La scrittrice: Teatro dell'Assurdo contro la follia della guerra Sontag, Godot tra le bombe di Mario Ciriello

La scrittrice: Teatro dell'Assurdo contro la follia della guerra La scrittrice: Teatro dell'Assurdo contro la follia della guerra Sontag, Godot tra le bombe «Perchéporto Beckett a Sarajevo» tbtION succede spesso che ^ un intellettuale puro ri■ seni la vita per portare Il un messaggio letterario A_lled umano, per asciugare le lacrime con l'Arte. Ecco perché la notizia di Susan Sontag a Sarajevo è sfrecciata per il mondo, una notizia accolta prima con incredulità e accettata soltanto dopo l'incontro della scrittrice americana con pochi giornalisti. Cosa fa Susan Sontag, una signora di sessant'anni, nella martoriata capitale bosniaca, una città dove temono di avventurarsi ormai anche gli uomini delle Nazioni Unite? Fa la regista, mette in scena En attendant Godot di Beckett, una scelta che, fortuita o no, ben s'addice alla Bosnia, trasformata da un conflitto atroce in un vero «Teatro dell'Assurdo». Se gli attori sopravvivono... Se gli attori e Susan Sontag sopravviveranno ai sempre più brutali bombardamenti (in un solo giorno, sono piovute 3500 granate d'artiglieria), se la sala, già danneggiata, del «Teatro della Gioventù» in via Maresciallo Tito, resisterà alla bufera di ferro e di fuoco, il sipario si alzerà il 15 agosto. La scena sarà illuminata dalle candele, l'elettricità è già un ricordo; le recite si terranno tutte di mattina o nel primo pomeriggio, nessuno esce più di sera a Sarajevo; e soltanto 125 persone potranno assistere ad ogni rappresentazione. Siederanno tutte sul palcoscenico, per evitare un massacro qualora un proiettile facesse crollare il tetto sulla platea. Susan Sontag - che anni fa un critico definì La belle dame sans merci dell'intelligencija internazionale - ammette che l'idea di questa «missione» non è sua. E racconta: «Mio figlio, David Rieff, un giornalista di quarant'anni, sta scrivendo un libro sulla Bosnia e viene qui spesso. Ma, fra un viaggio e l'altro, quando tornava a New York, si accorgeva che nessuno, neppure i suoi amici più cari, gli prestava attenzione per più di dieci minuti. E così io divenni il suo pubblico, lo ascoltai per ore e ore. Finalmente, un giorno, disse: "Sai, mamma, la gente di Sarajevo sarebbe contenta di vederti". Partii ed eccomi qui». Arrivò la prima volta in maggio, poi tornò, tre-quattro volte. Più il conflitto s'inaspriva, più crescevano i pericoli e le sofferenze, più Susan Sontag sentiva il dovere di fare «qualcosa». «Pensai anzitutto a un film, ma rinunciai all'idea, perché sarebbe stato principalmente un film per stranieri. Non avrebbe detto nulla di nuovo ai cittadini di Sarajevo, che ben conoscono la loro tragedia. Decisi allora di fare del teatro, di offrire, come direbbe un industriale, un prodotto locale per consumo locale». E poi: «L'importante era agire. So che si soffre e si muore in molti angoli del pianeta, ma questi uomini e queste donne sono europei. Appartengono alla mia cultura. «Perché ho scelto quest'opera? Mi sembra inutile spiegarlo. Sono sicura che tutti gli spettatori capiranno perfettamente che la guerra li ha imprigionati in una situazione alla Godot». Susan Sontag si è presa qualche licenza con il testo, lo ha «aggiornato»: «Beckett pensava ancora all'antica: era persuaso che i personaggi, per essere rappresentativi, dovessero essere uomini». A Sarajevo, i barboni che attendono il misterioso Godot non saranno soltanto due, Estragon e Vladimir, ma diverranno sei, per far posto a una presenza femminile. La scrittrice, che è anche acutissima critica teatrale, delucida: «Farò apparire sulla scena tre coppie Vladimir-Estragon. Una coppia donna-donna; una coppia donna-uomo; ed una uomo-uomo». Con il giubbotto antiproiettile La terra trema, mentre Susan Sontag dirige le prove, nella penombra, a lume di candela, in uno scantinato sotto il teatro. L'intellettuale americana, in giubbotto antiproiettile, ha sete, ma non c'è acqua. Non parla serbo-croato, si serve di interpreti, ma, sicura di sé, è convinta che, fra due settimane al massimo, sarà in grado di conoscere e capire il testo serbo-croato dell'opera. Questo testo non è ancora completo, il traduttore ha appena finito il primo atto, c'è un'unica copia e nessuno sa dove trovare una fotocopatrice «in vita» nella zona del teatro. Susan Sontag ha con sé il figlio e, collaboratrice preziosissima, la fotografa Annie Liebowitz, di Vanity Fair. La Liebowitz è riuscita a procurarsi un veicolo blindato ed è su questo mezzo che la Sontag riesce a raggiungere ogni giorno il teatro. Ma la fotografa partirà fra una settimana, prima della première, e non v'è certezza che la Sontag possa continuare a servirsi della robusta vettura. Gli attori arrivano al teatro a piedi e la quasi impossibilità di trovare cibo e bevande durante le prove ne acuisce il nervosismo. Alcuni si lamentano che la regista americana li fa lavorare troppo. Sotto il vecchio, pigro sistema comunista, lavoravano soltanto quattro ore al giorno; la «capitalista» Sontag ne esige almeno otto. Lo spettacolo sarà gratuito, l'ingresso libero. Fino a quando continueranno le repliche? Non c'è limite. «Godot andrà in scena ogni giorno fino a quando continuerà la richiesta». C'è qualcosa di bizzarro in questo capolavoro del «Teatro dell'Assurdo», che, diretto da una sacerdotessa del radicalchic di Manhattan, emerge adesso dalle rovine di Sarajevo. Alcuni abitanti sorridono, scrollano le spalle, sono indifferenti. Ma i più apprezzano il gesto. Per due motivi. Perché questa «donna famosa» condivide le loro pene e i loro rischi. E perché dà loro l'illusione che l'Occidente non li ha dimenticati. Mario Ciriello «Quella gente capirà: è imprigionata in una situazione simile alla pièce» La sacerdotessa dei radical-chic di Manhattan prova a lume di candela in uno scantinato. Il debutto a Ferragosto La scrittrice: TeatSontag, «PerchépperpalmNonnuochegedteaun calpoiSo moquesonalla«ra?lo. spemei Un'immagine della guerra a Sarajevo, capitale della Bosnia. La Sontag vuole dimostrare che l'Occidente non ha dimenticato la tragedia dell'ex Jugoslavia. Sotto, Samuel Beckett