la rai di Demattèfa i conti non solo con i fatti d'estate di Alessandra Comazzi

r tivù' & nvW itaz di Demattèfa i conti non solo con i fatti d'estate CHI volesse cominciare ad avere dimestichezza con il volto di Luca Giurato, che dall'autunno condurrà «Domenica in», e non avesse mai avuto occasione di seguirlo nel suo «A tutta stampa» su Raiuno, programma dove commentava i fatti del giorno con i direttori dei giornali, può recuperare in queste sere, grazie a un'edizione speciale di «Blob» che si chiama «Blob trek», dove le immagini del futuro divo del varietà si mescolano con quelle dei personaggi di fantascienza. Parallelo tanto azzardato quanto visivamente riuscito. Carino. La tv caracolla stancamente verso l'autunno, quest'autunno che chissà come sarà. Avete letto, il presidente della Rai Claudio Demattè propone di azzerare il capitale sociale dell'azienda. Ciò significa, più o meno, che le perdite aziendali erano state tanto elevate da divorare il patrimonio. Che non ci fosse più una lira si diceva da tempo, ma adesso dalle parole si passa ai fatti. Azzerare il capitale sociale significa mettere Uri, azionista unico della Rai, con le spalle al muro: o tiI ra fuori il denaro sufficiente a riI costituire il capitale (di cui una società per azioni come la Rai non può fare a meno), oppure, ed ecco il «busillis», si aprono le porte all'arrivo di altri azionisti. Insomma, pur non essendo esperti di economia, possiamo capire che il nuovo consiglio di amministrazione Rai dovrà affrontare gigantesche difficoltà: ma da parte sua non c'è ignavia, finalmente. Demattè fa sul serio, proprio nel senso che fa, agisce e non se ne sta lì a prendere ordini dai partiti e a vedere che cosa succede. Procede per scelte anche impopolari, mantiene un salutare distacco con tutti i vecchi organigrammi dell'azienda. Di sicuro non è Superman, quindi chissà se ce la farà, la sfera di cristallo non l'abbiamo: certo non sta lì con le mani in mano. Intanto la vita e la tv continuano. Continuano le polemiche su chi è arrivato prima a dare le notizie delle bombe, su chi prima è riuscito ad organizzare una troupe, su chi ha letto i nomi dei morti in video prima che i parenti delle vittime fossero stati avvertiti. Che noia, che polemiche senza costrutto. Il vero problema non è arrivare quei pochi minuti prima per poi non sapere niente, non capire niente esattamente come se si fosse arrivati cinque minuti dopo. Questa settimana è finito pure «Milano, Italia», Gianni Riotta ha sobriamente ringraziato i collaboratori e il pubblico, ha salutato dando appuntamento (non con se stesso, ma con il programma) all'autunno. Nell'ultima puntata si è parlato ancora di bombe e di tangenti, e il conduttore ha confermato il suo stile quieto e rispettoso, ma fermo, nei confronti di chi partecipa. Più talk show, meno arena, spazio maggiore agli ospiti sul palcoscenico, minore alla platea. Su Raitre prosegue «Omnibus», condotto per l'estate da Maurizio Caprara. L'altra sera si parlava del fascismo repubblicano, per la prima volta è andato in onda un documento scoperto da Renzo De Felice, un filmato che racchiude parte della vita (e soprattutto la mone per fucilazione) di Galeazzo Ciano, rimasto per 49 anni in uno scaffale dell'Archivio di Stato e commentato in studio da Nicola Caracciolo. Ospiti Pontecorvo e Rauti («Vi salutate?», chiede Caprara? «Nessuno ci ha presentato», risposta). Documento tragico, agghiacciante, istruttivo. Alessandra Comazzi

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