«lo, crumiro per necessità»

«lo, crumiro per necessità» «lo, crumiro per necessità» «Mi dicevano: se non vai tu parte un altro» IN VIAGGIO CON IL BISONTI LVERONA A prima cosa che ha fatto Bruno quando ha aperto gli occhi ieri mattina è stata quella di avvicinarsi alla finestra per vedere se c'era la macchina di Soave, come per cercare un complice o una conferma. Era ancora lì sotto, vicino al marciapiede, accanto alla sua. Pure lui non era partito. Alla radio ripetevano che lo sciopero dei Tir non era finito, che c'erano stati incidenti, che oggi si sarebbero incontrati di nuovo sindacati e governo. Soave è un padroncino, ha il suo camion Fiat che vale quasi duecento milioni, mentre Bruno Cecciniello, 47 anni, da Avellino, sposato con tre figli, guida i camion della ditta, la Sitap, da quando è venuto a Verona, tre anni fa. In questo sciopero sono colleghi, Bruno e Soave. Al radiogiornale continuavano a raccontare di sassaiole, posti di blocco. «Dopo una lunga riunione protrattasi fino a tarda sera, il ministro Costa ha convocato nuovamente le parti...» Bene, anche oggi non si lavora, ha pensato Bruno. Ieri mattina, s'era messo la camicia e il caffé l'aveva preso parlando con Maria, seduti al tavolo della cucina, con le finestre aperte sul balcone, mentre il bimbo più piccolo continuava a dormire. La camicia, un camionista la mette solo quando non lavora, e il caffé se lo beve dal thermos, tenendo il volante con una mano. Il caffé bisogna saperlo fare. Dev'essere stretto e cremoso. «E' vero, Mari?» Quando non si va in giro a spaccarsi la schiena sui Tir, un buon caffé è come un regalo, ti salva la giornata. Bruno Cecciniello, ieri non doveva lavorare. E quando a mezzogiorno è suonato il telefono e gli hanno detto che doveva partire, ci è rimasto un po' così. «Devi uscire», gli diceva quello della ditta. «Ma c'è lo sciopero. E' già finito?». E l'altro: «No, ma devi andare lo stesso. Se non vai tu, va un altro». «E se finisco in un posto di blocco, se trovo quelli che lanciano i sassi?». «Lasci il Tir e torni indietro. Ci assumiamo la responsabilità, stai tranquillo». Per lui, lo sciopero è finito poco prima di mezzogiorno. La giornata di Bruno è cominciata così. S'è tolto la camicia e s'è messo la maglietta rossa, un paio di bermuda beige, calzini celesti e scarpe traforate. Quando è sceso, è passato davanti alla macchina di Soave, sempre ferma, accanto al marciapiede: certo, i padroncini possono dire di no. Ieri, era rimasto tutto il tempo nel cortile dell'azienda con i colleghi, ad aspettare notizie da Roma, e aveva sentito che a qualcuno di quelli che erano usciti gli avevano bucato le gomme. Cambiare una ruota del Tir costa ottocentomila lire, un milione. Un bel rischio per chi deve sborsare di tasca sua. Farà bene, Soave, a starsene buono. Sul piazzale della Sitap, adesso c'è solo Mario, appoggiato al cassone di un camion. «Gli altri sono rimasti a casa», gli dice e non capisce bene se c'è un'aria di rimprovero in quelle parole. Il suo Tir era già pronto, lavato e pulito, tutto a posto. Mercedes 33, targato Padova, azzurro, con tre specchietti retrovisore per parte, la radio, il baracchino del Cb, due posti e la cuccetta. Valore, 300 milioni. A Bruno, non deve bastare una vita per fare tutti quei soldi. Dei 19 camion, solo due sono usciti. Il suo e quello di Mario. Bruno passa all'Autogerma e fa il carico di Volkswagen. Deve andare a Piacenza, dalla concessionaria Lodigiani, sta scritto sulla bolla. Ma basta mettere il naso fuori sulle strade per capire che non è una giornata come le altre, basta girare per le strade di Verona davanti alle code ai benzinai, guardare