Secondo giorno di raid israeliani contro hezbollah, migliaia in fuga dai villaggi sciiti «Fuori dal Sud Libano, bombardiamo» di Aldo Baquis

Secondo giorno di raid israeliani contro hezbollah, migliaia in fuga dai villaggi sciiti Secondo giorno di raid israeliani contro hezbollah, migliaia in fuga dai villaggi sciiti «Fuori dal Sud Libano, bombardiamo» Il premier Rabin: gli attacchi continueranno ancora Una pioggia di razzi sulla Galilea, quattro morti TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO L'operazione «Resa dei conti» questo il codice di sapore biblico scelto da Israele per indicare l'offensiva scatenata domenica contro gli sciiti dell'«Hezbollah», il Partito di Dio - è proseguita ieri in tutto il territorio libanese, senza che finora si intraveda una soluzione politica in grado di mettere fine ai combattimenti. Ieri il premier israeliano Yitzhak Rabin ha accennato alla possibilità che l'operazione abbia una durata di alcuni giorni, e un suo ministro ha auspicato un intervento diplomatico Usa che consenta di cessare il fuoco. Ma il segretario di Stato, Warren Christopher, che dovrebbe giungere nella regione il 31 luglio per rilanciare i negoziati di pace, ha già lasciato intendere che dovrà posporre il suo arrivo se gli scontri non termineranno nel frattempo. Il segretario generale dell'Orni Boutros Ghali, intanto, ha condannato sia le incursioni israeliane che gli attacchi contro lo Stato ebraico. A Damasco, si temporeggia. Dieci giorni fa, il ministro degli Esteri Faruk A-Shara aveva dichiarato che un attacco israeliano al Libano equivaleva a un attacco alla Siria. A un giorno e mezzo dall'inizio delle ostilità, non si ha notizia di spostamenti di truppe siriane, né di una diversa disposizione dei 35 mila soldati siriani in Libano. Mentre il bilancio delle vittime si allunga (una quarantina di morti, tra libanesi, palestinesi e siriani, ai quali vanno aggiunti due civili e due militari israeliani) nel Libano del Sud è in corso un esodo. Gli abitanti di una trentina di villaggi sciiti sono stati costretti ad abbandonare le loro case dopo che una stazione radio li aveva preavvertiti dell'imminenza di bombardamenti israeliani su postazioni «hezbollah». Poco dopo su quei villaggi si è abbattuta una pioggia di fuoco: oltre 800 proiettili di artiglieria, secondo una stima della tv israeliana. In serata, un analogo monito è stato lanciato agli abitanti di Nabatye, la capitale sciita del Libano meridionale: si sono viste lunghe colonne di auto dirigersi a Nord, verso Sidone, Jezzine e Beirut. Una volta che i villaggi sciiti si saranno svuotati, non è escluso che intervenga la fanteria israeliana per far saltare le fortificazioni degli «hezbollah». «L'esodo forzato della popolazione civile - secondo l'analista militare Zeev Shiff - è uno degli strumenti che Israele usa per sospingere il governo di Beirut verso un confronto con gli "hezbollah"». Oltre un anno fa, l'esercito libanese aveva disarmato le milizie etniche del Paese, ma non gli «hezbollah». «Adesso deve completare l'opera - ha detto il capo di Stato Maggiore, Ehud Barak se non vuole che siamo noi a compiere il lavoro». In cinque raid, l'aviazione israeliana ha bombardato ieri obiettivi della guerriglia sciita e palestinese, da Tripoli a Tiro e Sidone, a Mashghara, nella valle della Bekaa. I guerriglieri hanno risposto al fuoco con sette raffiche «Katyusha», che hanno obbligato gli oltre 100 mila israeliani dell'Alta Galilea a passare un'altra giornata nei rifugi. Ieri sera, in Galilea, si respirava aria di guerra. L'eco dei cannoneggiamenti era percettibile in tutte le località di confine e colonne di cingolati attraversavano strade senza passanti. A Tel Aviv, fonti militari hanno spiegato che la neutralizzazione degli «hezbollah» è un obiettivo che richiede un'operazione lunga e decisa. La Siria, hanno aggiunto, deve decidere se preferisce proseguire nelle trattative di pace o continuare a lasciare piena libertà di manovra a chi, come «hezbollah» e palestinesi radicali, denunciano i negoziati con lo Stato ebraico. Ieri intanto, a Baalbek, il leader sciita Hassan Nasrallah ha annunciato che «la resistenza contro il nemico sionista continuerà, senza linee rosse». Il Partito di Dio non ammette ingerenze, né del governo libanese di Rafie Hariri né siriane. Aldo Baquis Ghali chiede un cessate il fuoco e Christopher minaccia di rimandare la sua missione di pace in Medio Oriente Sopra, Rabin Una ragazza israeliana abbandona la propria casa bombardata

Persone citate: Boutros Ghali, Ehud Barak, Faruk, Hariri, Hassan Nasrallah, Rabin, Warren Christopher, Yitzhak Rabin, Zeev