«Quando si dà fastidio si finisce nel mirino»
Il procuratore capo Francesco Scardulla e i colleghi della procura torinese: «Non abbasseremo mai la guardia» Gli attentati falliti a Marzachì e Saluzzo «Quando si dà fastidio si finisce nel mirino» \ Il procuratore capo di Torino Francesco Scardulla era perfettamente al corrente dell'operazione che ha portato alla cattura dei tre calabresi sospettati di progettare attentati contro due magistrati del suo ufficio: il procuratore aggiunto Francesco Marzachì e il sostituto procuratore Francesco Saluzzo che un mese fa è stato inviato ad Asti a guidare quella procura. «Siamo sempre stati in contatto con il procuratore Borrelli afferma il dottor Scardulla -. Ci sono stati incontri di magistrati del mio ufficio con i giudici milanesi. Le indagini andavano avanti da mesi e quando ci siamo resi conto che esisteva una situazione di pericolo abbiamo preso le precauzioni necessarie e continuato a lavorare per raggiungere risultati concreti. Sull'esito delle indagini non posso dire di più, per ovvi motivi. Ma proprio un paio di settimane fa avevo parlato di questo problema con il dottor Marzachì». Il procuratore aggiunto Francesco Marzachì, 60 anni, attualmente in ferie all'estero, è il magistrato della procura che da anni si occupa della gestione dei pentiti: a cominciare da quelli del clan dei catanesi, fino a quelli che più di recente hanno deciso di collaborare con gli inquirenti. E' stato uno dei più decisi sostenitori di una normativa che prevedesse concrete protezioni ai pentiti e forse proprio per questo suo impegno è diventato un obiettivo da colpire. Da più di un mese aveva la scorta. Il sostituto procuratore Francesco Saluzzo, 40 anni, applicato ad Asti in attesa della nomina del nuovo procuratore, è stato pubblico ministero al maxi processo contro il clan dei catanesi e continua ad essere impegnato nelle inchieste contro la criminalità organizzata, i trafficanti di armi e di droga. Da anni è il giudice più scortato di Torino. Nel maggio scorso, quando era venuta a Torino una delegazione della commissione antimafia guidata dal presidente Luciano Violante, si era saputo che la procura distrettuale antimafia del capoluogo piemontese stava gestendo oltre trenta collaboratori di giustizia. Il procuratore aggiunto Mar¬ cello Maddalena, impegnato nel pool dei giudici che si occupano dei reati contro la pubblica amministrazione, ma che è anche il capo della procura distrettuale, non ha dubbi sulle ragioni che hanno fatto finire i due colleghi torinesi nel mirino del clan di Piatì: «In questo ultimo anno abbiamo ottenuto significativi successi nella lotta contro i gruppi mafiosi. Sono state eseguite importanti catture: l'ultima è quella di Pasquale Marando, originario di Piatì come i tre arrestati. Nel territorio torinese non c'è più un boss latitante o ancora in libertà. Ci sono stati processi e condanne pesanti per il clan Carnazza e per la banda di trafficanti a Verbania». Conclude: «Siamo andati avanti con le indagini. A un certo punto si è deciso, d'accordo con la procura di Milano, di intervenire. E' chiaro che quando si dà fastidio si finisce nel mirino. Ma non è nostra intenzione abbassare la guardia: abbiamo dato fastidio e speriamo di darlo ancora. Mi auguro che adesso chi ha progettato quegli attentati abbia occasione di meditare dove portino le cattive intenzioni». Claudio Cera suolo Il procuratore capo Francesco Scardulla e i colleghi della procura torinese: «Non abbasseremo mai la guardia» Il procuratore capo della Repubblica Francesco Scardulla sapeva della cattura dei tre calabresi
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