Goria e Ligresti rinviati a giudizio
Goria e Ligresti rinviati a giudizio Goria e Ligresti rinviati a giudizio «Presero mazzette sui lavori all'ospedale di Asti» TORINO. L'ex presidente del Consiglio Giovanni Goria, il costruttore Salvatore Ligresti, parlamentari de e psi, ex assessori regionali e provinciali, imprenditori e amministratori di Usi: sono i personaggi eccellenti per cui il pm Vittorio Corsi, titolare dell'inchiesta sull'ospedale di Asti, ha chiesto il rinvio a giudizio. Un appalto da 230 miliardi su cui sarebbero state promesse tangenti per oltre 7 miliardi. La gara fu vinta dalla cordata Borini-Cogefar, ma tutto fu bloccato dall'inchiesta, e il nuovo ospedale è ancora da costruire. Tredici le richieste di rinvio a giudizio avanzate ieri dal magistrato per altrettanti indagati, tra i quali Goria (corruzione e abuso), l'ex assessore regionale socialista alla Sanità Eugenio Maccari (corruzione), Salvatore Ligresti (corruzione e abuso). Per tre parlamentari, il socialista Giusi La Ganga, il de Vito Bonsignore e l'ex segretario amministrativo della de Severino Citaristi, il pm Corsi ha disposto la stralcio in attesa delle autorizzazioni a procedere. Stando alle conclusioni del pubblico ministero, per aggiudicarsi l'appalto si scatenarono le manovre di due gruppi di imprese: Borirli, Cogefar, Recchi, Ruscalla e Ccc (Compagnia costruttori) da una parte, e dall'altra Vianini, Lodigiani e la Grassetto di Ligresti. Nella cordata di Borini l'accordo per pilotare la gara sarebbe stato opera soltanto del costruttore Marco Borini (è quindi caduta l'accusa nei confronti di Claudio Recchi, dell'allora amministratore delegato della Cogefar Impresit Enzo Papi e di Pier Paolo Ruscalla). I capi di imputazione che riguardano Borini parlano di corruzione e concorso in abuso in atti d'ufficio: avrebbe promesso una tangente di 3 miliardi alla de e altri 3 miliardi al psi. Il costruttore ha ammesso di essersi recato a Roma assieme a Eugenio Maccari nell'ufficio dell'on. Vincenzo Balzamo. All'incontro era presente Vittorio Valenza collaboratore di Balzamo. La tangente sarebbe stata destinata a La Ganga. Ma Borini ha anche detto di essersi recato nell'ufficio di Citaristi, per concordare la tangente destinata alla de. Alla manovra di Borini rispose l'altra cordata in lizza, la Grassetto, che decise di scendere in campo con l'offerta di una tangente di sei miliardi fatta dall'amministratore dell'impresa Filippo Milone all'architetto Antonio Savoino, membro della commissione aggiudicatrice e grande manovratore degli appalti della sanità in Piemonte. Per pilotare l'appalto a proprio favore, la Grassetto si sarebbe rivolta alla corrente andreottiana rappresen¬ tata dall'allora vicepresidente della Provincia Ezio Astore, e da Aldo Genta, uomo di fiducia di Vito Bonsignore, leader degli andreottiani in Piemonte. I due esponenti della de avrebbero preteso il versamento di circa un miliardo e mezzo, poi ridotto a un miliardo. Sono accusati di concussione, la stessa imputazione rivolta a Bonsignore. L'affare del nuovo ospedale venne trattato non solo a Roma, ma anche ad Asti. Secondo il pm Corsi, un ruolo decisivo avrebbe avuto Goria: il costruttore Borini sarebbe stato indirizzato a Citaristi da Goria, ma l'ex presidente del Consiglio avrebbe anche esercitato pressioni su Bianca Dessimone, presidente del comitato di gestione dell'Usi di Asti e suo braccio destro. Ieri Goria ha dichiarato: «Non riesco a capire quale sarebbe stata la mia eventuale colpa. Non ho avuto nessuna parte nella gara per la costruzione dell'ospedale, né ho influito sulla gara». Claudio Cerasuolo Brunella Giovata L'ex presidente del Consiglio Giovanni Goria
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