le macchine che restano in panne, i turisti in calzoncini e cannotttiera che non sanno dove andare, che fare. Molti distributori sono chiusi, anche se lo sciopero è appena cominciato, e alla radio raccontano che vicino a Siena, sull'Autosole, hanno lanciato sassi con le leve piazzate su un viadotto. E poi, di nuovo, lungo la strada, altre pompe chiuse, mentre cominciano a vedersi i primi Tir in giro. Non è da solo, Bruno. Alla dogana fa abbastanza in fretta, e alle 13 è già in viaggio. Paura? «Qui, è questione di perdere il posto di lavoro. L'autogerma dice dovete andare, se non andate voi va un altro». Il segreto è evitare i punti pericolosi. I ponti e i viadotti, perché ti tirano le pietre. I caselli importanti delle grandi autostrade, perché lì fanno i posti di blocco. E poi, bisogna attaccarsi al Cb, e chiedere ogni tanto se c'è pericolo. Mario è davanti e lo rincuora: «Tutto bene, vieni tranquillo». Eppure a guardarsi intorno, non sembra uno sciopero molto riuscito: «Secondo me, il 20 per cento dei camionisti è in viaggio», dice Bruno. «Comunque, abbiamo le nostre buone ragioni per protestare. Il lavoro diminuisce, il gasolio aumenta. Che fine facciamo noi?» Alle 15, è a Piacenza. «Lo sciopero continua, non è stato ancora revocato», gli sussurra un collega. Non importa. Altro giro, gli dicono. Deve andare ad Arena Po, alla Zùst Ambrosetti, caricare altre macchine e tornare a Verona. Si riparte. A Piacenza, c'è Oscar Antoniazzi, 30 anni, padroncino, con il suo Fiat 160 rosso e bianco. E' partito da Broni, è andato a Piacenza e a Brescia a portare le paste, e torna indietro. «A Brescia, inseguivano con le macchine i camion e li fermavano», racconta. «Se non ci riuscivano tiravano i sassi». Ogni tanto anche dal Cb arrivano notizie di incidenti. Ma Bruno non si dispera. «Sono stato in Francia e in Slovenia, e lì ti bloccano. Questo è uno sciopero civile, bisogna ammetterlo». Può darsi. A Narni, però, vicino a Terni, annuncia la radio, ha dovuto intervenire la polizia per sedare una rissa fra camionisti, e altri incidenti sono stati segnalati dovunque, e «il collega Zopegni è arrivato dalle Marche con il parabrezza rotto», informa la voce del cb. Che importa. Bruno tira diritto. Sopra il Mercedes, quest'autostrada sembra un posto pieno di formiche. Sono tutte piccole, le macchine. Sono quasi le 17, quando arriva ad Arena Po, sul grande spiazzo della Zùst Ambrosetti. Ci sono altri camion fermi sotto il sole. Il suo bestione lo lascia in mezzo, un po' sghembo, come se stesse facendo una curva. «Lo sciopero è finito», sorridono le segretarie. Mario Scardi, il responsabile operativo, dice che tutti i camion hanno fatto la consegna e che tutti quelli a cui abbiamo chiesto di lavorare hanno lavorato. «Su 50, ne sono partiti trenta». E' stato uno sciopero così. E a vederlo adesso, fermo sotto il sole, quel bestione del Mercedes fa persino un po' di tenerezza, con le ruote doppie e gli specchietti grandi come un mezzo uomo. Ha ragione Bruno, che se ne esce dall'ufficio con i suoi Bermuda e i calzini celesti: «Qui è in ballo il lavoro, non ci sono più crumiri». Ecco, si riparte. E' ancora lungo il viaggio per Verona. Pierangelo Sapegno «Paura? No, difendo il posto di lavoro Ma basta evitare i punti caldi e soprattutto i ponti perché da sopra lanciano pietre» o o e i i a » ai di i e e L'accordo siglato ieri dà via libera ai Tir e, dopo l'assalto alle pompe di benzina dei giorni scorsi, i rifornimenti di carburante torneranno a svolgersi regolarmente

Persone citate: Ambrosetti, Bruno Cecciniello, Lodigiani, Mario Scardi, Oscar Antoniazzi, Pierangelo Sapegno, Soave