Carbone il quarto sudamericano di Bruno Bernardi

Aspettando gli uruguaiani, il Toro ha trovato un altro valido fantasista Aspettando gli uruguaiani, il Toro ha trovato un altro valido fantasista Carbone, il quarto sudamericano Ieri ha dato spettacolo con il Bolzano «Sono un peso leggero ma resistente» MALLES VENOSTA DAL NOSTRO INVIATO E' alto centosessantotto centimetri, esattamente come Diego Maradona, ma il suo modello è Roberto Baggio. E, in assenza degli uruguaiani Aguilera e Francescoli impegnati con la loro nazionale, Benito Carbone è il più sudamericano, come stile, dei giocatori a disposizione di Emiliano Mondonico. Un folletto del pallone, ambidestro, scattante, tutto finte e slalom, capace di inventare assist deliziosi e gol di rapina. Nell'ultimo campionato di B con l'Ascoli ne ha realizzati sei partendo da lontano, ma Mondonico intende usarlo come seconda punta e lo considera una pedina molto interessante per il contropiede e anche come uomo che viene gettato in mischia dalla panchina per scompaginare i piani tattici delle difese avversarie troppo chiuse. Dopo le prime uscite ha già messo in secondo piano Paolino Poggi che, come dice Mondonico, «è capace di segnare eurogol ma di complicare le cose facili». Carbone è più freddo, più concreto sotto porta dell'estroso veneziano. E lo ha dimostrato anche ieri pomeriggio, nell'amichevole dei granata contro il Bolzano: nessun gol, uno splendido assist vincente per Silenzi e altri palloni d'oro per i compagni, che purtroppo li hanno sprecati. Lui dice di somigliare a Zola anche se, come detto, ammira molto Roberto Baggio. E' un cavallino di razza di ritorno, un purosangue costato due miliardi per riuscire a riscattarlo dalla società marchigiana. «Un prezzo salato, ma ci ripagherà in moneta sonante», ha detto il notaio Goveani che considera "Carboncino", un vecchio pallino, la sua scommessa personale. Non era ancora presidente quando si invaghì del piccolo fantasista. Pur essendo nato a Bagnara Calabra ventidue anni fa (li festeggerà alla vigilia di Ferragosto), calcisticamente è un «figlio del Filadelfia», allevato da Sergio Vatta. Ultimo di sei fratelli (quattro maschi, tre calciatori dilettanti, e due femmine) gli venne imposto il nome di Benito, come il nonno. Ma a dispetto del nome mussoliniano, fuori campo Carbone è un ragazzo tranquillo, aperto al sorriso, disponibile alle interviste, amico di tutti. Ma con le scarpe bullonate, si trasforma. Corre, combatte. Ha personalità e per questo piace molto a Mondonico. A soli tre anni rimase orfano di padre. Il pallone è stato subito la sua grande passione. E venne scoperto nella Scillese che si era esibita a Torino in un torneo per miniesordienti. Ha una faccia da scugnizzo, la stessa che aveva appena dodicenne, alto un soldo di cacio, quando venne al Nord, ospite di sua sorella Maria, a Settimo Torinese, per indossare la sua prima maglia granata del Nucleo addestramento giovani calciatori. Fece tutta la trafila, sino alla Serie A dove debuttò il 15 gennaio '89, in Torino-Pisa, 0-0. Fu Claudio Sala, subentrato a Gigi Radice, a dare fiducia a questo diciassettenne calabrese. Tre i gettoni di presenza in quel disgraziato campionato, culminato con la retrocessione. Altri cinque nella stagione successiva in B, poi l'ultimo gioiello della Primavera di Sergio Vatta venne trasferito in prestito alla Reggina, alla Casertana e all'Ascoli. Carbone ha figurato in tutte le Nazionali dalla juniores alla Under 21. E adesso ovviamente sogna la maglia azzurra della rappresentativa maggiore, deciso a far valere tutte le sue qualità. Dopo quattro anni è tornato all'ovile, fresco sposo dopo aver portato all'altare Olga nel giugno scorso. Confessa che, dopo aver girovagato al Sud, ormai non sperava più di risalire al Nord, e proprio a Torino: «Promettevano sempre e non mantenevano mai. Poi, grazie a una partita di allenamento al Filadelfia con Mondonico, nella quale realizzai una doppietta, mi hanno riscattato. Debbo ripagare la fiducia del presidente e ho un mese per convincere il tecnico a darmi una maglia da titolare. Meglio lottare per un posto nel Torino che giocare in serie B. Tra i cadetti ho sofferto, specie a Reggio Calabria, nella mia terra. Poi la situazione è migliorata; quest'anno con l'Ascoli ho anche sfiorato la promozione nella massima divisione ma credo d'aver già perso fin troppo tempo. E adesso sono deciso a recuperare». C'è chi lo considera il viceAguilera, ma Carbone rifiuta i paragoni. Il suo primo traguardo è la Supercoppa con il Milan, il 21 agosto a Washington. Sa di avere talento ma non è presuntuoso: «Sono rapido e tecnicamente bravo. Sono un peso leggero, dotato di buona resistenza. Fosse dipeso solo dal mio fisico sarei finito al... Canicattì». Invece rieccolo al Torino, più maturo, pronto a compiere il salto di categoria e, forse, a far vincere la scommessa personale del suo presidente Goveani. Bruno Bernardi Benito Carbone compirà 22 anni il prossimo 14 agosto; è cresciuto nelle giovanili granata di Vatta