I tre orfani all'ospedale di M. A.

I tre orfani all'ospedale I tre orfani all'ospedale Sono «ricoverati» a Carbonia Non avevano altri parenti CAGLIARI NOSTRO SERVIZIO San Giovanni Suergiu, un pugno di case attorno al piccolo porto, si è improvvisamente fermato, come in preda a una «paralisi collettiva». La notizia della tragedia è arrivata nei bar attorno alla piazza nel tardo pomeriggio, quando i pochi turisti stavano rientrando. Giorgio Smenghi, qui, lo conoscono tutti. Per il parroco era «un bravo operaio», per i colleghi «un gran lavoratore», per gli amici «un pescatore eccellente». «Eppure - spiega un amico - è stato tradito proprio dal mare. Da quel mare che tanto amava, in quel tratto che conosceva palmo a palmo, come le sue tasche. Lì c'è andato a pescare chissà quante volte negli ultimi anni...». Non solo: Smenghi da quelle parti ci lavorava. Una decina di anni fa, quando con la moglie e cinque dei suoi sette figli abitava ancora al paese d'origine, Arbus, era riuscito ad avere un posto da operaio alla «Samin», l'industria metallurgica del gruppo Eni dai cui impianti è stato «risucchiato» ieri pomeriggio. «Incredibile - ripete l'amico - sapeva benissimo come destreggiarsi e come evitare il pericolo». Ma la famiglia numerosa (sette figli) non consentiva a Smenghi di vivere del solo stipendio della «Samim». Per questo la prima delle sue figlie, Rosa, di diciassette anni, ogni giorno andava ad accudire un'anziana a Portoscuso: così guadagnava qualche lira ed aiutava la famiglia. Ieri, il fatto di lavorare è stata la sua fortuna: per questa ragione infatti non ha partecipato alla fatale gita con padre, madre e fratelli. Ancora però non bastava per tirare avanti: e per questo motivo Smenghi da un paio d'anni faceva un «doppio lavoro»: in primavera andava in campagna a raccogliere asparagi, d'estate e in autunno la mattina presto andava a pesca, e poi vendeva il pesce fresco ai molti ristoranti della zona. Gli Smenghi, seppur molto conosciuti e stimati in paese, nell'isoia non avevano nemmeno un parente: ieri sera, diffusa la notizia, il parroco e alcuni amici si sono recati nella loro casa. Ma poi, al calar della sera, bisognava trovare una sistemazione per i tre figli orfani di Giorgio Smenghi e Pinella Trullu. Nessuno ha potuto ospitarli, quindi sindaco e autorità sanitarie non hanno potuto che disporne il ricovero in una struttura attrezzata, il reparto Pediatria dell'ospedale «Sirai» di Carbonia. Qui i tre bambini hanno trovato un lettino e tutti gli infermieri ad aspettarli e trattarli con tutte le premure del caso. E da Roma è subito arrivata la reazione della spocietà proprietaria degli impianti dov'è avvenuta la tragedia. In ambienti dell'Eni si è fatto notare che «il fatto è avvenuto alla radice della diga frangiflutti del porto, e non al pontile della "Nuova Samim'», che si trova alle estremità della diga stessa, a cinquecento metri da dove è avvenuto l'incidente». «Comunque - fanno notare negli stessi ambienti - all'inizio della diga c'è il cartello della capitaneria di porto di Sant'Antioco che vieta espressamente l'accesso alla diga stessa», [m. a.]

Persone citate: Arbus, Giorgio Smenghi, Smenghi, Trullu

Luoghi citati: Cagliari, Carbonia, Portoscuso, Roma, San Giovanni Suergiu, Sant'antioco