«Non posso vivere se Ivan è libero»
Ancora polemiche sul caso Demjanjuk, per la stampa ebraica improbabile un nuovo processo Ancora polemiche sul caso Demjanjuk, per la stampa ebraica improbabile un nuovo processo «Non posso vivere se Ivan è libero» Vittima dei nazisti cerca di uccidersi in Israele TEL AVIV. «Nell'Olocausto ho perso i miei genitori e quattro parenti stretti. Scusatemi, ma non ce la faccio proprio a vedere che Israele libera un assassino come John Ivan Demjanjuk»: così, in un biglietto scritto all'ultimo momento su un marciapiede, Yaakov Weinberger, sessantasei anni, ha giustificato il tentativo di togliersi la vita. Secondo quanto riferito dalla radio, Weinberger, un abitante di Naharya (al confine con il Libano) ha inghiottito una grande dose di barbiturici mentre si trovava per strada ed è stramazzato a terra. Soccorso dai passanti, è stato subito trasportato in un vicino ospedale, dove è stato rianimato e curato. Giovedì scorso, la Corte suprema israeliana aveva prosciolto Demjanjuk - «con il beneficio del dubbio» - dall'accusa di essere «Ivan il Terribile», l'uomo che attivava le camere a gas nel lager nazista di Treblinka, ma aveva confermato l'accusa che, negli anni 1941-43, fosse una guardia nel campo di sterminio di Sobibor. Per questo motivo, l'altro ieri, alcuni sopravvissuti all'Olocausto sono ricorsi in appello contro l'ordine di espulsione emanato contro Demjanjuk subito dopo il proscioglimento da parte della Corte suprema. Questi è adesso ancora in carcere, in attesa di sapere - tra dieci giorni - se dovrà essere processato anche per il nuovo capo di accusa. Secondo i principali giornali israelinai, tuttavia è molto improbabile che si rifaccia un nuovo processo. «Haaretz» scrive che a parere di funzionari del ministero della Giustizia la procura generale si pronuncerà contro una nuova incriminazione di Demjanjuk. Dopo la sentenza dell'Alta corte, Demjanjuk avrebbe dovuto partire per l'Ucraina che gli ha concesso un visto turistico. La notizia della mancata liberazione è arrivata tre ore prima della prevista partenza del volo per Kiev. La prima reazione del prigioniero è stata di rabbia: «Ma che democrazia è mai questa - ha detto al direttore del carcere che gli comunicava la nuova disposizione dei giudici -, prima mi rilasciate e poi tornate a rinchiudermi in carcere?». Poi, l'anziano ucraino non ha retto all'emozione e si è accasciatyo a terra. E' stato portato nell'infermeria del carcere dove gli è stato somministrato un sedativo. Per adesso continuerà a guardare il mondo attraverso le sbarre. [Ansa] I TRE VOLTI DEL GIALLO Da sinistra, una foto di Ivan Marchenko; una foto da un documento di identità delie SS coi nome di Demjanjuk; e Demjanjuk in uniforme di poliziotto durante ia guerra. I Cinque superstiti de! campo di stermìnio di Treblinka, in Polonia, hanno detto al processo di riconoscere in Demjanjuk l'uomo che torturava i prigionieri e azionava lé camere a gas I L'alibi di Demjanjuk, che sostiene di essere stato uri prigioniero di guerra sovietico che ha passato la maggior parte della guerra in mano ai tedeschi.è poco convincente I li documento delle SS dice che in un certo periodo Demjanjuk ha effettivamente lavorato in un Lager nazista, benché non a Treblinka ■ Dichiarazioni giurate delie guardie di Treblinka, raccolte dai Kgb subito dopò la guerra e divenute accessibili dopo la disintegrazione deli'Urss, identificavano un'altra guardia ucraina, Ivan Marchenko, come l'uomo delle camere a gas ■ Alcune di queste guardie hanno identificato Marchenko In una foto che non presenta somiglianze con Demjanjuk; invece un'altra foto di Marchenko, ottenuta e mostrata dagli avvocati di Demjanjuk nel 1992, mostra somiglianze
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