In California il paziente può rifiutare cibo e cure: un passo oltre l'eutanasia Il giudice autorizza a lasciarsi morire di Ferdinando Camon

In California il paziente può rifiutare cibo e cure: un passo oltre l'eutanasia In California il paziente può rifiutare cibo e cure: un passo oltre l'eutanasia Il giudice autorizza a lasciarsi morire WASHINGTON. Un individuo adulto e capace di intendere e volere ha il diritto di rifiutare cibo e assistenza medica necessari per la sopravvivenza. Lo ha stabilito la Corte Suprema della California. La massima autorità giudiziaria del più ricco Stato americano ha emesso una sentenza che di fatto sembra spianare la strada alla legalizzazione dell'eutanasia, anche se i giudici hanno sottolineato che la delibera si riferisce al diritto di morire di un individuo sano, e non al suicidio assistito di un malato. Il caso preso in esame si riferisce infatti a un carcerato quadriplegico che aveva rifiutato le cure. Il ministro della Giustizia della California aveva inizialmente sentenziato che lasciar morire il giovane Howard Andrews sarebbe stata una forma di «suicidio assistito». Ma il giovane quadriplegico è nel pieno delle facoltà mentali e, come tale, ha il diritto di decidere del proprio destino. [Ansa] LA Suprema Corte dello Stato di California ha stabilito che ogni uomo ha il diritto innato di decidere se accettare la vita o darsi la morte. E' l'estremo passo verso il deprezzamento della vita: non più il coma irreversibile o la malattia inguaribile può indurre la legge a giustificare chi si rifugia nella morte e chi lo aiuta, ma la vita stessa può essere peggiore della morte, e chi sceglie la morte compie una scelta che la legge non condanna più. Il caso su cui discuteva la Corte americana era quello di un uomo senza malattie dolorose o mortali, che improvvisamente ha deciso di non nutrirsi e non curarsi: esaminando la richiesta dei medici, se si doveva nutrirlo con la forza, la Corte ha risposto di no: non esiste l'obbligo di nutrire chi, adulto e in grado di ragionare, ha deciso di lasciarsi andare. Siamo immensamente oltre ogni forma di eutanasia passiva o attiva, che segnala una sconfitta della scienza prima che della morale: ogni forma di eutanasia ha sempre implicita l'idea della «morte dolce» al posto della «morte dolorosa»: l'alternativa è tra farla finita adesso o mantenere una vita che è soltanto incoscienza, lamento e delirio. Il medico che ha praticato, il parente che ha chiesto, il tribunale che ha approvato, in America e in Europa (in Olanda soprattutto), l'eutanasia, l'ha sempre collegata alla dignità della vita: la vita incosciente e senza speranza è indignitosa, l'uomo può sentirsene umiliato e rifiutarla, per non lasciare di sé un ricordo disturbante o repellente. Il voler morire può essere un atto di rispetto di sé e di amore per i familiari. Ma qui, col diritto innato a uccidersi, non siamo di fronte al rifiuto della morte indignitosa, ma all'affermazione di un'intrinseca «indegnità della vita»: anche la vita nonmorente, la vita non-malata può esser giustp gettarla via. In Olanda tre mesi fa una malata psichica di cinquant'anni ha ingoiato venti pasticche e si è spenta, ascoltando Bach, in compagnia del suo medico: è stato il primo caso di suicidio assistito. Aveva le sue ragioni, il medico le aveva valutate: anche il medico si è arreso con lei: incapace di darle una buona vita, le ha dato una buona morte. Ma qui siamo oltre: è la discussione sulla qualità della vita che si salta completamente. La vita e la morte sono confrontate di per sé, come condizioni neutre, e la seconda può essere preferibile alla prima: la vita, che un tempo era sacra, che poi rimase un valore, è diventata una tortura. Lo ammette la legge. Ferdinando Camon

Persone citate: Bach, Howard Andrews

Luoghi citati: America, California, Europa, Olanda, Washington