LA MONTAGNA PIÙ FORTE

LA MONTAGNA PIÙ' FORTE LA MONTAGNA PIÙ' FORTE H O visto tante volte la montagna uccidere, portarmi via amici e compagni - e spesso la morte mi è passata vicina sotto forma di slavina, scarica di sassi, chiodo che non tiene, freddo da congelamento - ma ancora adesso, a 79 anni, non riesco a reggere al dolore di ogni nuova tragedia. E' stato così anche ieri mattina. Ero a Bormio con il professor Ardito Desio e altri vecchi alpinisti per ricordare i 39 anni della nostra conquista del K2, avvenuta il 31 luglio del 1954, quando mi hanno portato la notizia della sciagura in Valle d'Aosta. Non sono più riuscito a parlare, né a sorridere. Sono fuggito a casa con una scusa e ho acceso il televisore per cercare di capire che cosa era accaduto. Era successo che il Monte Bianco, anche se senza colpe, aveva travolto sotto una massa enorme di neve e ghiaccio otto persone, poco più che ragazzi. L'uomo, stavolta, non ha sbagliato, non ha cercato la sfida impossibile e suicida contro la natura. Questa, almeno, è la mia prima impressione. E so che di fatalità hanno parlato anche grandi guide di Courmayeur. Ha ragione Renzino Cosson quando dice che la caduta di un seracco è imprevedibile come la rottura di un fil di ferro: lo puoi piegare cinquanta volte e non succede niente, poi si spezza all'improvviso. E' quello che è accaduto ieri sulle Achille Compagnoni CONTINUA A PAG. 2 SETTIMA COLONNA

Persone citate: Achille Compagnoni, Ardito Desio, Renzino Cosson

Luoghi citati: Bormio, Courmayeur, Valle D'aosta