Tenta il suicidio il giudice Colombo la salva

A Milano lunghi aitimi di paura sul davanzale di una finestra al quarto piano del Palazzo di Giustizia A Milano lunghi aitimi di paura sul davanzale di una finestra al quarto piano del Palazzo di Giustizia Tenia il suicidio, il giudice Colombo la salva Un 'esaltata, gambe penzoloni nel vuoto, voleva parlare con il magistrato Lui l'ha ascoltata, poi con un balzo l'ha afferrata mentre si lasciava cadere MILANO. Per suicidarsi aveva scelto una finestra al quarto piano del palazzo di giustizia milanese. A salvarla è dovuto intervenire Gherardo Colombo, magistrato di Mani pulite, protagonista ieri di un caso «all'ultimo minuto». Si schermisce adesso il giudice di Tangentopoli, da mesi al centro di un vortice di telecamere, fotografi, giornalisti. E dice: «Ma no, ma no. Ci manca solo che adesso scriviate pure questo». I fatti. Nessuno si accorge di quella donna, nata cinquantadue anni fa a Varsavia ma di cittadinanza italiana, che alle 13,30 si aggira nei corridoi della procura. Con sé ha una borsa piena di carte, documenti, tanti, come spesso hanno i legali di casa da queste parti. Gira per gli uffici, porte chiuse, magistrati tutti o quasi in ferie. Forse cerca Gherardo Colombo, ma poi si dirige dalla parte opposta. Apre una finestra, quarto piano su via Manara, venti metri abbondanti sul vuoto. Un volo di pochi secondi e morte certa. Tocca a un'impiegata scoprire la donna. Adesso è seduta sul davanzale, con i piedi penzoloni. Ripete continuamente che no, suo marito due anni fa non è morto per cause naturali. «E' stato ucciso», ripete. Ha le prove, dice. Ma nessuno ha voluto ascoltarla, ripete. Non è lucida. E' solo disperata. Chiede di parlare con il magistrato di Tangentopoli, nome famoso, volto visto tante volte in Tv e sulle prime pagine dei giornali. L'impiegata corre dal giudice Colombo, il magistrato si affretta dall'aspirante suicida. Qualcuno chiama anche i vigili del fuoco, nella speranza che non debba essere usato il telone. Adesso la donna è davanti al magistrato. Può spiegare la sua «verità» inascoltata. Il giudice Colombo cerca di tranquillizzarla, prende tempo. «Le lascio questa borsa piena di documenti, perché possa scoprire la verità», dice la donna. Si agita sul davanzale, un balzo e con il corpo è già tutta nel vuoto. Racconta nel suo ufficio Gherardo Colombo, Lacoste limone per combattere il gran caldo che non se ne va nemmeno con i due ventilatori accesi a manetta. «Mi sono buttato d'istinto, insieme ad uno degli uomini della mia scorta. L'abbiamo presa per le braccia e l'abbiamo tirata su». Tocca ai vigili del fuoco prendersi cura della donna. Prima destinazione: reparto psichiatrico di un ospedale milanese. Poi si vedrà. Ma il giudice Colombo non vuol passare per «salvatore». Della patria, della gente oppressa dai malaffari di partiti, politici e imprenditori, e adesso pure dei suicidi o aspiranti tali. E' schivo come può esserlo chi da oltre un anno vive sotto ai riflettori «solo» per il suo lavoro. Qualcuno, ironicamente, chiama «padre Pio» il suo collega Antonio Di Pietro. Da quella volta che in autostrada usò il suo telefonino per chiamare soccorsi per una ragazza rimasta ferita in un incidente. Per Di Pietro «Cuore» realizzò un'apposita rubrica per raccontare i suoi «miracoli». Adesso siamo arrivati al salvataggio del suicida. E' vita al microscopio quella dei magistrati di Tangentopoli. Vita privata e pubblica, applausi ad ogni apparizione, e quel coro «Di Pietro, Di Pietro» ai funerali delle cinque vittime per l'autobomba di via Palestre Tra interrogatori da preparare, attesa di arresti «in esecuzione» come recita il linguaggio burocratico, carte da studiare il giudice Colombo affronta nel suo ufficio l'assalto dei giornalisti. «Siete davvero cinici», rimprovera il magistrato quando qualcuno gli ricorda che adesso gli manca solo il «Premio Bontà» per completare la sua fama. Fabio Potetti Ma adesso il pm non vuole parlare del salvataggio «Come siete cinici» lilllllllliHl^ Il giudice Gherardo Colombo si schermisce: lasciate perdere..

Persone citate: Antonio Di Pietro, Di Pietro, Fabio Potetti, Gherardo Colombo

Luoghi citati: Milano, Varsavia