«Mai visti i 35 miliardi» di Fabio Martini

« « Mai visti i 35 miliardi » E Piazza del Gesù venderà tutti i beni IL CASSIERE DELLA DC ROMA I quei 35 miliardi piovuti da Ravenna alla de, in piazza del Gesù non è rimasta traccia. Emilio Rubbi, il cassiere voluto da Martinazzoli al posto di Citaristi, giura: «Serenamente posso dire: non ne so alcunché». Ma nel passaggio di consegne che le ha fatto Severino Citaristi, le avrà pur accennato all'affare Enimont, di cui si chiacchierava da anni... «Quando ci siamo visti, non se ne è parlato assolutamente. E in ogni caso confesso che se il discorso fosse caduto sull'argomento, sarei stato il primo a dire: Severino, consentimi di interromperti...». Lo ha dovuto fare? «Ma no. Non ho dovuto dir niente, perché Citaristi non ha aperto bocca al riguardo. Al minimo accenno, gli avrei detto: guarda io non so niente, non voglio saper niente, non debbo saper niente. Ognuno deve rispettare i propri compiti». Onorevole Rubbi, ma qualcosa l'avrà pur saputo dell'affare-Enimont? «Sulle accuse non posso aprire bocca, perché non ne so nulla. Enimont è una delle operazioni più tristi nella storia di questo Paese. Non sta in cielo né in terra che l'industria pubblica pensasse di poter avere maggiori responsabilità in un settore nel quale si doveva ridimensionare. Questa storia non fa onore a nessuno». Se le cose stanno come dice l'accusa, questo vuol dire che i capi della de hanno incassato 35 miliardi, un'enormità... «Se l'accusa fosse vera...». La «vecchia» de incassava strepitose tangenti e voi siete a secco: come pensate di rimediare? «Dal primo gennaio del 1994 ci mancheranno i 24 miliardi del finanziamento pubblico e dunque non c'è scelta: per la vita del partito dobbiamo mettere a disposizione il patrimonio del partito». Anche lo «storico» palazzo Sturzo? «Eh, sì, figurarsi se non sono attaccato affettivamente ad una sede così importante per la nostra storia, però dobbiamo avere l'umiltà di mettere a disposizione anche questa sede, costruita con l'apporto di tutta la provincia italiana». Ve la cavate, riunciando al patrimonio immobiliare? «No, lo stesso discorso vale per le oltre 100 automobili del partito. Abbiamo lasciato gli uffici di via delle Botteghe Oscure, ai primi di settembre penso di fare sgomberare gli uffici di palazzo Sturzo». Si sussurra che palazzo Sturzo non sia soltanto in vendita, ma che lo stiate per vendere. Vero? Rubbi sorride: «Sì, ci sono rapporti che vengono curati...». E piazza del Gesù, l'ultimo avamposto, lo abbandonate? «Quegli uffici sono in affitto e non abbiamo intenzione di lasciarli, sono così centrali...». Lei era ormai fuori dalla politica, Guido Carli aveva detto: «Rubbi è stato il mio miglior collaboratore». Ma chi glielo ha fatto fare di prendersi un incarico così rognoso? «Devo essere sincero: ho resistito prima di accettare. Dopodiché ci doveva pur essere qualcuno che si prendeva questo incarico nella speranza che gli ideali della de continuino a vivere». Dica la verità: come l'ha convinta Martinazzoli? «E' stato disarmante. Lo vedi mi ha detto - io sono qui, mi assumo le mie responsabilità in questo momento difficile. Sono quei discorsi... uno non sa come rispondere». In questi mesi si è mai trovato davanti all'offerta di una tangente? «No. Su questo con Martinazzoli c'è sintonia piena: nessuna tentazione. Chiunque la potesse immaginare la mattina, quando arriva al caffè se la deve scordare». Fabio Martini «Con Martinazzoli impossibili le tentazioni» I ;;j £mi''° Rubbi, successore di Citaristi

Luoghi citati: Ravenna, Roma