Nuove rivelazioni dall'inchiesta sul fallito accordo Eni-Montedison Garofano: 100 miliardi ai big di Susanna Marzolla

Nuove rivelazioni dall'inchiesta sul fallito accordo Eni-Montedison Nuove rivelazioni dall'inchiesta sul fallito accordo Eni-Montedison Garofano: 100 miliardi ai big «DalVEnimont mazzette ai massimi esponenti dei partiti di governo» MILANO. «Montcdison, Enimont? Ormai sappiamo quasi tutto»: sembra ci sia soddisfazione in procura per come sta andando l'inchiesta. Si procede a ritmo serrato: ieri quattro ore di interrogatorio per Giuseppe Garofano, ancora di più per Carlo Sama. Oggi si ricomincia per tutti e due: se si manterranno le previsioni, è possibile che questo filone di indagine possa già concludersi entro la settimana. «Proseguire con la massima celerità»: era questa l'intenzione espressa dal procuratore capo Borrelli subito dopo la morte di Gardini. E così è stato. Solo un ostacolo sembra essersi frapposto nell'affannosa ricerca degli elementi di prova: la scelta di Sergio Cusani. Il finanziere di area socialista, consulente dei Ferruzzi, avrebbe infatti tenuto un atteggiamento «oppositivo» durante gli interrogatori. Da questa definizione della procura, e dalle dichiarazioni del suo legale pare proprio che si sia avvalso della facoltà di non rispondere, almeno ieri davanti al pm Francesco Greco. «L'interrogatorio è durato pochi minuti - dice l'avvocato Plastina - del resto Cusani è accusato solo di falso in bilancio, un reato che riteniamo con configurabile giuridicamente: non aveva infatti alcuna carica nella Montedison». Quello di Cusani, trasferito per decisione della procura da Opera a San Vittore, sembra comunque un atteggiamento isolato. Si sa poco o nulla, è vero, di quanto sta dicendo Carlo Sama, però il suo interrogatorio non è durato «pochi minuti». Ieri ò stato sentito alla presenza del gip, Italo Ghitti, che è entrato nel carcere di Opera alle 10,45 e ne è uscito poco dopo le sette di sera. Ancora mezz'ora e hanno lasciato il carcere i suoi legali, il pm Antonio Di Pietro e anche Lorenzo Panzavolta. Il manager della Calcestruzzi era stato nuovamente convocato per fornire alcuni «chiarimenti» su quanto aveva dichiarato Pino Berlini, l'uomo dei Ferruzzi in Svizzera. Mentre Di Pietro e Ghitti sentivano Sama, l'altro pm, Greco, conduceva un nuovo interrogatorio di Garofano, il sesto. Secondo il suo legale, Luca Mucci, oggetto delle domande sono stati i «rapporti interni» nella Montedison. Niente Enimont? «Questo è un argomento - spiega il legale che segue abitualmente Di Pietro. Riteniamo che con il prossimo interrogatorio (oggi, ndr) anche questa questione possa essere conclusa. Del resto Garofano non è un criminale, non è un collettore di tangenti e non vedo cosa possa dire ancora». Davvero non sa nulla delle tangenti pagate per Enimont? «Sa solo che di queste uscite extra bilancio beneficiavano i massimi esponenti dei partiti di governo. Lui però non ha mai contattato i politici, non ha mai avuto rapporti con loro». Quindi non ha fatto nomi? «No», risponde Mucci. Però ha detto «massimi esponenti»... «E'.una conseguenza logica delle cifre di cui si parla. Non possono mica essere finite al Prada (esponente lombardo della de, ndr) di turno». Ma quali sono queste cifre, davvero 280 miliardi? «Escludo - dice Mucci - che per l'affare Enimont sia stata pagata una tangente del dieci per cento» (2805 miliardi era infatti la quota intascata dai Ferruzzi dopo il «divorzio» dall'Eni). Anche in procura definiscono 280 miliardi una cifra «senza fondamento». Da dove viene fuori, allora, una somma del genere? La si ottiene sommando i cento miliardi ricavati dalle operazioni immobiliari affidate a Cusani - questi sì finiti tutti, o quasi, in tangenti ai partiti con 180 miliardi che sarebbero venuti fuori dalle acrobazie finanziarie condotte da Berlini. Soldi invece utilizzati dai Ferruzzi e da Gardini per acquistare società come Rochette, Elosua, Heracles, Sci. E non sareb¬ bero tangenti nemmeno 35 miliardi (di questi 180) pagati a Cusani, perché il finanziere li avrebbe poi restituiti. «Solo» cento miliardi ai «partiti di governo», quindi. A cui vanno sicuramente ad aggiungersi dieci miliardi: usciti fuori dall'acquisto del 20 per cento di azioni Enimont dei soci-amici di Montedison, tramite un «giochetto» sulle date di valuta. A questa complessa vicenda si sta (ri)interessando la procura di Roma, che ieri ha chiesto di vedere alcune carte. L'inchiesta Enimont era partita nella capitale, poi era stata trasmessa a Milano per competenza. Ma a Roma è rimasta l'inda¬ gine sulla misteriosa fine di Sergio Castellari, l'ex direttore delle Partecipazioni statali. Era stato Borrelli a parlare di un'inchiesta segnata da «un triplice segnale di morte»: Cagliari, Gardini e, appunto, Castellari. Adesso da Roma chiedono di vedere «eventuali documenti» raccolti dai magistrati milanesi che possano riguardare la vicenda Castellari. Non solo: la procura romana vuol sentire anche il deputato Pappalardo che aveva chiesto di riesumare il corpo di Franco Piga, insinuando dubbi sulla sua morte per infarto. Susanna Marzolla Anche Carlo Sama collabora coi giudici mentre Cusani finanziere Ferruzzi per ora non risponde L'ex presidente Montedison Giuseppe Garofano (a destra) è stato interrogato per ore nel carcere di Opera dal pm Francesco Greco Lungo interrogatorieri anche pCarlo Sama lato). Sotto, sostituto procuratore Antonio Di Pietro

Luoghi citati: Cagliari, Milano, Roma, Svizzera