Spezzata Tasse Parigi-Bonn di Stefano Lepri

Spezzata Tasse Parigi-Bonn Spezzata Tasse Parigi-Bonn E c'è chi teme una vera corsa alle svalutazioni competitive BRUXELLES DAL NOSTRO INVIATO Il sistema monetario europeo is dead but in nome, è morto in tutto tranne che nel nome, dice l'ex cancelliere dello Scacchiere inglese Norman Lamont, rancoroso ma veridico. In tutta l'Europa, la parola d'ordine dei governi è sottolineare i lati buoni della cosa: la camicia di forza da cui ci si è liberati permetterà di abbassare più velocemente il costo del denaro. Ma i furori della notte a sfilatini francesi e caffè che ministri e governatori hanno passato a Bruxelles, si dimenticheranno? Non si è spezzato quell'asse franco-tedesco sul quale l'Europa si regge dai tempi di Conrad Adenauer e di Charles de Gaulle? In quella notte, la Francia voleva espellere temporaneamente il marco dahu Sme, tenendo le altre monete riunite attorno ai franco: lo conferma ufficialmente il primo ministro Edouard Balladur. In quella notte, mentre l'unione monetaria europea si allontanava verso il prossimo secolo, la Germania ha trovato modo di ricordare che, se si farà, la banca centrale europea dovrà assolutamente domiciliarsi a Francoforte (magari nello stesso palazzo della Bundesbank che nel frattempo si sarà trasferita a Berlino). E sempre lì, al «Centre Borschette» di Bruxelles, «la Francia non si è fatta imporre nulla» ha voluto proclamare appena uscito il ministro francese Edmond Alphandéry. In quella notte, ancora, il ministro tedesco Theo Waigel ha fatto uscire apposta il suo portavoce per diramare una risposta sarcastica al presidente della commissione Cee Jacques Delors, reo di essersi schierato a fianco del suo Paese, la Francia. «I membri del direttivo della Bundesbank si comportano come banchieri di provincia» scriveva frattanto uno dei più importanti quotidiani francesi, Le Figaro. «La Francia è un'amante che la Germania non può più permettersi di mantenere» ricambiava cortesemente l'edizione domenicale di uno dei mag- gioii quotidiani tedeschi, Die Welt. Riemergono, magari con la scusa della battuta salace, pregiudizi da Anni 20. Cosicché, quando il primo ministro danese Poul Nyrup Rasmussen dichiara che «non ci sono vincitori tra i Paesi dello Sme», forse è una banalità diplomatica, forse il frutto di una riflessione preoccupata. I piccoli Paesi del resto non si sentono tanto sollevati. Il Belgio, fino a poco tempo fa considerato membro di diritto dell'area del marco, non è affatto sicuro che nel suo caso i tassi di interesse si potranno ridurre: siccome è l'ultimo Paese dove è rimasta la scala mobile, e ha una economia molto aperta, la svalutazione deUa moneta rischia di alimentare l'inflazione alla grande. Quanto ai Paesi che una svalutazione se la possono permettere, si teme cne ci prendano gusto. Il vicepresidente della commissione Cee, Henning Christophersen, mette in guardia contro la corsa alle svalutazioni competitive; non è escluso che uno dei primi Paesi a provarci magari controvoglia, come l'Italia - possa essere il suo, la Danimarca. Ieri il primo ministro Rasmussen (per il quale «lo Sme, di fatto, è svuotato di ogni funzione») e il governatore Erik Hoffmeyer si sono affrettati a escluderlo nel modo più assoluto, ma sui mercati la corona danese è scesa alquanto. Dunque nemmeno a Copenaghen, per ora, possono scendere i tassi. Due «padri» dello Sme, il francese Valerie Giscard d'Estaing e il tedesco Helmut Schmidt sono addolorati. Intanto guardandosi in giro per Buxelles sono evidenti i vuoti nella città, quelli dei quartieri distrutti dalla speculazione edilizia in attesa della capitale d'Europa. In ogni modo, che ne è del rapporto tra la Francia e la Germania (sempre «fondamentale», vorrebbe assicurare Balladur) lo si potrà cercare di capire già oggi, perché la consultazione economica a due che era in programma non è stata rimandata. Stefano Lepri