Ha un nome la donna strangolata

Aveva 23 anni la ragazza violentata, uccisa e gettata in un fosso di Piossasco Aveva 23 anni la ragazza violentata, uccisa e gettata in un fosso di Piossasco Ha un nome la donna strangolata Abitava a San Glorio e frequentava via Sacchi La madre: «La mia Daniela l'ha rovinata la droga» Si chiamava Daniela Pelissero, 23 anni, una casa ed una famiglia a San Giorio di Susa, una vita sui marciapiedi di Torino. Sui verbali un po' crudi dei carabinieri sta scritto tossicodipendente, ed anche prostituta. Aveva conosciuto la galera, arrestata dopo un maldestro scippo. Ed era stata controllata almeno mezza dozzina di volte, intenta nella professione più vecchia e squallida del mondo. E' lei la ragazza trovata seminuda e senza vita martedì mattina nella campagna di Piossasco. Strangolata con una calza dopo essere stata brutalmente violentata e sodomizzata, come ha confermato l'autopsia compiuta ieri dai medici legali Torre e Varetto. Le ha dato un nome il capitano Fabrizio Polvani, dopo una notte passata ad interrogare le ragazze di vita di mezza città. Sono arrivati indizi, poi indicazioni precise: «Sì, la conosco. Lavora in via Sacchi angolo corso Vittorio», «E' una ragazza di fuori Torino», «Prende il metadone all'ospedale di Susa», «Si chiama Daniela Pelissero». Il penoso riconoscimento è stato compiuto dal padre, Ugo, 51 anni, muratore di Vaie. Da sette anni non viveva più con la figlia, che era rimasta a San Giorio con la madre Michela Cacace, 46 anni, originaria di Napoli, e la sorella Maria, 25 anni. E' la madre, una donna forte e serena, pur nello strazio di un devastante dolore, a raccontare la vita della figlia: «L'ha rovinata la droga. Aveva cominciato dieci anni fa, a poco più di tredici anni. Prima saltuariamente, poi in modo sempre più pesante». Una situazione che le aveva impedito di lavorare: «Nessuno vuole assumere una tossicodipendente». Nonostante questo dramma il rapporto con la madre era rimasto buono: «La adoravo, mi adorava. S'era addirittura fatta tatuare una frase sul braccio: Mamma vita mia. In passato s'era allontanata anche per qualche mese. Dal dicembre scorso era invece tornata a casa, sembrava più tranquilla, più serena, più disponibile alla cura disintossicante, aveva cominciato a parlare di comunità, una eventualità che prima aveva sempre rifiutato». Quindici giorni fa accade qualcosa che cambia la vita di Daniela: «Aveva un amico carissimo, si chiamava Elio Carnino, aveva 30 anni. E' morto, forse suicida ma c'è un'inchiesta, nel carcere di Vicenza, dove era detenuto per una storia di droga. E' rimasta scioccata da quella morte, si è chiusa in se stessa». E' forse questo trauma che la riavvicina alla droga: «Prima di allora - continua la madre - Daniela aveva seguito con grande puntiglio la terapia di metadone a scalare. Andava a Susa tutte le mattine, poi tornava a casa ad aiutarmi nelle faccende domestiche, di solito stirava. Ma la morte di Elio l'ha stravolta». La madre comincia a sospet- tare subito che la figlia sia tornata all'eroina, ma ne ha conferma solo sabato scorso: «E' tornata a casa alle 10 del mattino, ed è andata a dormire. E' rimasta assopita sin dopo le 17. Ogni tanto andavo in camera a guardarla, ed è stato lì che ho notato due siringhe nella sua borsa. Ho capito che aveva ricominciato». Così, quando Daniela si risveglia, trova i rimproveri della madre: «Ho cercato di scuoterla, per indurla a tornare sulla strada giusta, al metadone. Per tutta risposta lei se ne è andata, sbattendo la porta». Mezz'ora più tardi, il convivente della Cacace, Mauro Revalor, 47 anni, dipendente Sip, scorge la ragazza intenta a fare l'autostop di fronte al cimitero di Bussoleno, in direzione di Torino. Ma non è l'ultima persona conosciuta ad avere avuto sue notizie. Lunedì mattina Daniela telefona aU'anziana nonna («Dì alla mamma che mi prepari un po' di biancheria»), lunedì pomeriggio incontra alcune amici nella zona di Porta Nuova. Chi l'ha uccisa? Le prime indagini puntano su un cliente, diventato maniaco per un raptus che l'ha spinto ad infierire sul corpo della ragazza, forse con un bastone. Ma c'è almeno un'altra alternativa: Daniela conosceva un uomo che le telefonava spesso, e con il quale aveva una relazione. «Non mi ha mai fatto il suo nome - spiega la madre -, era una ragazza chiusa, riservata, gelosa del suo mondo». Che la figlia facesse la prostituta, Michela Cacace l'ha scoperto ieri, dai verbali dei carabinieri. E lacrime si sono aggiunte a lacrime. Angelo Conti Prendeva il metadone all'ospedale di Susa Aveva cominciato con l'eroina a 13 anni Si cerca tra i clienti Daniela Pelissero, 23 anni, tossicodipendente si prostituiva nella zona di via Sacchi E' stata strangolata da un maniaco con una calza La madre di Daniela (a sinistra), Michela Cacace: «Ci adoravamo, s'è fatta tatuare sul braccio "Mamma vita mia"» A destra la sorella Maria, di 25 anni