Lo stilista ieri su Raiuno: «Faccio al massimo tre vestiti belli l'anno» Versace, una tv su misura

Lo stilista ieri su Raiuno: «Faccio al massimo tre vestiti belli l'anno» Lo stilista ieri su Raiuno: «Faccio al massimo tre vestiti belli l'anno» Versace, una tv su misura «La regia deve dare l'ambiente giusto» ROMA. Versace non veniva in televisione da tre anni e ieri sera, su Raiuno, l'abbiamo visto sfilare per due ore, insieme con Karl Lagerfeld-Chanel. Come mai? La tesi accreditata è che abbia preteso di far lui la regia, tesi poi smentita, almeno nella sua versione estrema. Raiuno, cioè il capostruttura Mario Maffucci, aveva cercato di portare Versace a piazza Navona - con Armarli, Valentino, Dolce e Gabbana, Krizia, Ferré - e s'era sentito rispondere un cortese no. Era andato allora a chiedergli che cosa volesse per accettare la tv e Versace aveva risposto: «Voglio Chanel». Detto fatto, la Rai ha chiamato Chanel e s'è trovato un accordo. Costo del programma: mezzo miliardo, divi (Sting, Elton John, Tina Turner, U2) che si sono prestati gratuitamente, successo probabile (i dati d'ascolto non ci sono ancora). Anche se non ha fatto materialmente la regia, però, Versace le mani sul programma in qualche modo le ha messe. C'è stata una riunione a Milano, s'è deciso di non limitarsi a riprendere un evento in qualche bel luogo, ma di costruire uno show tutto televisivo. Si sono fatte perciò, a Parigi, due sfilate diverse, una il 17 giugno al Ritz per Versace, l'altra il 20 all'Ecole des Beaux Arts per Lagerfeld. Troupe Rai sguinzagliate dappertutto, anche nel cosiddetto backstage, cioè dietro le quinte dove è tutta una confusione di modelle seminude che si cambiano, vestiariste che le aiutano, truccatori, eccetera. I vari pezzi (sfilate, platea, materiali di repertorio) sono stati poi montati come per un programma d'informazione. Ma è interessante sentire Versace sulla storia della regia e su quella della tv, prima snobbata e poi a un tratto ammessa come tramite possibile col pubblico. Odia la tv o no? «La uso per i film e per le news, che amo molto. Vedo sempre Cnn e Mtv. Per il resto è un elettrodomestico come gli altri». Perché per tre anni se ne è stato alla larga e adesso invece ha deciso di apparire? «Me ne sono stato alla larga perché non approvo i calderoni dove si immerge di tutto, la cantante brasiliana, il tuca tuca e l'alta moda. Poi a lavorare in tv si prova disagio, si litiga sempre, ci sono un sacco di primedonne». Adesso perché s'è deciso? «Ho chiesto Chanel e me l'hanno dato. Sa che Lagerfeld mi conosce da quando ero un ragazzino di quindici anni? Andavo con mia madre a Parigi da Chanel a comprarmi i vestiti. Lui mi considera sempre un bambino. Nel faccia a faccia di ieri sera io non ho detto una parola e lui mi ha fatto nero. Adorabile. Stavo al Ritz per una civetteria, Chanel abitava sempre al Ritz». E' vero che ha detto la sua in cabina di regia? «Ma no. Sono intervenuto con molta leggerezza. Il regista Sergio Saleri ha fatto il suo lavoro come ha voluto». Che tipo di interventi? «Ma intanto perché ci fosse l'ambiente giusto. Se fai vedere dei jeans, bisogna che l'atmosfera sia da jeans. Se fai vedere degli abiti da sposa, atmosfera da abiti da sposa. Non come in certi programmi dove tutto si mescola e non si capisce più niente». Poi? «Poi le donne. Ho raccomandato di valorizzare le donne che portavano gli abiti, più degli stessi abiti. Ho sempre pensato che la donna viene prima di tutto. Non è un caso che le donne scoperte da me siano poi diventate le preferite di tanti altri stilisti». Altro? «Beh, la mitizzazione. A questo io sono contrario: non bisogna mitizzare la moda». No? Non si sente un artista? «Ma di che?». La moda non è una delle manifestazioni dell'arte moderna? «Ah, può darsi. Chi sa. Io sto molto attento. Cerco di rappresentare il tempo in cui viviamo». Il tempo in cui viviamo è adatto all'alta moda? «Direi di sì, visto che, se chiudo, 70 persone perdono il posto di lavoro. E poi la moda è una cosa bella, che tiene viva la speranza. Il senso dell'alta moda è quello di un artigianato di altissima qualità, che non deve essere perso perché è patrimonio comune. Come per certi mestieri antichi, certi artigiani stuccatori: se vanno perduti diminuisce la no¬ stra qualità complessiva e, con essa, la nostra speranza». Non sono abiti troppo ricchi per un Paese che s'avvia a diventare povero? «L'abito da sposa per il matrimonio degli Asburgo, l'abito per il matrimonio di Sting costavano 150 milioni. Dopo che si son visti, sono arrivate decine di ordinazioni da tutto il mondo». E gli abiti di ieri sera quanto costavano? «Non tanto». Il più caro? «Il pullover lungo bianco che ha sfilato per ultimo. Sui 15 milioni. Ma quello di Linda Evangelista, per esempio, sui 5-6. Ha visto che bello il gesto con cui ha buttato il mazzo di fiori a Kyle McLogan?». Gesto di regia sua? «No, un'invenzione di Linda. Dopo è corsa da me, tutta spaventata: "Gianni, che cosa ho fatto, perdonami, ma m'è venuto così". Io ho risposto: ma no cara, hai fatto benissimo, spontaneo. Poi lei ha detto: "Se me lo sposo, quest'abito te lo compro". E io ho detto: "Ma se te lo sposi, amore, te lo regalo!"». Quanti abiti ha fatto sfilare ieri sera? «65. Troppi. Mi si vede a un certo punto in camera, al Ritz, che dico: "Basta! Son stufo!". La Rai voleva tagliare, io ho detto: no, lasciatelo, che si veda quanto è faticoso. Le troupes della Rai mi venivano dietro fino in camera mia. E' che proprio in quel momento stavo pensando che forse 65 abiti erano troppi. Se ne potevano togliere 2-3». Abiti tutti belli? «Ah, amico mio, di abiti davvero belli io ne faccio al massimo tre all'anno». Soltanto? «Chanel ne fece uno solo in tutta la vita. E ancora se ne parla». Giorgio Dell'Arti Gianni Versace, protagonista ieri della serata televisiva di moda su Raiuno, e Milly Carlucci, presentatrice-guida nel viaggio intorno a Chanel, Lagerfìeld e lo stilista italiano

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