Craxi si difende e attacca il pci-pds di Fabio Martini

Nell'aula muta e attenta di Montecitorio, una dura requisitoria che è anche un addio Nell'aula muta e attenta di Montecitorio, una dura requisitoria che è anche un addio Craxi si difende e attacca il pci-pds «Prendevano soldi da Mosca». Accuse a De Benedetti ROMA. Nella silenziosissima aula di Montecitorio Bettino Craxi sta parlando da 44 minuti, sta parlando col tono imperioso dei bei tempi, ma proprio all'ultimo la voce gli scricchiola: «Continuerò a difendermi senza venire mai meno ai doveri verso la mia persona, la mia famiglia...». E alla parola famiglia, la voce prima si incrina, poi si ferma per un istante. Bettino Craxi è commosso. Lui, il duro, l'uomo con gli stivali, non riesce a nascondere quella sua debolezza davanti ai 463 colleghi che lo stanno ascoltando. E' un uomo provatissimo Bettino Craxi, sfibrato dai macigni dell'accusa e da un futuro inquietante, e proprio in quell'istante di emozione si consuma forse il suo passo d'addio. Un addio che qualche ora dòpo viene in qualche modo incoraggiato dal voto dell'aula di Montecitorio, stordita dal duro j'accuse pronunciato poco prima dall'ex leader. Certo, Craxi non aveva chiesto esplicitamente di rigettare le richieste dei giudici di Milano («Lasciate il caso Craxi al suo destino»), ma le accuse scritte nelle carte giudiziarie sono state ritenute tutte legittime dai deputati. Soltanto due autorizzazioni a compiere perquisizioni sono state rigettate, come aveva suggerito la giunta per le autorizzazioni. Eppure, proprio nel giorno in cui Craxi passa sotto le cure dei magistrati di Milano, il vecchio leone ferito lancia le sue unghiate disperate, cambia marcia rispetto agli avvertimenti del passato e lancia durissimi atti d'accusa. Contro tutto e tutti Contro il pci-pds e, al riguardo, Craxi indica quattro traffici dai contorni misteriosi. Accuse contro Occhetto in persona. Accuse contro i tanti traghettatori dal vecchio al nuovo - Scalfaro, Spadolini, Martinazzoli, Ciampi - tutti personaggi che, dice Craxi, appartengono «alla vecchia nomenklatura». Accuse contro Carlo De Bendetti, «un principe della corruzione pubblica». E ancora, accuse contro il governo Ciampi, un governo «minimo», «anonimo». E fendenti contro Giuliano Amato: Craxi non lo ci¬ ta ma intanto fa sapere che «tutti i dirigenti centrali» del psi sapevano del finanziamento illegale e dunque tutti i «candidati alle elezioni» usufruivano dei soldi «sporchi». Una generale chiamata di correo che i deputati hanno ascoltato per 45 minuti in un silenzio ininterrotto. Alla fine di quel discorso-choc soltanto un pallido applauso. Per questo discorso così diverso da tanti altri, preparato con cura nelle settimane scorse, Craxi era arrivato a Montecitorio con qualche minuto di ritar¬ do. Elegante come sempre, in un completo color carta da zucchero, un'abbronzatura appena velata, Craxi si siede sullo scranno di tanti discorsi alle 11,50 e chiede subito acqua. L'esordio dell'ex leader del psi è di maniera: «Il psi non ha ricevuto la maxi-tangente di Enimont». Così come è un vecchio refrain anche il suo primo attacco: a Carlo De Benedetti. Ma intanto parte il primo avvertimento della giornata: «La sua situazione avrebbe dovuto essere più complessa, se collaborando con la giustizia avesse detto tutte le verità, che, cercando, si possono trovare...». E' l'ora del pds. «Opinione curiosa» quella del magistrato milanese secondo il quale, una volta nel sacco de e psi, «l'inchiesta poteva dirsi conclusa». Bisogna scavare sotto le radici della Quercia, giacché il pci-pds, «la più costosa macchina burocratica di partito esistente in Occidente», «ha potuto contare su risorse di gran lunga superiori» a quelle del psi. Certo gran parte dei soldi venivano dall'Est, ma anche dall'interno, «da tangenti nazionali e locali», dalla «tangente sui generis costituita dalla quota di appalti» per le coop rosse. Craxi cita anche «le voci più curiose»: la vendita di «partite di vino siciliano all'Urss», la fornitura all'Urss di «materiale strategico in violazione delle regole Nato», con allusione al caso Eumit-Stasi che potrebbe coinvolgere una società collegata al pei; «la vendita di partite di petrolio a prezzi scontati a industriali progressisti», con allusione a un'altra società vicina al pei con sede a San Marino; «fon- di neri su banche estere». Casi sospetti che Craxi suggella così: «L'onorevole Occhetto è stato tanto segretario del pei che del pds». Tacciono i pidiessini, quando Craxi martella pesante sulla Quercia: Occhetto non c'è, D'Alema fabbrica barchette di carta e ogni tanto guarda di sottecchi l'odiato Bettino. Forlani, dimagrito e pallidissimo come poche volte, è immobile, con le mani giunte e alla fine sarà uno dei pochi democristiani (assieme a De Mita) a non applaudire Craxi. Alessandra Mussolini ascolta rapita; il retino Claudio Fava segue il j'accuse addirittura in piedi; Ugo Intuii sembra emozionato e Leoluca Orlando col ghigno sulla bocca è uno dei pochi che non si volta verso Bettino. E le bombe chi le ha messe? «Una mano invisibile - dice Craxi - un'ala golpista alla ricerca di rotture violente». Di qui il monito: «In autunno la situazione economica può precipitare» e perciò serve un «governo politico», guidato da «uomini nuovi». E Craxi avverte i suoi nemici della sinistra: «Attenti, perché i vincitori potrebbero raccogliere macerie». Finale amaro: pago per tutti, sono il «capro espiatorio» di un sistema che ha coinvolto tutti. Appena finito il discoreo Craxi si trasferisce nell'affollato Transatlantico. Quasi nessuno lo avvicina. L'unico è Umberto Bossi. Dice Franco Piro: «E' l'unico che si può avvicinare, è l'unico senza peccato». Fabio Martini «Sono un capro espiatorio; in autunno la situazione potrebbe precipitare» a* L'ex segretario del psi, Bettino Craxi, ieri mattina, dopo il suo discorso alla Camera in cui si è difeso dalle accuse dei giudici di Milano

Luoghi citati: Milano, Mosca, Roma, San Marino, Urss