Duecento anni fa Charlotte Corday uccise l'«Amico del popolo»: storie parallele di una donna e di un tribuno

Duecento anni fa Charlotte Corday uccise l'«Amico del popolo»: storie parallele di una donna e di un tribuno Duecento anni fa Charlotte Corday uccise l'«Amico del popolo»: storie parallele di una donna e di un tribuno EA caldo, tanto caldo in quel tardo pomeriggio di luglio del 1793. Il termometro tocca i 30 gradi, e, a memoria degli abitanti di Parigi, non si era avuta una temperatura simile dal 1753. L' 11, il pane è diventato raro. Alcuni pazientano notti intere di fronte alle panetterie. La nuova Costituzione del 1793 - che non sarà mai applicata - è appena stata accettata dalle sezioni parigine. Al Tempio, il piccolo Luigi Capeto è stato separato da Maria Antonietta per essere affidato alle cure del ciabattino Simon. Questo 13 luglio delTAnno Primo è forse una delle date più cupe della Rivoluzione. La capitale è come circondata: ad Ovest dall'insurrezione della Vandea (Angers è appena caduta), a Sud dalla rivolta di Lione, ad Est dall'Europa coalizzata alla quale si sono appena unite l'Inghilterra e la Spagna. Quanto è lontana la Parigi vibrante di unanimità del 1789 e del 1790! Con la concentrazione del potere nella Convenzione da cui sono stati eliminati i girondini - la giovane Repubblica conosce le lotte dei partiti e delle fazioni che l'ossessione generalizzata del complotto accrescerà ancora di più in seguito. Di colpo, quel giorno, esplode una noti- r, , zia, più violenta deiia // popotempesta che non si aspettava più: «Marat è stato assassinato». Quella sera, alle sette' e un quarto, una'gio- «" vane normanna si è presentata a casa di Marat. La cognata di questo, Catherine Evrard, cerca di sbarrare la strada a Charlotte Corday. Costei s'intestardisce. Deve fare rivelazioni sui deputati girondini rifugiatisi a Caen. Marat, che ha sentito la conversazione dal bagno, chiede che si lasci passare la visitatrice. Dopo una breve conversazione, Charlotte affonda un coltello nel cuore dell'«Amico del popolo». E' arrestata. Terrorizzata all'inizio dall'idea di essere massacrata dalla folla, riprende il controllo di sé e mostra una determinazione che impressiona i giudici e che conserverà fino al patibolo, dove sale il 17 luglio 1793. Il fatale incontro del 13 luglio ha quasi interamente cancellato il ricordo del Marat storico. L'uomo che viveva nelle cantine è trasfigurato di colpo nell'oggetto nuovo di un culto rivoluzionario in via di formazione. La sua sepoltura nel giardino dei Cordiglieri, in attesa del Panthéon, dà luogo ad una vera processione, seguita da 50.000 parigini. Anche se organizzato dal pittore David, il corteo è disordinato e sfiora il grottesco, tanto la pu- Char trefazione del cadavere è avanzata. Il cuore, racchiuso in una delle urne più preziose dell'antico mobilio reale, è sospeso nella sala del club dei Cordiglieri. Ma questa apoteosi non resisterà al 9 termidoro (27 luglio 1794). Il 26 febbraio 1795 Marat è «depanteonizzato» e i suoi busti vengono calpestati con gioia selvaggia. L'angelo è diventato demonio. «Era mostruoso lercio e pazzo» Si forma un bestiario ripugnante, dominato da epiteti come «rospo» o «batrace». Taine, che applica al caso Marat gli strumenti della psicologia del XIX secolo, diagnostica la follia. «Marat è il più mostruoso scrive ne Le origini della Francia contemporanea - confina con il pazzo, e ne ha le principali caratteristiche, l'esaltazione furiosa, la sovraeccitazione continua». La sua sporcizia, le sue camicie sempre sozze, il suo cappotto ingiallito, oltre al foulard che cinge la sua capigliatura grassa, sono ormai, per molti, altrettanti sintomi di follia violenta. Difatti, in UAmi du peuple, che Marat dirige da solo dall'estate 1789, la violenza giunge all'apice. Nel bel mezzo di razionali previsioni politiche o di analisi talvolta moderate, si parla di «impalare i deputati» «divorare le carni palpitanti», «pugnalare sul campo» e «bruciare le cervella». La violenza si accentuerà grazie agli avvenimenti per culminare in una sorta di sistema politico sommario che attribuisce alla condanna a morte di un numero sempre crescente di vittime l'immancabile virtù di assicurare la felicità del popolo. A dire il vero, per esasperata che sia, la violenza di Marat si iscrive in una tendenza del giornalismo suo contemporaneo. Dal 1789, la stampa liberata dalla censura ha rifiutato di limitare la propria attenzione alla pura informazione, come facevano le gazzette dell'Ancien Regime. Per il giornalista rivoluzionario, la stampa costituisce un mezzo per parlare direttamente all'opinione pubblica. La mediazione della tipografia pare rendere di nuovo possibile la democrazia diretta che si credeva riservata alle Repubbliche dell'antichità. Il giornalista non è quindi più un privilegiato, ma un cittadino che ha il diritto e il dovere di farsi oratore, tribuno e persino delatore. Si arriva al punto che la stampa finisce talvolta per porsi in rivalità con la rappresentanza nazionale, e Marat non sarà l'ultimo a reclamare per se stesso la dittatura. Bisogna tenere conto senza dubbio di questi