Il fulmine di Goldoni

La riscoperta del librettista La riscoperta del librettista Il fulmine di Goldoni UINDICI intermezzi, cinquantaquattro drammi giocosi, opere serie, cantate e serenate: il contributo di Carlo Goldoni alla librettistica settecentesca è tra le riscoperte più sorprendenti e raffinate nel bicentenario della morte. Parigi ha dedicato al tema un convegno internazionale. E' appena andato in scena a LAquila e Pescara // Teatro dei Musici, omaggio ai rapporti tra Goldoni e Vivaldi, Haydn, Mozart. Poco prima, alla Fenice di Venezia si era assistito alla ripresa moderna del Buovo d'Antonia di Goldoni e Giovanni Traetta. Nell'opera buffa il commediografo fissò un modello, regolando la lingua, lo stile, la drammaturgia di un genere che nella seconda metà del 700 avrebbe preso il volo, soppiantando l'aulica nobiltà dell'opera seria e gettando le premesse non solo per la grande commedia mozartiana, ma per tutto il melodramma ottocentesco. Il plurilinguismo dialettale dell'opera napoletana fu sostituito nei drammi giocosi di Goldoni da un italiano nitido, miniaturisticamente inciso in versi spiritosi, politi, scattanti, tali da porsi come modello nazionale; le arie si sciolsero dallo schema rigido delle due quartine, per offrire ai compositori forme più snelle, dove il gesto del cantanteattore poteva realizzarsi con la massima vivacità e presenza visiva; i concertati d'azione, dove i personaggi dialogano in strofette rimate, acquistarono maggiore importanza, dando modo ai musicisti di mescolare più spesso le voci nell'intreccio polifonico di vivacissime conversazioni cantate, cuore pulsante dell'opera comica e ragione massima della sua modernità. Goldoni paga all'inizio il suo tributo alla moda veneziana del dramma eroicomico: con la Lucrezia romana in Costantinopoli ( 1734), dove Lucrezia e Collatino vanno a braccetto con Albumazar, Mirmicaina e Maimut, fornisce al pubblico veneziano una sintesi carnevalesca di storia romana e turcheria moderna fusa nel pazzo crogiolo di una comicità del tutto avulsa da qualsiasi riferimento realistico. Ma è soprattutto nel genere degli intermezzi, destinati a intrattenere il pubblico del Teatro di S Samuele tra un atto e l'altro delle commedie recitate dalla compagnia dell'Imer, che Goldoni fa la sua prima vera esperienza di li brettista, ritraendo, come in pie cole miniature, scattanti figurine d'interno borghese {La bottega da caffè, 1736)o casi di vita popolare come quelli del Gondoliere Veneziano dove Bettina, «putta de campiello» e Buleghin «barcaiol de Venezia» dialogano tra malizia e tenerezza: «Bettina, lassarte / Né mai sbandonarte? / Più to sto me voggio / strazzar sto mio cuor...»; senza contare i saggi di comicità grottesca che dalla Pupilla alla Birba, dal Filosofo al Quartier Fortunato alla Favola dei tre gobbi liberano negli intermezzi di Goldoni una forza caricaturale sottolineata talvolta dalla mescolanza di linguaggi diversi, co me quell'intreccio di francese ita liano, veneziano e bolognese che insaporisce, in MonsieurPetiton, la satira del cicisbeismo esterofilo: «Son le donne come i gatt / le von esser carezza: / se a ghe fé qualche strapazz, / tiran fora quei unghiazz, / le comenza a grafignar». La mescolanza dei linguaggi è abolita nell'opera comica in tre atti che dalla Contessuta in poi as sorbì tutta la densa attività li brettistica di Goldoni. Una pri ma fase, sino al 1750 circa, è an cora vicina allo spirito satirico degli intermezzi. Bertoldo Bertoldino e Cacasenno, Arcifanfano re dei matti, Il paese della cuccagna, Il mondo alta roversa, Il mondo della luna, rappresentano l'estremo portato di quel filone popolare che dal Medioevo al Rinascimento era sfociato nella commedia dell'arte, segnando con lo scoppio di una risata positiva e rigenerante un vasto settore della cultura europea destinato a estinguersi totalmente nel Romanticismo. Poi, dopo il 1750, in lavori come La Mascherata, Il Conte Caramella, il Filosofo di Campagna o il Povero superbo, l'ambientazione del dramma e il caràttere delle vicende si fanno meno caricaturali e una vena di tenerezza, magari lievemente malinconica, seppur racchiusa nella dimensione di una coquetterie tipicamente rococò, viene ora a infiltrarsi nelle scattanti nervature del damma giocoso. Ben le rileva Baldassarre Galuppi, il «Buranello», che dei libretti di Goldoni fu il musicista ufficiale, con la secchezza e la brevità di uno stile rapido e incalzante, lontano dalla discorsività dei musicisti napoletani: musica sbarazzina, piccante, frantumata in ritmi che rifrangono, come schegge luminose, il gioco multiforme del palcoscenico. Ma il dramma giocoso goldoniano trovò la sua consacrazione europea con La buona figliuola tratta dalla Pamela, una commedia ispirata al romanzo di Samuel Richardson. Rappresentata per la prima volta nel 1757 a Parma con musica di.£gidio Romualdo Duni, l'opera passò inosservata; ma quando a Roma, nel 1760, il mirabile libretto fu investito dalla musica di Piccinni, uno dei casi artistici più memorabili di tutto il '700 musicale si diffuse, con la velocità di un fulmine, nei teatri dell'intera Europa: migliaia di fazzoletti si inzupparono dinanzi a questa commedia lacrimosa che la musica animava con un'immediatezza e commozione davvero sconosciute, mentre la tenera Cecchina, giardiniera di nobili natali, dapprima rifiutata e maltrattata, poi accolta tra le braccia del marchese della Conchiglia sullo sfondo di un paesaggio agreste di idillica poesia, di venne l'emblema di un'affetti vita che il prossimo Romantici smo avrebbe raccolto con entusiasmo e potenziato nel modo che sappiamo. Tutto, nei deliziosi libretti di Goldoni, guarda al futuro, a co minciare dai molti spunti tecnici offerti ai compositori per dare primi saggi di una vera e propria drammaturgia musicale. Cosa che Goldoni, curiosamente, disapprovava. Legato all'idea razionalistica che solo il teatro della parola, cioè la commedia, poteva rappresentare la verità, scriveva quei piccoli gioielli della librettistica settecentesca con annoiata sufficienza, solo perché «tai barzellette», come le chiamava, piacevano al pubblico e gli fornivano occasioni di guadagno. Eppure, proprio quei testi acceleravano il processo che, attraverso Piccinni, Paisiello e Cimarosa avrebbe portato a Mozart e alla possibilità di fare la commedia in musica, raggiungendo in tal modo una nuova e più alta espressione della verità: e se l'anziano scrittore avesse potuto ascoltare Le nozze di Figaro, tanto le sue idee sul melodramma che l'opinione sul proprio determinante lavoro di librettista sarebbero, con ogni probabilità, radicalmente cambiate. Paolo Gallarati Con la forza della caricatura La rivoluzione delle barzellette

Luoghi citati: Costantinopoli, Europa, Imer, Parigi, Parma, Pescara, Roma, Venezia