Rissa alla Camera per Prandini

Bagarre prima del «sì» all'autorizzazione a procedere per l'ex ministro Bagarre prima del «sì» all'autorizzazione a procedere per l'ex ministro Rissa alla Camera per Prandini Rocchetta (Lega) cacciato; insulti di Sgarbi ROMA. La giacca di Yves SaintLaurent distrutta. La scarpa sinistra in mano. Senza occhiali e con l'agendina elettronica a pezzi. Eccolo Franco Rocchetta, presidente della Lega Nord, subito dopo l'espulsione dalla Camera decisa dal presidente di turno il de Tarcisio Gitti. L'accusa? «Ho pensato che volesse aggredirmi», ha spiegato Gitti. E il deputato leghista: «E' peggio della Romania, guardate come mi hanno ridotto le persone in divisa nera che mi hanno portato fuori. Io però non le ho toccate». E' in questa atmosfera da Far West - dove al posto delle pistole sono state usate palline di carte, insulti e qualche spintone - che ieri la Camera ha concesso l'autorizzazione a procedere per l'ex ministro Gianni Prandini. Arresto e perquisizioni negate, però. Prima del voto, il ring o meglio la nuova puntata del «Vittorio Sgarbi show». Ospiti d'onore, appunto, Rocchetta e Gitti con una platea che partecipa attivamente soprattutto grazie ad alcuni deputati leghisti. Lo show inizia quando Sgarbi chiede la parola per illustrare la sua posizione sul «caso Prandini». Per lui nella richiesta dei giudici di Mani Pulite mancava solo la richiesta di «autorizzazione alla tortura». Per quelli della Lega è come se qualcuno li avesse schiaffeggiati. Partono le proteste. Sgarbi per niente intimorito - poi dirà «posso affrontarne 120 senza preoccupazioni» - attacca duramente: «La lega non sa ironizzare su un istituto del loro futuro stato: sono potenziali assassini, torturatori». Poi rivolto al lumbard Luigi Rossi che l'altro ieri aveva evocato la ghigliottina gli urla: «mentecatto, cornuto». Scoppia la rissa. I seguaci di Alberto da Giussano si armano: verso il deputato liberale iniziano a sparare palline di carta e insulti. Francesco Formenti, leghista di Seregno, si avvicina minaccioso a Sgarbi. Gitti lo richiama; lui indietreggia ma intanto intorno al critico d'arte si sono schierati i commessi della Camera. E' a questo punto che Rocchetta si avvicina al banco della Presidenza. Gitti lo scorge, forse teme un aggressione e dal microfono urla: «Chi attacca la presidenza, attacca la democrazia». Poi ordina ai commessi di portare fuori il presidente della Lega. Operazione complicata che terminerà sopra un divanetto rosso del Transatlantico con Rocchetta che si rimette occhiali e scarpa sinistra, persi durante la collutazione, e che si rimette la camicia dentro i pantaloni. «Chiederò le dimissioni di Gitti annuncia - è intollerante e violento. Da lui voglio anche un risarcimento dei danni materiali subiti. Non volevo aggredirlo, mi sono avvicinato a lui perchè, nonostante i miei ripetuti richiami continuava a consentire il profluvio di offese pronunciate da Sgarbi». Dentro l'aula il resto del gruppo leghista si scaglia contro Gitti. Parte per primo Pierluigi Petrini: «Non ci ha difesi, lei si scandalizza solo per parole criptosessuali, e poi fa espellere il nostro collega per un gesto di civile protesta». Fuori dall'Emiciclo Rocchetta rincarava la dose: «Se Gitti continua a dire che io volevo attaccarlo vuol dire che è un mentitore e io chiedo che vengano controllate le sue condizioni psicofisiche, perchè vuol dire che presiedeva la Camera in uno stato di alterazione». Gitti non raccoglie, anzi cerca di minimizzare: «Non bisogna turbarsi quando la dialettica avviene dentro le aule del Parlamento». E spiega: «C'era un po' di confusione, un po' di agitazione in aula, ma non credo che l'intenzione di Rocchetta fosse quella di assalirmi. Finché il Parlamento vive, vive la democrazia, talvolta anche fra contrasti vivaci». Ma la polemica non si placa. La Lega, per bocca del capugruppo Maroni, è intenzionata a chiedere le dimissioni di Gitti. Ma il presidente della Camera, Napolitano ha difeso il suo vice. Maurizio Tropea no Il presidente di turno «Credevo mi aggredisse» A destra, Vittorio Sgarbi Sotto, Franco Rocchetta

Luoghi citati: Giussano, Roma, Romania, Seregno