«E grave» ma Fellini non si arrende di Renato RizzoSergio Zavoli

Rimini, il regista sottoposto ad una serie di esami clinici è ancora in prognosi riservata Rimini, il regista sottoposto ad una serie di esami clinici è ancora in prognosi riservata «E' grave», ma Fellini non si arrende Scherza: «Rimango qui per le infermiere» RIMINI DAL NOSTRO INVIATO Pallidissimo, lo sguardo che sembra fissare un punto lontano e si perde oltre i volti della gente e gli obiettivi delle macchine fotografiche e delle telecamere: Federico Fellini è steso sulla barella che lo sta riportando nella stia camera d'ospedale dalla sala in cui l'hanno appena sottoposto ad una ecografia cardiaca. Ha l'espressione assente di chi sta scrutando il fondo di quella famelica spirale di paura che si avvita nel petto degli uomini che hanno sfiorato la morte. Ma ecco che gli occhi riacquistano un guizzo, ecco che la destra si solleva in un gesto di stizza: «Che cosa volete?», sillaba il Maestro con le labbra esangui rivolgendosi a quei «paparazzi» che in un suo film disegnò con affettuosa indulgenza e che, ora, lo infastidiscono tempestandolo di flash. Questo gesto e questa frase sono, per i milioni di persone che seguono con ansia il ricovero del regista romagnolo, un piccolo segno di speranza: Fellini non si arrende, trova dentro di sé la forza di una reazione. Ma sarebbe da incoscienti cullarsi in eccessive illusioni: il Maestro «non è attualmente in immmediato pericolo di vita», come dicono i sanitari dell'Ospedale degli Infermi, ma resta, comunque, in prognosi riservata e la parte sinistra del suo corpo è ancora paralizzata. L'ictus che l'ha raggiunto a tradimento l'altro pomeriggio nella stanza 313 del Grand Hotel ha colpito duro. Ed il medico curante del regista, il prof. Gianfranco Turchetti, sottolinea: «Questo è un momento estremamente difficile, serio. Federico è un personaggio pubblico mondiale e, quindi, va detto al mondo che siamo consapevoli della gravità della situazione: ma non getteremo la spugna». L'attacco cerebrale è esploso in un corpo debilitato dal difficile, e in certi momenti drammatico, intervento cui Fellini è stato sottoposto un mese fa a Zurìgo: dovevano applicargli un by-pass, ma, durante l'operazione, improvvise complicazioni avevano fatto temere il dramma. La Rimini evocatrice di anni favolosi e f eli ci, gli amici di sempre dovevano essere la terapia per guarire da questa debolezza che era ancora diventata malattia dell'anima. E oggi questa città e questi amici dovranno aiutare Federico a raggiungere una guarigione ancora più diffìcile: lui ha già cominciato questo cammino faticoso. Ha trascorso una notte agitata e, di prima mattina, ha chiamato la moglie che, dopo averlo vegliato pei4 alcune ore, era andata a riposare in casa della cognata. Poi, quando ha saputo che al di là della porta del reparto Medicina dov'è ricoverato, c'erano decine di giornalisti, ha sfoderato una battuta: «Dite a quei signori che non voglio uscire e che mi sono barricato in camera con tre infermiere». E a chi gli faceva notare che di lui si sta occupando la stampa di tutto il mondo, ha risposto con evidente ironia: «Perché? Ne sono stupito». Ieri mattina Fellini è stato sotto- posto ad una serie di nuovi esami. Immobile sulla barella, il corpo è stato auscultato, sondato, radiografato. E certo il regista avrà ripensato, in quei momenti, alle pa: gine di un diario, teso tra il reale ed il fantastico, che scrisse alcuni anni fa in cui raccontava un ricovero in clinica: «Nella sala radiologica mi sento un oggetto, una cosa. La sala con le sue luci fredde pare Mauthausen. Mi lasciano seminudo: di là dai vetri i medici in camice bianco parlano di me, mi indicano con i loro gesti che vedo e con parole che non sento». E quando l'hanno fatto passare tra la gente assiepata lungo le pareti del reparto, forse avrà ricordato quest'altro flash: «I parenti degli altri ammalati mi guardano, guardano l'oggetto». Raffiche di accertamenti diagnostici che, in mattinata, hanno fatto dire al direttore sanitario dell'ospedale, dott. Massimo Pieratelli e al prof. Angelo Corvetta, primario del reparto di Medicina, che «il paziente presenta un quadro clinico stazionario. La tac ha confermato la natura ischemica della lesione escludendo la natura emorragica». Ciò significa che Fellini non ha pericolosi ematomi al cervello e che si continuerà a curarlo «seguendo l'impostazione terapeutica già avviata». Un quadro clinico che non è stato modificato neppure dal secondo bollettino medico del tardo pomeriggio. Non si pensa, almeno per ora, di trasferire il paziente in un altro ospedale perché, anche secondo il prof. Turchetti, la struttura riminese è perfettamente in grado di garantire piena assistenza: «E, poi, perché sottoporre il malato ad un ulteriore stress?». Gli domandia¬ stizza razzi mo se l'intervento a cui il regista si è sottoposto a Zurigo può essere stato, in qualche modo, causa di questo attacco. Risponde: «Non penso che ci sia una relazione stretta. Quella successa ora è una cosa inaspettata che ha viaggiato in maledetto parallelo con il decorso post-operatorio». Turchetti polemizza con quanti, in queste ore, si sono lasciati andare ad un facile ottimismo sul decorso del male: «I mass-media hanno catturato l'aspetto più riduttivo del problema. In realtà la situazione di Federico è ben più seria e tutti ne siamo consapevoli. E' assurdo dire, come qualcuno va sostenendo, che, tra non molto, verrà sciolta la prognosi. A breve termine non verrà sciolto assolutamente niente. Con ciò non voglio creare allarmi e paure, ma solo evitare facilonerie». Scuote il capo, il medico di Fellini: «Stiamo combattendo con enorme determinazione, ma il nemico è pericolosissimo. Questo non è un assalto di cavalleria, ma una guerra di frontiera». Renato Rizzo Poi ha un gesto di stizza verso i «suoi» paparazzi Il regista Federico Fellini in barella al momento del suo ricovero dopo l'ictus di cui è stato vittima e, a fianco, l'arrivo in ospedale della moglie, Giulietta Masina Sergio Zavoli

Luoghi citati: Rimini, Zurigo