Tangentopoli a San Vittore restano soltanto in quattro

«Esodo estivo» anche per gli indagati di Mani Pulite: toma a casa l'ex ministro de Darida «Esodo estivo» anche per gli indagati di Mani Pulite: toma a casa l'ex ministro de Darida Tangentopoli, a San Vittore restano soltanto in quattro MILANO. Mentre Giuseppe Garofano e Carlo Sama restano in luoghi «supersegreti» e «superprotetti», in modo assai meno discreto ha lasciato il carcere anche Clelio Darida, ex ministro democristiano. A San Vittore era entrato il 7 giugno scorso, accusato di corruzione e violazione della legge sul finanziamento dei partiti, per una tangente da un miliardo e 750 milioni pagata dalla Cogefar-Impresit (gruppo Fiat) per gli appalti della metropolitana di Roma. Era stato in particolare Umberto Belliazzi, già responsabile della Fiat a Roma, a tirare in ballo Darida. In particolare aveva raccontato che l'ex ministro si era lamentato con lui perché la Fiat «non assolveva ai suoi impegni». Un'accusa che Darida ha sempre respinto, anche durante un confronto con Belliazzi. L'ex ministro è stato scarcerato ieri, proprio all'indomani della decisione della Cassazione che ha dato ancora una volta torto ai magistrati milanesi. Nel conflitto di competenza sulla vicenda Intermetro (la società che gestisce la metropolitana di Roma, consorzio di aziende che hanno pagato tangenti miliardarie) ha dato nuovamente ragione ai giudici della capitale, che adesso si occuperanno a pieno titolo anche di questa inchiesta. E' già la seconda volta che la Cassazione ritiene competente Roma: la prima era stata con l'indagine su telefonia e frequenze televisive; adesso l'Intermetro. La decisione della Cassazione potrebbe anche far ritornare Darida, attualmente agli arresti domiciliari, totalmente libero: contro di lui; infatti, a Roma non esiste al momento alcun procedimento. Intanto per un altro ex ministro, Giancarlo Tesini, giunge la smentita che sia stato emesso avviso di garanzia nei suoi confronti dalla Procura milanese. Dopo Darida, dopo altri indagati minori che hanno lasciato il carcere nei giorni scorsi (ad esempio Luigi Orlandi, ex consigliere della Rai e consulente del ministero del lavoro, rilasciato venerdì) a San Vittore restano quattro indagati dell'inchiesta-tangenti. Saranno solo loro, se non interverranno fatti nuovi, a passare nel vecchio carcere le torride giornate d'agosto. C'è Aldo Brancher, il funzionario della Fininvest, braccio destro di Fedele Confalonieri, che si è appena visto respingere l'istanza di scarcerazione dal tribunale della libertà. A convincere i giudici della sua possibilità di «inquinare le prove» ci sarebbe una copiosa documentazione bancaria da cui risulterebbe di incerta provenienza la somma di 300 milioni pagata da Brancher a Giovanni Marone, segretario dell'ex ministro De Lorenzo. Brancher ha sempre sostenuto che era un contributo pagato da una sua società, la Promogolden, e che la Finivest non c'entra. Ma i magistrati non ne sono affatto convinti. In oarcerer ~e~ dapprima di Brancher, c'è Enrico Ferranti, ex direttore finanziario dell'Eni. Era stato arrestato il 29 maggio per la vicenda del contratto di assicurazione (e relativa tangente) tra l'Eni e la Sai. Poi si è visto contestare anche un'altra tangente: quei dieci miliardi e rotti, pagati nell'ambito della vicenda Enimont (soldi venuti fuori attraverso un «giochetto» sulle date di valuta) di cui aveva parlato Gabriele Cagliari proprio alla vigilia di uccidersi. E con Ferranti restano in carcere, sempre per Enimont, il finanziere Sergio Cusani e il vicedirettore della Banca Commerciale Vincenzo Palladino. E' su loro, e sulla vicenda che li coinvolge, che i magistrati punteranno le indagini di agosto. [s. mar.] No alla scarcerazione di Cusani e Palladino Brancher e Ferranti Nessun «avviso» per il de Tesini Il carcere milanese di San Vittore A sin. l'ex ministro de Clelio Darida

Luoghi citati: Milano, Roma