Val Germanasca, mancano acqua e soldi per gli impianti irrigui Sos per il vino di Richelieu

Val Germanasca, mancano acqua e soldi per gli impianti irrigui Val Germanasca, mancano acqua e soldi per gli impianti irrigui Sos per il vino di Richelieu A rischio il vitigno Ramìe Serve acqua per salvare il Ramìe, il grande vino di montagna gradito a Richelieu, vendemmiato sulle pendici che scendono a picco su Pomaretto, nel punto d'incontro della Val Germanasca con la Val Chisone. E' in pericolo e - dicono in valle ne va della sua sopravvivenza. «Nelle annate secche perdiamo metà del raccolto. Senz'acqua, la viticoltura di questa zona, già di per sé piena di difficoltà, rischia di ridursi ulteriormente o peggio di scomparire» afferma preoccupato Guido Ribet, assessore comunale all'Agricoltura. «Eppure per evitare il peggio certe volte basterebbe una bagnata di soccorso a metà agosto». L'allarme ha fatto accorrere tecnici ed amministratori pubblici al capezzale del principe dei vini di montagna. Comune e Comunità montana hanno elaborato un progetto: prelievo dell'acqua a monte, vasca di carico e una trentina di diramazioni. Ora servono i soldi. «Sono sopravvissute venti aziende vitivinicole a fare il Ramìe - dice Ribet - delle quali tre condotte da giovani. Praticare la viticoltura sui costoni di queste montagne è tradizione di duro lavoro; se poi, per le bizze del tempo, si perde buona parte del raccolto, è una disfatta che solo la caparbia rassegnazione del montanaro può sopportare. Ai giovani dobbiamo offrire ben altro, se vogliamo che continuino a tramandare il Ramìe. Altrimenti verrà strappata un'altra pagina di storia della valle». Sul ripido versante soleggiato della Punta Ceresa le viti sono presenti fin dal 1200.1 valligiani d'allora diboscarono i pendii, costruirono terrazzamenti da capogiro (i bari) e, do¬ ve necessario, frantumarono la roccia e la mescolarono con terra portata dal fondovalle con le gerle in spalla. Spiega Enzo Berger, tecnico viticolo: «Le radici delle viti affondano in un terreno composto all'80 per cento da pietra frantumata. Subito sotto, giusto un palmo, c'è la roccia viva. Anche per questo serve l'acqua. Stiamo tentando reimpianti con metodi innovativi, ma le barbatelle nuove senza irrigazione sono destinate a morire». Un tempo, durante la vendemmia, la popolazione dell'Alta Valle scendeva a Pomaretto, animando il piccolo centro con un viavai di carri e slitte cariche di otri. Altre botti, come vuole l'aneddotica valligiana, risalivano a dorso di mulo la Val Germanasca. Da Prali, attraverso il Col d'Abriès, il vino giungeva nel Queyras francese; di lì finiva alla Corte parigina. «Lo apprezzava il cardinal Richelieu» dicono oggi fieramente a Pomaretto, pur sapendo che il vino degli antichi avi prendeva la via di Francia solo per ragioni di gabella imposta dagli occupanti transalpini. «Il vino di Pomaretto ha per lo più una singolare particolarità: bevuto eziandio con qualche intemperanza lascia libera la testa, ma vacillano le gambe a chi ne fa uso alquanto smodato» annotò Goffredo Casalis nel «Dizionario degli Stati di S.M. il Re di Sardegna». Il Ramìe non scende mai sot- to gli 11 gradi (raggiunge anche i 14); è vino di colore rosso rubino, tannico e precoce, da lasciar riposare un annetto prima di berlo con formaggio stagionato, piatti forti di cacciagione e col civet. E' una miscela di uve Avana (30 per cento) e vecchie varietà francesi (15 per cento), oltre a Bonarda, Dolcetto e varietà labrusche che derivano da viti selvatiche. Vino da egoisti, l'hanno definito. «Se ne produce un centinaio di quintali - informa Enzo Berger -. Ci sono vigne anche oltre i mille metri. Siamo al livello di quel Blanc de Morgex et de la Salle che si vuole sia il più alto d'Europa». Angelo Taverna Comune di Pomaretto e Comunità montana pronti con un piano di emergenza Da Prali il vino giungeva nel Queyras francese. Di I) finiva alla Corte del cardinale Richelieu

Persone citate: Angelo Taverna, Blanc, Ceresa, Enzo Berger, Goffredo Casalis, Guido Ribet, Ribet