Mahfouz mi vogliono uccidere di Gabriella Bosco

il caso. Il Nobel egiziano: «Noi intellettuali nel mirino degli integralisti islamici» il caso. Il Nobel egiziano: «Noi intellettuali nel mirino degli integralisti islamici» Mahfouz : mi vogliono uccidere Bombe alposto delle idee il PARIGI " EGITTO è una polveriera che può scoppiare da un j momento all'altro. Per i D fondamentalisti islamici, gli incendiari, l'esplosione deve colpire innanzitutto la mente del Paese: gli intellettuali. In loro vedono il nemico più pericoloso, il vero ostacolo all'azione destabilizzante che stanno conducendo. La polizia ha trovato una lista con i nomi dei prossimi obiettivi. Dopo lo scrittore Farag Foda, assassinato lo scorso anno, in testa figura adesso il premio Nobel per la letteratura Nagib Mahfouz. In un attentato è già saltato in aria il caffè nel quartiere popolare del vecchio Cairo che portava il nome dello scrittore, un luogo simbolico cancellato come avvertimento. La condanna a morte di Mahfouz, sebbene non ufficiale come quella di Salman Rushdie, è altrettanto seria. Per le autorità islamiche i libri di Mahfouz sono maledetti, portano offesa a Dio, ai profeti e alla religione. Lui nega che sia così, ma sa che i Fratelli Musulmani non minacciano a vuoto. E nonostante ciò continua a vivere e a scrivere esattamente come prima. Reagisce alla violenza con calma pacata e solida, con saggezza tranquilla. Non vuole a nessun costo la scorta che il governo gli offre e vorrebbe perfino imporgli. Non la vuole perché la scorta avrebbe allora diritto ad essere scortata, e così la scorta della scorta eccetera, all'infinito, e ne verrebbe fuori un serpente più lungo del Nilo. Un'immagine, certo, ma che riflette il modo di vedere di Mahfouz. Il suo modo di guardare, anzi, al di là dell'orizzonte corto dei destini individuali. In un'intervista tranquillamente rilasciata a\ settimanale francese Le Point (lui continua a dare come prima appuntamenti nei locali pubblici, i suoi amati caffè del vecchio Cairo o la redazione del giornale per cui continua a scrivere articoli per nulla accomodanti nei confronti degli inte- gralisti) traccia un quadro lucidissimo della drammatica situazione dell'Egitto. E riesce però, contemporaneamente, a formulare un messaggio positivo. Come si confà a un vecchio egiziano che ha ormai superato gli 80 anni e si avvia all'eternità, tutto inizia con una parabola. «Il Profeta un giorno ordinò a due fedeli di compiere lo stesso atto», dice Mahfouz. «Loro agirono scegliendo due strade diametralmente opposte. Poi tornarono verso il Profeta. Ognuno, separatamente, si era fuorviato. L'atto giusto, spiegò il Profeta, era la somma dei due». Fuor di parabola, Mahfouz illustra così quella che per lui sarà la soluzione del problema egiziano: l'islamismo democratico. Siamo abituati in Occidente a contrapporre Islam e democrazia. «Antidemocratici sono i fondamentalisti, non l'Islam», dice lo scrittore. «Non avete voi dei cristiani democratici? Noi possiamo avere una democrazia islamica. Razionalismo e laicismo non si oppongono a un Islam moderno e illuminato». Secondo Mahfouz non è un'utopia. Utopia è quella dei terroristi che negano la cultura antichissima del popolo egiziano perché imperfetta e contraddittoria come la vita. «Le donne, il vino, i comportamenti individuali, la libertà di pensiero: tutto questo per loro (i fondamentalisti) equivale a ignoranza e barbarie». Sono invece i veri valori dell'Islam moderato, quello «buono», contrapposto al loro che è «romantico, esaltato, irrazionale, quasi disperato». Ma le bombe al posto delle idee sono un'autocondanna, per Mahfouz. In Egitto i fondamentalisti pongono la violenza al centro della loro filosofia perché si credono forti nella società. La loro forza è invece fittizia, spiega lo scrittore. Il popolo è povero e ritiene lo Stato responsabile della sua povertà, vede dunque il nemico nello Stato. Avere lo stesso nemico non è però sufficiente per essere dalla stessa parte. Ecco perché la soluzione sta nell'islamismo democratico. Quando i fondamentalisti avranno un vero programma sociale, solo allora rappresenteranno un'alternativa a cui il popolo potrà realmente dare fiducia. La democrazia inevitabile. Mahfouz la preannuncia a partire dal testo sacro, proprio il Co- rano cui è accusato di portare offesa. «Larga parte è fatta nel Corano, come nella Bibbia, alla libertà umana e in primo luogo alla facoltà di giudicare», dice. «Il fondamento della legge islamica, di cui coloro che se l'appropriano fanno il loro cavallo di battaglia, è il pensiero, la giustizia. Non l'obbedienza a leggi cieche e repressive». Il pensiero: la libertà d'interpretazione, la mente dell'uomo che può decidere se piegarsi o no ai precetti. Tutto questo, uccidendo Mahfouz, gli integralisti vogliono eliminare. Ma Mahfouz è sicuro che alla lunga, probabilmente dopo di lui, il pensiero trionferà comunque. E a quel Dio cui è accusato di portare offesa, quando nell'aldilà dovesse incontrarlo, chiederà se gli sono piaciuti almeno un po' i suoi libri. E gli chiederà conferma che la lotta per la democrazia non è contraria alla sua Legge. Sempreché - di questo Mahfouz un po' dubita - ottenere un'intervista da Dio sia facile come ottenerla da un premio Nobel per la letteratura. Gabriella Bosco «Le donne, il vino, i comportamenti privati, la libertà di pensiero: tutto ciò per i Fratelli Musulmani è ignoranza e barbarie» Nagib Mahfouz, premio Nobel per la letteratura. Sopra, il presidente egiziano Mubarak e (a destra) Salman Rushdie

Luoghi citati: Cairo, Egitto, Parigi