la Nato ferma Rombo Clinton

la Nolo ferma Rombo Clinton «Salverò Sarajevo anche da solo». Poi la Casa Bianca è costretta a una precipitosa retromarcia la Nolo ferma Rombo Clinton No degli alleati, niente blitz contro i serbi WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'ipotesi di un intervento militare americano in Bosnia si è un po' indebolita ieri, dopo che, nella riunione Nato a Bruxelles, è emersa una qualche riluttanza al riguardo da parte di alcuni Paesi europei. E dopo che Bill Clinton ha definito «esagerati» alcuni articoli di stampa che, basandosi su un'incauta dichiarazione di un portavoce del Dipartimento di Stato, indicavano l'intenzione degli Stati Uniti di agire anche senza il consenso degli alleati. Mentre i colloqui di pace a Ginevra hanno sfiorato l'orlo del fallimento per l'abbandono, fortunatamente temporaneo, del leader bosniaco e in molte parti dell'ex-Jugoslavia vengono segnalate pericolose brecce al cessate-il-fuoco, si discute se le minacce americane favoriscono la pace o la guerra. Ma, quale che sia la valutazione su questo punto, l'unica cosa certa sembra essere che non lavorano per la pace gli ondeggiamenti, le manifestazioni di indecisione e i segnali di divisione all'interno della comunità internazionale. Domenica, durante il viaggio di avvicinamento di Warren Christopher verso il Medio Oriente, il suo portavoce, Mike McCurry, aveva dichiarato alla stampa: «Gli Stati Uniti sono decisi a agire. Crediamo senz'altro che sia possibile all'interno di un accordo Nato. Ma abbiamo reso chiaro che siamo determinati a agire». McCurry non ha aggiunto «anche da soli». Ha tuttavia espresso l'opinione che, per l'avvio del piano di bombardamenti «è questione di giorni». E l'insieme delle sue dichiarazioni avevano portato i giornali a concludere che Clinton era pronto a dare l'ordine di attacco anche senza il consenso degli alleati. '«Io non credo - ha dettò ieri il Presidente americano correndo ai ripari - che gli alleati permetteranno la caduta o l'affamamento di Sarajevo. Stiamo lavorando con gli alleati per trovare una posizione comune e sono certo la troveremo». Ma non sembra così. Nonostante la portavoce del ministero degli Esteri francese, Catherine Colonna, abbia assicurato che il suo governo «approva l'uso della forza nell'ambito delle risoluzioni Onu» e il ministro della Difesa inglese, Malcolm Rifkind, abbia detto di sentirsi «molto solidale» con la posizione americana, la riunione di Bruxelles ha fornito un altro quadro della situazione. Gli Stati Uniti, a meno di un perfezionamento degli accordi di pace, vorrebbero comunque bombardare i serbi per allentarne la morsa su Sarajevo. Gli inglesi, invece, ritengono che questo non sia militarmente possibile. I francesi sono favorevoli all'uso della forza solo nel caso i loro Caschi Blu vengano attaccati dai serbi (questo è il senso del riferimento di Colonna alle risoluzioni Onu) Inglesi e francesi restano entrambi preoccupati per le conseguenze che un attacco america- no potrebbero avere sui loro uomini in Bosnia. Il mediatore David Owen non crede che le minacce aiutino un processo di pace che, ha detto ieri, sta facendo «progressi molto sostanziosi». Fuori dalla Nato, anche la Russia critica le minacce americane. Poiché Clinton, in passato, è stato accusato, da destra e da si¬ nistra, di mancanza di decisione sulla Bosnia e incitato a prendere la testa della comunità internazionale piuttosto che inseguirne il consenso in estenuanti mediazioni, questa volta aveva voluto dare l'impressione di essere intenzionato a esercitare comunque un ruolo di leadership. Le dichiarazioni di McCurry erano funzionali a questo. E infatti Clinton, anche ieri, a chi gli ha chiesto se le minacce di intervento americane ritardino la pace, ha risposto: «Penso, invece, che la pace sia stata ritardata dalla percezione opposta; che, poiché gli alleati non hanno fatto nulla per cercare di stabilizzare la situazione, la situazione ha continuato a peggiorare». Gli americani si sono formati l'opinione che la firma serba sul piano Owen a Atene fu favorita dal loro piano di intervento e la sua ritrattazione incoraggiata dal dissenso espresso al riguardo dagli europei. Pertanto, questa volta vogliono mantenere una forte pressione, perché non si richiuda lo spiraglio apertosi con la firma apposta venerdì scorso a Ginevra sull'accordo per la costituzione dell'Unione delle Repubbliche di Bosnia. Il problema è che la riluttanza alleata non è rientrata del tutto e, nonostante le premesse, Clinton sembra di nuovo oscillare. Progressi a Ginevra ne sono stati sicuramente fatti e paradossalmente sono proprio loro, adesso, ad alimentare ima certa intensificazione degli scontri armati fuori Sarajevo, dove, invece, la tregua sembra tenere abbastanza. Nel momento in cui si discute sulla suddivisione della Bosnia in tre Repubbliche federate, una serba, una musulmana e una croata, le parti cercano di mantenere o di conquistare quanto più territorio possibile. Ieri i serbi hanno occupato una collina sopra Sarajevo dove sono collocati i ripetitori della tv bosniaca. Il presidente della Bosnia, Aljia Izetbegovic, ha allora minacciato di abbandonare i colloqui di pace. Paolo Passarmi Solo i francesi solidali con gli Usa ma vogliono usare la forza per difendere i caschi blu I rottami del ponte di Maslenica distrutto ieri dalle bombe serbe Univa il Nord e il Sud della Croazia Il presidente Clinton sembra deciso a fare pressioni militari per costringere i belligeranti a accettare una pace di compromesso in Bosnia