Il Comune «dimentica» l'addio a Driss di Fabio Poletti

Il Comune «dimentica» l'addio a Driss Il Comune «dimentica» l'addio a Driss Per il marocchino ucciso niente gonfaloni e autorità CERIMONIA DI SERIE B MILANO ON c'è nemmeno uno straccio di gonfalone del Comune al funerale di Driss Moussafir, marocchino di Casablanca, vita su una panchina, morte in via Palestro. Non vengono rappresentanti della giunta, autorità, qui nella piccola moschea alle porte della città, prima dei palazzoni di Berlusconi, in una stradina tra i campi dietro a un distributore. E per i «fratelli» musulmani che da piazza Duomo, per i funerali solenni delle cinque vittime, vengono qui alla loro moschea ci sono solo taxi, autobus, qualche auto privata. Funerale di serie «B» per il marocchino Driss Moussafir, salma su un carro funebre e due vigili motociclisti di scorta per il lungo tragitto attraverso la città. Eppure erano state proprio le autorità a chiedere alla comunità islamica di ritardare, fino alle 19, il rito fune- bre. «Ci saremo anche noi», promettevano. No, non c'è risentimento tra i 100 o poco più extracomunitari che alle 18, in silenzio, sullo spiazzo bianco della moschea, accolgono il loro fratello. La bara, «da noi non si usa, basta un lenzuolo» dice chi non parla solo arabo, è avvolta in un drappo verde. Ricamate in oro le parole della «shada», la professione di fede islamica: «Non c'è Dio tranne Iddio e Mohamed è il suo profeta». Con il capo rivolto alla Mecca il feretro viene appoggiato sui tappeti rossi e ricamati della moschea. E' il momento della preghiera. Scalza come chiede la religione, con un velo in testa che le copre anche le spalle e il vestito blu, raccolta in silenzio c'è pure Andreina Bertoldi di Segrate. Sta in ginocchio, con le mani giunte «alla cristiana». E prega «il Dio di tutti perché comunque lo si chiami è sempre Dio», dice. Si contano sulla punte delle dita di due mani i «milanesi» che varcano il portone della moschea. «Mi sembrava doveroso essere qui», dice la signora Bertoldi accompagnata dal marito, anche lui raccolto in preghiera. E poi aggiunge: «Stamattina sono andata a Palazzo Marino, da tutti e cinque. Poi sono venuta qui, sapevo che ci sarebbe stata meno gente». No, i milanesi senza autorità non vogliono dimenticare Driss Moussafir. I medici volontari del Naga che si occupano di extracomunitari nella camera ardente davanti alla bara di Driss Moussafir lasciano poche righe, una poesia di Ben Jelloun: «Io sono quell'altro che ha attraversato un paese su una passerella sospesa tra due sogni». In Duomo parte l'applauso quando il cardinale Martini lo ricorda. Qui, silenziosa, c'è la preghiera anche se di pochi, pochissimi. Alle sette in punto inizia il rito «ufficiale». Davanti alla moschea ci sono due bandiere di Rifondazione comunista listate a lutto e tre del Leoncavallo che girano un video con la telecamera. L'Imam Mohamed Zaiat si piega alla Mecca e inizia a pregare. I fedeli lo seguono e si genuflettono, mani al tappeto. Tra loro anche il viceconsole del Marocco e i rappresentanti della comunità. Tutto dura meno di cinque minuti, mentre gli altoparlanti sul minareto diffondono la preghiera che non si sente nemmeno a cinquanta metri, soffocata dal traffico sulla Cassanese. E' tutto finito quando arrivano il parlamentare verde Emi¬ lio Molinari e il consigliere Paolo Hutter con la cravatta nera «in rappresentanza dei 13 consiglieri comunali di sinistra». Poi aggiunge: «Ah, il Comune non ha nemmeno dato un pullman per venire qui dal Duomo? Avevamo impressione che si fossero comportati bene fino ad adesso». A braccia, portata a turno da tutti come richiede il rito, la bara torna all'obitorio di Lambrate per le ultime formalità prima del ritorno della salma in Marocco. Dice il viceconsole: «Driss Moussafir torna a Casablanca perché quello è il suo ultimo domicilio conosciuto, da lì era partito dieci anni fa per venire in Italia. Saranno le autorità del Marocco ad occuparsi della questione. Non abbiamo notizie di suoi parenti in Marocco o della famiglia di origine». Fabio Poletti Per Driss uno stendardo e la poesia di Ben Jelloun

Luoghi citati: Italia, Marocco, Mecca, Milano, Segrate