«Un esperimento curerà Federico» di Dino Buzzati

Il regista a «Titta» Benzi: «Mi hanno scritto tante donne, sia belle che brutte» E poi chiede un ghiacciolo al limone «Un esperimento curerà Federico» Dall'amico sensitivo Rol lettera alla Masina «IO, IL MAESTRO E L'ALDILÀ'» ATORINO PPENA saputo dell'ictus che ha colpito il mio amico Fellini, mi sono affrettato a scrivere alla moglie, a Giulietta, pregandola di dargli, per me, tre baci in fronte». Il dottor Gustavo Rol, anzi Rol, come semplicemente vuole essere chiamato, classe 1903, aspetta nella casa dovè signoreggiano non poche reliquie napoleoniche di riabbracciare il carissimo regista di La voce della luna. «Fu lui - avverte, le pupille ora implacabili, ora soffuse di un'immensa pietà per l'universo mondo - a cogliere la mia vera identità, tante, troppe volte contraffatta: "Prima ancora di essere un "mago" (la parola ha un timbro medioevale e oscurantista, non s'addice al personaggio) è un uomo meraviglioso, un'anima bella. Ha una sua consistenza umana molto semplice, addirittura provinciale: vive umilmente la vita di tutti"». Cerca gli occhiali nella vestaglia, Rol, legge piano, quasi sillabando: «''La circostanza di compiere il mio novantesimo vorrei tanto giovasse per un esperimento a favore di Federico, come avvenne infinite volte fin dai tempi di Buzzati". Termina così la lettera a Giulietta». Spiega: «Il 20 giugno, festa della Consolata, patrona di Torino, è il mio giorno natale. In giugno Federico subì l'in- tervento al cuore, a Zurigo, i cui, mi pare di capire, 1 ict da ictus in qualche modo discende. Genetliaco e operazione, mi piace pensare, non a caso cadono nel periodo con il sigillo della Consolata. Ho assicurato Giulietta: qui, si sta pregando per Federico, con una speranza intensa, nutrita da quella coincidenza». In quella stanza con Buzzati Dino Buzzati, Federico Fellini: sembra di vederli nella stanza là in fondo, intorno al tavolo rotondo. Calato in un militaresco aplomb lo scrittore che indagò La boutique del mistero. Settecentesco, tutto scatti ed eleganza, il regista di Otto e 1/2. Racconta Rol: «Ci concentrammo sul film che Federico Fellini non ha ancora girato, Il viaggio di G. Mastorna. Mastorna è un prete romagnolo, sepolto a Rimini, morto sul finire del diciottesimo secolo. Ebbene: durante la seduta, Mastorna si manifestò. Fu chiaro, esplicito: "Non approvo il film - disse -. Ma non lo ostacolerò. Una condizione però pongo: vi deve risaltare la fede, l'unica via ai miracoli». II copione risale agli Anni Sessanta. In attesa che Fellini lo accolga a Cinecittà, è custodito da Rol: «Me lo ha donato, corredandolo di una affettuosa dedica: "Al mio carissimo Gustavo". La storia? Un aereo, con a bordo, fra gli altri, Mastorna e lo stesso Federico, ma sotto mentite spoglie, precipita. Nessuno si salva. I passeggeri, comunque, si credono vivi, vorrebbero gridarlo ai quattro venti e, soprattutto, vorrebbero convincere chi è restato a terra della loro cor¬ poreità. Mastorna - cito solo un episodio - raggiungerà un lupanare, ma la prostituta, una donna bellissima, non accetterà il rapporto: "Non posso - lo smaschera - perché sei morto». Vedremo II viaggio di G. Mastorna? «Mah, Giulietta Masina ritiene che il film non porterebbe fqrtuna almaritq. Timore suscitato dalla malattia che colpì sèriamente Fellini una volta concepito il film». Rol-Fellini, una «fratellanza» che risale a quando? «Ci conoscemmo a Parigi, era l'epoca della Strada, ricorda Giulietta che annuncia "I pomodori sono maturi"?». Il regista ha avuto modo di raccontare come Rol lo impressionò, al ristorante: «Disegnò nell'aria un numero con la matita, me lo ritrovai sulla salvietta». Da allora Torino svettò fra le capitali del regista. «Viene spesso, sì, come Mastroianni e Ceronetti. A proposito di Ceronetti: Federico lo ha omaggiato di una caricatura perfetta, da antologia» Rol si alza, lentamente, raggiunge la stanza col tavolo rotondo, alle pareti arazzi di un colore che oscilla fra il turchese e il turchino. «Qui Fellini annunciò a Casanova l'intenzione di rappresentarlo in un film. L'avventuriero veneziano non nascose un discreto malumore. Ma Federico non rinunciò al progetto, la pellicola uscì, piacque più o meno. Fellini tornò, Casanova lo attendeva: "Lei - gli si rivolse ha parlato male di me, ma io la perdono. Forse non meritavo un diverso approccio. Ho compiuto atti che non ripeterei più». «Il migliore film di Fellini? Prova d'orchestra - non esita Gustavo Rol -. Federico offre un saggio della sua maiuscola cultura musicale, si direbbe che abbia inteso rivelare con quel capolavoro perche la mu-, sica esiste». La babelica Prova d'orchestra: sequenze lontane, la versione cinematografica/^ sembrerebbe, dei versi montaliani: «Pare non debba dirsi Italia/ ma lo sfascio». Alla ricerca del lieto fine Una veggente francese nelle scorse settimane ha pronosticato per il nostro Paese una guerra civile, un futuro bagnato nel sangue. La profezia d'Oltralpe non scuote il dottor Gustavo Rol, sintonizzato su diversi, planetari schermi: «A spirare, lo sento, è il vento dell'Apocalisse». Il lieto fine va ricercato altrove, nell'estremo quadro del Viaggio di G. Mastorna così come l'ha immaginato Federico Fellini: «La bacchetta del direttore d'orchestra dissolve, il soffitto del teatro, libera una visione primaverile, uccelli, fiori, fanciulle, profumi, l'autentica dolce vita. Dio voglia accordarla a Federico ancora a lungo. Ne abbiamo bisogno». Brano Quaranta «Evocammo Casanova prima del film» A fianco il dottor Gustavo Rol, sopra Dino Buzzati, che frequentava la sua casa

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