Il segretario: prometto che ti di) LA REPLICA Al MAGISTRATI ROMA O presentato al segretario della de le mie dimissioni da commissario regionale della democrazia cristiana in Sicilia e da direttore de II Popolo. Stasera rassegnerò il mandato da vicepresidente della commissione bicamerale per le riforme». Un Sergio Mattarella emozionato, teso, al limite della commozione, ha annunciato ieri pomeriggio, a poche ore dall'arrivo dell'avviso di garanzia della procura di Palermo, ai giornalisti durante una conferenza stampa le proprie decisioni. In mattinata si era già recato al Quirinale per informare il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. Non aveva ancora avuto la possibilità, invece, di sentire direttamente il segretario del suo partito, Mino Martinazzoli. «Credo - pronostica, però, imbarazzato - che Martinazzoli non abbia gradito le mie dimissioni. Non so se mi chiederà di ritirarle e non so neppure come mi comporterei se me lo chiedesse». Imbarazzo che viene messo da parte non appena gli giunge la lettera del segretario. In sostanza, gli scrive di accettare le dimissioni da commissario in Sicilia, ma non quelle da direttore del quotidiano della de. E gli fa una promessa: che non mancherà una difesa politica da parte dello scudo crociato. Non è il solo a garantirgli protezione e a stringersi intorno a lui. Nel pomeriggio di ieri un po' tutti gli esponenti democristiani hanno avuto per Mattarella parole e toni che non sono stati utilizzati in altri casi analoghi. L'unico a commentare la notizia polemizzando con Martinazzoli per la sua decisione di respingere le dimissioni di Mattarella da direttore de Il Popolo è l'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga. «Non vorrei che al nuovo partito che Mino Martinazzoli si accinge a fondare si dovesse applicare la regola che secondo Orwell regolava la vita della fattoria degli animali: essere tutti gli animali uguali, ma essere alcuni animali più uguali degli altri. Con la variante tutta italiana che gli animali più uguali sono quelli amici nostri. Spero che il nuovo editto di Martinazzoli sia non legge ma giurisprudenza e quindi si applichi non solo nei casi futuri, ma anche a quelli passati. Ma forse si tratta di una mia stravaganza libertaria...». Parole dure che nulla tolgono alla forza del tentativo di Mattarella di sottolineare la sua estraneità all'ipotesi di reato contestatagli dai magistrati. «Non è vero che io abbia ricevuto un contributo per la campagna elettorale del 1992 da un imprenditore senza averlo registrato. Quel contributo non è mai esistito. Ho incontrato solo due volte quell'imprenditore e non so perché abbia detto questo», ha affermato Mattarella ricordando di essersi recato alla procura di Palermo cinque giorni fa per chiarire spontaneamente la vicenda dei suoi rapporti «solo formali» con l'imprenditore. «Mi rammarico, adesso, di non averlo fatto prima, per esempio due settimane fa, ma ero impegnato alla Camera e al Senato per l'approvazione della riforma elettorale. Mi auguro che la magistratura faccia presto, anzi molto presto e annuncio fin d'ora che chiederò alla giunta della Camera che venga concessa im¬ mediatamente l'autorizzazione a procedere nei miei confronti perché possano essere effettuati tutte le verifiche e tutti i riscontri necessari a dimostrare l'infondatezza del reato contestatomi e l'inattendibilità delle affermazioni dell'imprenditore». Mattarella ha raccontato anche gli incontri avuti presso via Libertà - dove hanno sede l'abitazione e gli uffici di segreteria dell'esponente de - con l'imprenditore Filippo Salamone che lo chiama in causa con i giudici. «Ci incontrammo per due volte, su richiesta di un conoscente di entrambi: in quelle occasioni, Salamone mi fece discorsi generici, la seconda mi offrì contributi che cortesemente rifiutai. Non ne avevo bisogno, quella del '92 fu per me una campagna elettorale poco dispendiosa e molto contenuta: niente spot televisivi, nessun manifesto per le strade». In totale, ha raccontato, 130 milioni di spese elettorali, «la gran parte dei quali, 115, offerti da persone a me vicine, amici che mi diedero tre, quattro milioni ciascuno». [f. ama.] Il segretario della de, Mino Martinazzoli

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