Da una repubblica all'altra con la legge degli orari lunghi di Valeria Sacchi

Da una repubblica all'altra con la legge degli orari lunghi NOMI E Oli AFFARI Da una repubblica all'altra con la legge degli orari lunghi Nella celebre favola dei fratelli Grimm, Pollicino ritrova la via di casa segnando il viottolo del bosco con sassolini. E chi non ricorda la brioche di Maria Antonietta, la mela di Newton, la leva di Archimede? Piccole cose che segnano la vita e la morte, che possono sollevare il mondo. Nell'Italia che slitta dalla Prima alla Seconda Repubblica, i sassolini di Pollicino sono gli «orari». E non quelli dei dipendenti, ma quelli dei presidenti. Fu con gli orari dei musei che Alberto Ronchey mosse la prima pedina della Nuova Era ai Beni Culturali. In Montedison, il presidente Guido Rossi è in movimento fino a sera tardi, e l'amministratore delegato Enrico Bondi Ronchey arriva in Foro l'antesignano Bonaparte pri- Demattè il bocconiano ma delle otto del mattino. In Rai, Claudio Demattè alle 7,30 è già alla scrivania. Roba da far rizzare i capelli in testa. E difatti, appare sempre più nervoso il capo del sindacato interno Giuseppe Giulietti, sulle cui spalle ricade la terribile responsabilità del «confronto». E, sempre in Rai, non sanno ancora che tipo di fondista sia Gianni Locatelli. Uno che la mattina si alza senza problemi, e tira dritto fino a notte. Senza mai lamentarsi, nemmeno quando gli viene l'emicrania spaccacervello. Brianza style. Gli «orari», insomma, come «arma». Una spada di Re Artù dura e pura, sottilmente crudele. Il primo a inaugurare la serie fu Franco Tato in Mondadori. Non che a Segrate si lavorasse poco. Tutt'altro. Ma quale dirigente non sente un brivido di malessere, se si accorge che il capo supremo è già lì da un'ora, quando lui arriva in ufficio? Mentre in Rai si moltiplicano i fronti dello scontro, nei cieli italiani calano le reti Tv. Un emendamento della Camera ha cancellato uno dei nove canali nazionali previsti dalla legge di Oscar Mammì, con dolore dell'attuale ministro delle Poste, Maurizio Pagani. Un dolore anche per Silvio Berlusconi che, teoricamente, dovrà ridurre a due i suoi. network. Il padrone di Fininvest ha un diavolo per capello, e forse comincia a pensare di essere nato nel Paese sbaglia- Locatelli to. Per ben che il brianzolo gli vada, deve Berlusconi ricominciare impensierito da capo tutta la trafila televisiva. Senza contare la spina delle telepromozioni e di Giuseppe Santaniello, per le quali è comunque riuscito a spuntare un rinvio fino a Natale. A re Silvio non resta che invidiare il collega autraliano Rupert Murdoch che, da pochi giorni, è diventato re dell'etere asiatico, comperando da Li Kashing la Star-Tv e 45 milioni di telespettatori. E consolarsi leggendo che l'avversario Carlo De Benedetti ha più debiti di lui. Ha un diavolo per capello pure Francesco Colucci, presidente di Confcommercio. Non ha i requisiti richiesti dalla gara per Gs e Autogrill la cordata di cui andava tanto fiero. Nata all'inse¬ gna del Tricolore, per difendere gli scaffali dei supermercati da barbariche invasioni straniere. Non sembra turbarsi per la rabbia di Colucci il presidente dell'Ili, Romano Prodi, che sta dando grandi colpi di accelerazione alla vendita dei beni Iri. E quanti ostacoli incontri lo si capisce leggendo le critiche dei sindacati per il passaggio di Italgel alla Nestlé. A dargli una mano è il compaesano Nino Andreatta. Il quale, dopo aver trattato a lungo con il commissario alla Concorrenza europea, Karel Van Miert, per mettere in regola con le leggi Cee le privatizzazioni italiane, ha ottenuto il monitoraggio della commissione sulla cessione delle aziende De Benedetti ex Partecipa- antagonista zioni Statali, che fanno ora capo al ministero di Piero Bar ucci. Un meccanismo che - lo ha ben spiegato il ministro degli Esteri costringerà «qualunque governo» a privatizzare rapidamente. Insomma, conoscendo i suoi polli, nemmeno Andreatta si fida delle dichiarazioni di buona volontà. E' più tranquillo con il gendarme olandese Van Miert. Marcia verso le braccia di Generali e del suo presidente Eugenio Coppola di Canzano la Fondiaria. O almeno così sembra. Per il gruppo fiorentino, infatti, non sono state nemmeno prese in considerazione da Enrico Cuccia né le offerte di Axa, inte¬ ressata alla Milano, né quelle di Groupama, che puntava alla compagnia madre. E oggi, a Firenze, l'assemblea straordinaria approverà l'aumento di capitale che non piace ai piccoli azionisti Gaie. Dopo la grana delle tangenti pagate da Sai per avere le polizze Eni, potrebbe scoppiare per Salvatore Ligresti un'altra questione, quella dell'intreccio SaiFerrovie dello Stato. Centinaia di migliaia di contratti per centi naia di miliardi. Sarà, questa di oggi, un'altra giornata da batticuore per cam bisti e mercati. Mentre esultano famosi guru come Ravi Batra, il quale aveva previsto mesi orsono che stava per tornare la stagione dell'oro. Il metallo è di nuovo bene rifugio, e il francese Lalie, addirittura lo ipotizza a duemila dollari l'oncia. Valeria Sacchi Ligresti rischia ancora Ronchey l'antesignano Demattè il bocconiano Locatelli il brianzolo Berlusconi impensierito a De Benedetti antagonista Colucci fa l'offeso Ligresti rischia ancora

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