Miracolo a Venezia la Mostra c'è

Dal 31 agosto all'11 settembre il 50° Festival del Cinema: tornano le star PROGRAMMA BELLO Miracolo a Venezia la Mostra c'è ALTRO miracolo all'italiana. Ci sono sempre meno soldi (la crisi economica ha ridotto di oltre il trenta per cento i fondi già avari), c'è stato come sempre pochissimo tempo, ci sono sempre poche sale, poche strutture e poco personale, ci sono un direttore precario, un presidente della Biennale contestato, un'indagine della Corte dei conti in corso sugli «sperperi» del passato: eppure la cinquantesima Mostra del cinema c'è. 1 film, se non li si vede non si sa quanto siano belli o brutti, riusciti o falliti, nuovi o inutili: ma il programma suscita desiderio, mette voglia, appare ricco, interessante, divertente, dà pure allegria. Venezia a settembre, nelle diverse sezioni del festival, promette d'essere una grande condensazione di star da vedere (Madonna, Eastwood, Mastroianni, Depardieu, De Niro, Villaggio), di autori importanti da seguire (Alien, Spielberg, Altman, Olmi, Carpi, Godard, Kieslowski, Scorsese, Cavani, Weir, Chen Kaighe, Ivory, Herzog, Abel Ferrara, Branagh), di questioni essenziali per il cinema da discutere: il direttore Gillo Pontecorvo ha ragione di tenere molto a quella Assise internazionale dei registi sui temi della creatività, della standardizzazione dei film e della libertà d'espressione che può diventare (se è seria) un contributo forte all'analisi culturale contemporanea, un se¬ gno distintivo tale da rendere unica la Mostra. Certo, il programma bello sembra classico, analogo a quello d'altri festival o d'altri anni fortunati: non pare rispecchiare in alcun modo la condizione d'Italia, la fame italiana di cambiamento, d'innovazione, di rivoluzione dolce. Certo, i film in concorso o fuori concorso offrono soprattutto un quadro di cinema occidentale, senza apporti africani né mediorientali né giapponesi né di quella cultura islamica che deve specialmente interessarci: sette film americani, quattro film italiani e quattro francesi sono molti, anche se magari la rassegna «Finestra sulle immagini» compenserà alcuni squilibri. Però la Mostra-miracolo 1993 (al di là del programma, delle riserve o degli attesi dinosauri di «Jurassic Park» di Spielberg) fa nascere specialmente una nostalgia: quanto sarebbe meglio se non ci fosse bisogno di miracoli, se il festival potesse venir realizzato nei tempi giusti con la calma e la ricerca necessarie, se il direttore incaricato tardivamente non si trovasse costretto a lavorare anche a casa propria in poche settimane, se su tutto non dominassero tensione, penuria, sacrificio personale, ansia. Come sarebbe bello se la Mostra del cinema (come l'Italia) non fosse perennemente miracolosa, ma semplicemente normale. Lietta Tomabuoni ani j

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