dati per apprezzare l'influenza e la popolarità di Marat. Se ha saputo costruire la propria celebrità, nel gennaio del 1790 denunciando il popolarissimo Necker, questa è stata comunque episodica. Non è riuscito a farsi eleggere deputato alle legislative, e, se è riuscito a farsi temere, come rappresentante di Parigi, da una parte della Convenzione, e soprattutto a far incarcerare gli «uomini di Stato» girondini durante le giornate del 31 maggio-2 giugno 1793, non ha mai esercitato funzioni esecutive. Hebert e il suo «Pére Duchesne», cosi come la fazione degli «arrabbiati», cominciano anche a superarlo in posizioni estremiste, quando lo si dice malato e persino morente. Nato nel 1743, Marat non appartiene più veramente alla generazione che arriva al potere con l'Anno II. E' una gloria in declino quella che viene colpita nel luglio 1793. «Eccola, eccola!» gridava la folla Più di uno storico ha sottolineato la ristrettezza delle vedute politiche di Charlotte Corday e il carattere estremamente controproducente del suo delitto. Pretendendo di salvare i girondini uccidendone l'oppressore non fa altro che precipitare la loro sconfitta. In più l'assassinio di Marat accelera il Terrore, che la Convenzione mette «all'ordine del giorno» a partire da settembre. Per contro, di primo acchito, la figu¬ ra di questa pronipote del grande Corneille si guadagna la simpatia di una parte dei suoi contemporanei, quando non lascia scoprire in loro inquietanti fantasmi. «Di colpo - scrive un testimone della sua esecuzione scoppiò un temporale fortissimo. Grosse gocce di pioggia cadevano nella polvere. La folla diventò agitata, si sentiva cantare "La Carmagnola". AH'ùnprowiso un grido: "Eccola! Eccola!". Era superba nella sua lunga camicia rossa che la pioggia incollava al suo corpo (fu infatti vestita con l'abito rosso indossato dai parricidi per aver ucciso in Marat un deputato "padre della patria"). Fui per otto giorni innamorato di Charlotte Corday». Un altro testimone si attarda invece a descrivere i movimenti della giovane donna sul palco della ghigliottina, come improntati a «quell'abbandono voluttuoso ma decente che è al di sopra della bellezza». Le autorità reagiscono a questa sublimazione del personaggio: il consiglio generale del dipartimento di Parigi protesta contro «l'elogio impostore dell'infame Charlotte Corday» e ispira ne La Gazette de la France nationale questo controritratto astioso: «Questa donna che si dice essere stata molto carina non lo era affatto: era una virago, più grassa che fresca, senza grazia, sporca, come lo sono tutti i filosofi e i begli spiriti femminili. La sua figura era dura, insolente, con la pelle rovinata da un grave eczema e banale». Tempo perso. Più il fatto si allontana, più il fascino aumenta. Mentre David preferisce astenersi da far figurare l'assassina nel suo quadro, Michelet soccombe deliziosamente alle attrattive della giovane. Non presta forse alla sua voce la mortale potenza del canto delle sirene? «Il suono di questa voce vibrante, argentina giunse a Marat. Non detestava affatto le donne e, anche se era nella vasca da bagno, ordinò imperiosamente che la si facesse entrare». Nel XX secolo, e soprattutto tra gli scrittori di estrema destra che si emancipavano piano piano dal filone monarchico di Charles Maurras, Charlotte Corday, anche se repubblicana, ha cominciato a simboleggiare il sacrificio e l'impegno fascista. Il periodico Je suis partout chiede nel 1942 che la festa del 14 luglio venga sostituita con la ricorrenza del 13 o del 17 luglio, in cui si ricorda «Sainte-Charlotte». Drieu la Rochelle mette in scena un immaginario incontro tra Charlotte Corday e Saint-Just. FunckBrentano, se dice di riconoscere in Marat un precursore dei regimi totalitari, dà alla sua assassina «la visione più nobile, anzi la più generosa». Si contrappone 1'«atletismo della bella normanna» al nome «decisamente semitico» e all'«intransigenza dell'animo ebraico» attribuiti a Marat. A lui Stalin dedicò una nave Marat non ha perduto la sua dimensione mitica con il tempo, nonostante tutto. Stalin ha dato il suo nome a una nave della flotta sovietica. Claude Roy ha visto in lui il prototipo dell'«intellettuale di sinistra» (1966). Nel maggio 1968, Marat è diventato una specie di antenato del militante maoista, vicino alle masse e ostile all'apparato. Jean-Paul Marat ha concluso oggi la serie delle sue metamorfosi? Senza dubbio no, perché continuerà ad incarnare la potenza illusoria e reale dei giornalisti, che sono talvolta condannati a morte dalle loro stesse parole. Nicolas Weill Copyright Le Monde e per l'Italia La Stampa r, , // popolo guarda ammirato-. . . .. . . «tUl pQT OttO glOÌTll J ' «" Charlotte Corday avanza verso il patibolo. innamorato di lek Un corteo funebre con 50 mila parigini al seguito di un cadavere putrefatto. Il cuore del giornalista assassinato chiuso in un'urna ed esposto alpubblico -. l a k L'assassinio di Marat (nell'immagine grande) visto dal pittore David. Qui accanto: Stalin (gli dedicò una nave). Sotto: Robespierre. Nella foto a destra: Charlotte Corday

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