Mladic, il comandante della «pulizia etnica»

Mladic, il comandante della «pulizia etnica» Mladic, il comandante della «pulizia etnica» IL FANATICO FBELGRADO INCHE' non incontri il generale Ratko Mladic, è difficile immaginare un essere umano affetto da un odio così patologico. Ieri si è rifiutato di obbedire all'ordine di Karadzic, che gli imponeva di ritirarsi da Bjelasnica e interrompere l'offensiva sul monte Igman. Ho incontrato il comandante militare dei serbo-bosniaci di recente, in una mite mattinata, dopo aver passato il posto di blocco armato sul ponte di Zvornik, laddove la Drina segna il confine fra Serbia e Bosnia. Una jeep con i guardaspalle del generale ci ha scortato fino a un albergo in rovina in stile alpino. Mladic mi stringe la mano con l'energia di un pugile, ordina i caffè e ha accende la prima di molte sigarette. «Questo fiume, la Drina, è la spina dorsale dello Stato serbo. Certuni in Occidente non volevano il muro di Berlino ma adesso vorrebbero vedere una frontiera lungo la Drina. Ma questo confine non ci sarà mai». Batte leggermente la sigaret¬ ta sul tavolo per sottolineare ogni concetto. Il generale, 51 anni, ex ufficiale dell'esercito jugoslavo, è stato uno degli architetti della «pulizia etnica» in Bosnia. E' un uomo «posseduto» dall'ingiustizia. Non crede che alcuno, al di fuori della Serbia, possa capire le cause dei 21 mesi di guerra contro croati e musulmani che lui ha diretto. «Le madri serbe guardavano i figli portati via dai musulmani, per finire in mano al sultano che li vendeva come schiavi...». «Il mondo islamico non possiede la bomba atomica, ma ha la bomba demografica. Dovunque vadano - dice - uomini con 5 o 6 mogli creano villaggi. Poi si costruiscono la moschea e te li ritrovi in casa! Goradze non è Istanbul, né Smirne, né Ankara. I musulmani che vivono qui non sono di questa terra. Non sono cresciuti qui». Le indicazioni dei mediatori occidentali non hanno alcuna rilevanza in questa contorta, spietata faida balcanica. Le mie domande riguardavano il prò- cesso di pace, le aree protette e la disponibilità dei serbo-bosniaci a restituire parte dei territori occupati. Le sue risposte sono state quasi esclusivamente monologhi segnati dalla indisponibilità o dall'incapacità di fare i conti con la realtà. Il generale Mladic è un militare di stampo contadino che pensa in termini di fucili e di ethnos, non di strategia politica. La comunità internazionale «è completamente sviata dalla falsa propaganda». Mladic sprizza veleno sui reportage occidentali riguardo alle sofferenze dei musulmani nelle «aree protette» come Zepa, a Est di Sarajevo. «I media raccontano che lì sono arrivati al cannibalismo, che i musulmani non hanno più niente e si mangiano l'un l'altro. Questo non è vero. Hanno cibo. Quella è un'area agricola. E hanno parecchio bestiame. Hanno rubato bestiame e ucciso serbi in 72 villaggi». Il suo risentimento verso gliinglesi (come l'inviato che lo intervista, ndr) è profondo. I serbi hanno combattuto con gli inglesi contro i nazisti. «Il vostro popolo sa quanto cibo portano gli aerei inglesi ai serbi? Neanche una scatola vuota. Non ce lo dimenticheremo». Il generale Mladic è fiero. Come comandante delle forze serbe prima in Croazia e ora in Bosnia, ha capito fin dall'inizio che non c'era volontà di intervento militare da parte dell'Occidente. «Penso che né l'Inghilterra né la Francia né la Germania abbiano ragione di bombardarci, perché noi non le minacciamo. E meno di tutti l'America che sta a diecimila chilometri». «Dovete capire che noi serbi siamo sulla nostra terra - continua -. Questi sono campi serbi, fiumi e boschi serbi, città serbe. Non stiamo conquistando la terra di qualcun altro, difendiamo la nostra». «Personalmente non voglio che i musulmani e i croati scompaiano da qui. Vogliamo solo che loro abbiano la loro porzione di territorio, e noi la nostra». Per i musulmani in particolare, la quota sarà quanto decide Mladic. «La comunità internazionale perderà la partita con me». Dice che il suo gioco preferito sono gli scacchi: «Sono il giocatore che muove sempre per primo. Gli altri poi muovono i pezzi che voglio io, non quelli che vogliono loro». Domando se la pace è un concetto che ha mai considerato. «E' ancora lontana e non dipende da noi». Il generale Mladic si alza dal tavolo e mi spinge nella polverosa hall dell'albergo dove bighellonano le guardie. «Il mondo è abituato a sentire pessime cose sul mio conto. Questo mi rende ancora più forte». NikGowing Copyright «The Guardian» e per l'Italia «La Stampa» «Questa terra è nostra, non dei musulmani Loro puntano sulla bomba demografica noi concederemo solo una fetta del Paese» Karadzic gli ordina il ritiro immediato da Bjelasnica ma lui disubbidisce I pacifisti in marcia verso la Bosnia Sopra il presidente Izetbegovic e a sinistra il comandante delle milizie serbe Radko Mladic