Ho difeso un aguzzino? Lo farei con Mengele di Aldo Baquis

L'AVVOCATO PISI' ODIATO Ho difeso un aguzzino? Lo farei con Mengele PERSONAGGIO L'AVVOCATO PISI' ODIATO TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO A 44 anni, Yoram Sheftel l'avvocato che con una tenace battaglia legale durata cinque anni è riuscito in extremis a far annullare la condanna a morte contro l'ucraino John Ivan Demjanjuk - è una delle persone più impopolari in Israele. Il diffuso quotidiano Yediot Ahronot gli ha dedicato una copertina poco lusinghiera e lo ha qualificato come «l'avvocato forse più odiato del Paese». Sheftel cade dalle nuvole: «Odiato, io? Negli ultimi giorni è un via vai di persone che si congratulano con me per il mio coraggio. Stamane mi ha fermato per strada un vecchio che mi ha detto di essere stato internato nel campo di sterminio di Auschwitz. Mi voleva ringraziare per essere riuscito a impedire che Israele mettesse a morte l'uomo sbagliato...». Ma nelle stesse ore a Naharya, al confine con il Libano, un altro superstite dell'Olocausto, Yaakov Weinberger, 66 anni, ha tentato di mettere fine alla sua vita: fermo su un marciapiede, ha ingoiato una notevole dose di calmanti ed è stramazzato a terra. «Scusatemi, non ce la facevo più - ha scritto su un biglietto -. I nazisti hanno ucciso i miei genitori e i miei parenti. Non riesco a darmi pace nel vedere che Israele libera un assassino come Demjanjuk». Soccorso dai passanti, Weinberger è stato rianimato in ospedale. La Shoah - l'Olocausto degli ebrei - non ha risparmiato del resto nemmeno la famiglia di Sheftel. «Prima della guerra ricorda l'avvocato - mia madre aveva in Polonia almeno un centinaio di cugini. Dopo la guerra, ne erano rimasti dieci». Eppure, Sheftel non ha esitato a rappresentare Demjanjuk di fronte al tribunale speciale di Gerusalemme, dove doveva rispondere dell'accusa di essere «Ivan il terribile», l'addetto alle camere a gas di Treblinka in cui furono sterminati circa 800 mila ebrei. «Non avrei accettato l'incarico - dice adesso Sheftel - se non avessi avuto la intima convinzione che Demjanjuk fosse sincero quando si professava innocente e se non avessi constatato che le prove a suo carico erano inconsistenti». Nei giorni scorsi Sheftel ha provocato non poca irritazione tra i superstiti dell'Olocausto quando si è detto pronto a difendere in tribunale anche una persona accusata di essere Joseph Mengele: «Dato che Mengele è morto - afferma - si tratterebbe di un altro caso di errata identificazione». Secondo l'avvocato, 60 testimonianze trovate in un archivio del Kgb indicano «inequivocabilmente» che il vero Ivan il terribile si chiamava Ivan Marcenko: difenderebbe anche lui? «Che lo difenda l'avvocato della pubblica accusa, Michael Shaked - esclama ironico -. E' stato Shaked a mettere in gioco tutto il suo prestigio personale per dimostrare la colpevolezza di Demjanjuk». Secondo Sheftel, Israele non è tuttavia interessato a cercare Marcenko. Già un anno e mezzo fa le autorità israeliane hanno preso visione di un dossier del Kgb del 1962 che conteneva precisi dettagli sul presunto Ivan il terribile (che oggi dovrebbe avere 82 anni): il suo trasferimento a Fiume nel dopoguerra, il suo matrimonio con una donna jugoslava, il nome dei figli, l'indirizzo della casa in cui abitava negli Anni Sessanta. «Stranamente, né Israele né i cacciatori di nazisti di professione hanno mosso un dito per ricercarlo - afferma l'avvocato -. Ma anche se lo si volesse processare, oggi Marcenko non può più essere condannato: cinque superstiti dell'Olocausto hanno infatti riconosciuto Demjanjuk, in aula, come Ivan il tenibile». Il ricorso in appello presentato da alcuni superstiti dell'Olocausto contro l'espulsione di Demjanjuk, che sarà ascoltato tra una settimana, non lo preoccupa: «Proprio stamane - dice - ho terminato di scrivere un libro in cui ripercorro le fasi del processo. Sono sicuro che non ci sarà bisogno di aggiungere nuovi capitoli». La settimana prossima, dunque, Demjanjuk atterrerà in Ucraina. Cosa le ha insegnato questa esperienza? «Che il Tribunale speciale di Gerusalemme non è stato all'altezza della situazione e che non ha esitato a manipolare la stampa per raggiungere i suoi fini, cioè la condanna di Demjanjuk. E che quando si è convinti di essere nel giusto, non bisogna esitare a lottare contro tutto e tutti. Alla fine la verità prevale sugli intrighi, e viene alla luce». Aldo Baquis I miei furono vittime dell'Olocausto Mi batto per la verità quell'uomo è innocente Nella foto grande l'avvocato Yoram Sheftel Qui accanto, John Demjanjuk