Il giallo del «vino siciliano» di Francesco La Licata

Il giallo del «vino siciliano» Il giallo del «vino siciliano» Un riferimento per inguaiare Occhetto? L'ALLUSIONE MISTERIOSA IROMA L «giallo del vino siciliano» è la sciarada che appassiona l'ultimo Parlamento della Vecchia Italia. Il gioco l'ha promosso Bettino Craxi, pronunciando l'attesa arringa difensiva a Montecitorio. Il finanziamento dei partiti, dice in sostanza l'ex segretario psi, era un sistema uguale per tutti ed avveniva in vari modi. I comunisti utilizzavano, per esempio, i canali provenienti dall'Est: «... era un rapporto intimo... e l'on. Occhetto è stato tanto segretario del pei che del pds». 1 Sì, ma che c'entra il vino? Craxi ammicca senza mai scendere nel particolare, parla di «attività dirette, indirette, partecipate d'import-export». «Di traffici accusa - ce ne sono stati tanti, come sono tante peremo le voci più curiose: dalla vendita di partite di vino siciliano all'Urss...». Eccolo il rompicapo: il mistero del vino. Un commercio che addirittura sarebbe servito come canale di finanziamento occulto del vecchio pei. L'indovinello ha immediatamente conquistato il Transatlantico e in breve si è scatenata la fantasia, alla ricerca del vino sospetto. Che per i siciliani conoscitori della loro Storia non può che portare alle cantine dei cugini Ignazio e Nino Salvo (condannati per mafia, il primo morto ammazzato l'anno scoreo), produttori di un «vinello andante» che si chiamava «Aurora». E il pei? Le allusioni di Craxi sembrano riferirei ad un particolare periodo della politica siciliana, quando era segretario regionale Achille Occhetto, che fece registrare una sorta di «patto» tra democristiani e comunisti. Sì, ma il vino? Emanuele Macaluso, siciliano ed ex senatore del pei, allarga le braccia. «Il vino? Non ricordo che l'Urss o i Paesi dell'Est ne importassero dalla Sicilia. E non perché non ne avessero bisogno, il fatto è che non avevano i soldi o quantomeno preferivano acquistare generi di prima neces¬ sità. Al contrario, ricordo perfettamente che la Sicilia spedì agrumi in Russia. Era una delle più grosse aziende agricole palermitane, quella dei Guattadauro, ad avere il canale con Mosca». Ma perché, allora, Craxi fa quel riferimento non certo casuale? «Cosa vuole che le dica, qualche idea in testa l'avrà... Anche a me viene spontaneo l'accostamento coi Salvo, ricordo che avevano una cantina... Ma non so cosa pensare. L'unica volta che ho avuto a che fare con Mosca e col vino risale al 1959 o forse al '60. Sono andato a far visita a Kruscev e gli ho portato dodici bottiglie di vino siciliano, una diversa dall'altra». Il gioco del «totovino» ha impegnato cronisti e parlamentari. Dall'on. Calogero Marinino, che interrogandosi - approda anch'egli alle cantine di Salemi, all'ex presidente della Regione Siciliana, Rino Nicolosi, destinatario di uno strano invito da parte di Craxi. «Dobbiamo parlare di tante cose. Tu conosci la storia della tua terra e non puoi non sapere che tutto è cominciato lì, in Sicilia». Per il de Vito Riggio, quello di Bettino Craxi è stato un messaggio ad Occhetto. Ma molto più ampio del riferimento al vino. «Il discorso - dice - riguarda forse il periodo tra il '76 e il '79, quello del patto autonomista con Rosario Nicoletti. La politica delle larghe intese che vide Pancrazio De Pasquale presidente dell'Assemblea regionale e un altro comunista al vertice della commissione agricoltura». «Occhetto - aggiunge Riggio - aveva un gran peso allora. Fu lui, per esempio, che riuscì a convincere Salvo Lima a rompere l'alleanza con Gioia e Ciancimino e ad entrare nell'accordo». Ma nessuno, per quanti sforzi siano stati compiuti, è riuscito a ricordare un «gesto concreto» di quella amministrazione che abbia attinenza col vino in Russia. Francesco La Licata