i NOSTRI SOLDI di Mario Salvatorelli

r r 1 NOSTRI SOLDI Bot: ribassare i tassi non è da «predatori» OME risparmiatore sono rimasto letteralmente allibito nel leggere su "La Stampa" del 6 luglio la sua firma sotto l'articolo "Prestiti, mutui e fidi più vicini alla gente" di tono particolarmente edulcorato per far accettare ai risparmiatori con il suo prestigio e la sua competenza la lunatura dei tassi d'interesse dei Bot». Chi scrive è il dottor Arrigo Cevia, di Biella, che continua affermando: «Nell'attuale situazione italiana, un tasso d'interesse equo e onesto (per esempio, dei Bot semestrali), da corrispondere ai risparmiatori dovrebbe essere del 10% netto. Tutto quello che è sotto è letteralmente predazione legalizzata, perpetrata ai nostri danni da quei praticoni dell'alta finanza che pretendono di governarci. Il suo giudizio e, mi permetta, la sua forzatura, quindi, stupiscono non poco». E, dopo aver indicato altre strade per ridurre il debito pubblico, come «tagliare le spese e privatizzare, privatizzare e tagliare le spese, non defraudare con tagli draconiani ai tassi i risparmiatori che tengono a galla questo carrozzone mal combinato chiamato Italia», il lettore di Biella conclude: «Quando, nei suoi articoli» (e, qui, ne cita una serie, dall'inizio del 1992 al 10 maggio '93, ndr) «con dotte argomentazioni rassicurava i risparmiatori sulla non possibilità e praticabilità, nonché convenienza da parte dello Stato di un consolidamento dei suoi titoli, in cuor suo era convinto di quanto scriveva, oppure è valido quanto asserisce in questo articolo del 6 luglio?» Ebbene, caro lettore, posso assicia rie che ero «convinto di quanto scrivevo», ' sia quando «con dotte argomentazioni» negavo la deprecabile eventualità di un consolidamento dei titoli di Statosia quando (non so se con argomentazioni altrettanto dotte) sostenevo, ai primi di luglio (come ho sempre sostenuto, anche negli articolche il lettore di Biella scrupolosamente mi ricorda), la liceità e l'opportunità da parte dello Stato di ridurre il rendimento dei suoi titoli, di nuova emissione, e di quelli indicizzati. Unica condizione, ma veramente fondamentaleper la liceità, cioè l'onestà del provvedimento, e per la sua opportunità: che il rendimento da ridurre rimanga a un tasso «reale» di mercato in linea con gli altri rendimenti, nazionali e internazionali. A questo proposito, ilettore di Biella non sembrtener conto dei tassi «reali»cioè al netto dei rispettivtassi d'inflazione in corso nediversi Paesi, e cita il livelldel 10%, al netto delle imposte, sotto il quale lo Stato in1 correrebbe nel «reato» vero 1 proprio di «furto legalizzato o, com'egli si esprime, «predazione». Ma che cosa significa «10% netto», se non si dichiara contemporaneamente il livello d'inflazione? Mi rendo perfettamente conto che i risparmiatori ai quali all'inizio degli Anni Ottanta i loro 100 milioni investiti in titoli di Stato rendevano 18 milioni l'anno, un milione e mezzo il mese (quando il costo della vita era, in media, la metà del costo della vita attuale, e i titoli di Stato erano esentasse), mal sopportino di vedere che questo rendimento scenda gradatamente al 12%, un milione al mese, e anche sotto questo livello, pur se l'inflazione si è ridotta dal 1820% annuo di quei tempi a meno del 5% attuale (ma i titoli di Stato, dall'86-87, subiscono una ritenuta fiscale sul rendimento del 12,50%). Oggi, il 10% netto, quale vorrebbe il lettore di Biella (e, con lui, moltissimi altri), vorrebbe dire oltre 1*1196 lordo, e per i 3ot, che pagano le commissioni bancarie, anche di più. Non le sembra, caro lettore di Biella, che, con un'inflazione intorno al 4,5%, un rendimento «reale» del 5,56% sia un po' troppo? Soprattutto, come lei aggiunge, «nell'attuale situazione italiana» che avrebbe bisogno, per togliersi da questo prolungato ristagno economico, di un denaro meno caro, quindi di tassi generalmente più bassi? Perché, è questo il punto: i titoli di Stato italiani, nelle attuali dimensioni raggiunte dal nostro debito pubblico e, quindi, dalla «consistenza» dei titoli stessi, hanno assoluto bisogno di stare sui liberi mercati finanziari aperti a tutti, italiani e stranieri, come in effetti stanno oggi. E' questo il motivo dell'impossibilità pratica, da parte del nostro Stato, anche solo di pensare all'eventualità di un «consolidamento» dei suoi titoli, e per i risparmiatori di temerlo. Quindi, che i titoli siano sul mercato, e ne seguano le leggi, soprattutto le oscillazioni, interne e internazionali (come si è visto anche in questi ultimissimi giorni grazie al solito marco «ùber alles»), non dovrebbe essere motivo di delusione per i risparmiatori (né di accuse al governo di comportamenti illeciti), ma dovrebbe essere motivo di tranquillità, di sicurezza per i risparmi e per il puntuale rimborso dei capitali alla scadenza prestabilita. Mario Salvatorelli

Persone citate: Arrigo Cevia

Luoghi citati: Biella, Italia, Ome