Ombre tra Ciampi e Mancino

Ombre tra Ciampi e Mancino Ombre tra Ciampi e Mancino La storia di un rapporto difficile ROMA. Quella mattina, è martedì 3 agosto, Nicola Mancino mastica amaro. Sono le ore della grande bufera sui servizi deviati, il ministro dell'Interno è sotto tiro ed è proprio in questo clima che il presidente del Consiglio Ciampi fa sapere: «I servizi segreti sono sotto la mia guida». Per molte ore Mancino si cuce la bocca, ma ora dice a voce alta quel che ha rimuginato per tre giorni: «L'attuale normativa riconduce in ogni caso la responsabilità dei servizi al presidente del Consiglio. Quindi, cosa si sia ripreso Ciampi, non si capisce». Certo, il ministro dice che sono i giornali ad aver enfatizzato la notizia, ma intanto fa capire che il capo del governo ha voluto sottolineare un potere che aveva già. E al Viminale si fa notare che il sottosegretario delegato ai servizi ha sempre avuto un ruolo funzionale, organizzativo e in ogni caso i due predecessori di Ciampi - Giuliano Amato e Giulio Andreotti - non hanno delegato alcun potere. Quella tra Carlo Azeglio Ciampi e Nicola Mancino non è una guerra. I due si stimano, ma non si amano. Si guardano di sottecchi. Ma non è un fatto personale: il primo ministro e il primo tra i ministri sono i capifila delle due «anime» di questo governo, 1'«anima» dei professori e l'«anima» politica. Dice Mancino: «Ci potrebbe essere una strategia diretta a colpire la parte del governo non ancora tecnicizzata». Di più Mancino non dice, ma come affondo non è male, tanto più che ora si scopre che nelle ore convulse che sono seguite alla notte delle bombe, il nutrito drappello dei professori (Spaventa, Cassese, Paladin) avrebbe spinto su Ciampi perché ci fosse una drastica inversione di rotta nella politica dei servizi segreti. La poltrona del direttore del Sisde Angelo Finocchiaro salta nella notte tra il 27 e il 28 luglio: la sfuriata di Ciampi alle 3 della notte nel vertice di Palazzo Chigi risulta decisiva. Mancino non si oppone, ma la mancata difesa di Finocchiaro gli deve costare un po': proprio il giorno prima così suggerisce l'ultima voce Mancino aveva scritto una lettera di encomio al capo del Sisde. Ciampi e Mancino, due personaggi agli antipodi: riservatissimo il primo, loquacissimo il secondo, eppure in questa settimana di passione «si sono trovati accomunati dallo stesso problema: hanno parlato molto, forse un po' troppo tutti e due...», dice il vicepresidente della Camera Clemente Mastella. La rincorsa delle dichiarazioni si apre all'alba del 28 luglio: alle 5,25 l'agenzia Ansa diffonde un comunicato attribuito a «fonti di Palazzo Chigi» e dunque a Ciampi: «Una cosa è certa - fa sapere il Presidente - l'obiet- tivo politico di queste bombe è il governo». Un'affermazione molto netta, quasi apodittica, che l'indomani pomeriggio non gli pregiudica la sorpresa più piacevole della giornata: nell'aula di Montecitorio Occhetto fa i complimenti al premier-governatore e attacca duramente il ministro democristiano Nicola Mancino. Una scena imbarazzante: Ciampi ha parlato per pochissimi minuti, Mancino si è dilungato sulle varie ipotesi e sono seduti uno a fianco dell'altro quando Occhetto li discrimina: «Mancino è riuscito a difendere l'operato dei servizi» e dunque «c'è una differenza tra i suoi accenti e quelli ben più netti e persuasivi del presidente del Consiglio». [f. m.l Nicola Mancino

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