Vertice al Quirinale con Napolitano e Spadolini. «Deve essere varata entro il 6 agosto» Scalfaro: riforma elettorale subito

Vertice al Quirinale con Napolitano e Spadolini. «Deve essere varata entro il 6 agosto» Vertice al Quirinale con Napolitano e Spadolini. «Deve essere varata entro il 6 agosto» Scaferò; riforma elettorale subilo Lega e de disponibili, anche ilpds si impegna Segni: guai se si votasse con la proporzionale ROMA.Un lungo colloquio al Quirinale tra il presidente della Repubblica Scalfaro e i presidenti delle due Camere Giovanni Spadolini e Giorgio Napolitano. Un impegno solennemente sancito tra le massime cariche dello Stato per l'«approvazione, entro i termini stabiliti, della riforma elettorale per la Camera e per il Senato». Un richiamo a tutte le forze politiche, comprese quelle che come il pds hanno invocato elezioni «al più presto», a rispettare la volontà popolare espressa dal referendum del 18 aprile e dunque a varare la nuova legge elettorale entro il 6 agosto, data, come ha specificato Spadolini al termine del colloquio, «concordata con il governo». Uno stop a chi propone elezioni subito, anche col vecchio sistema proporzionale. Ma anche la messa in moto di un meccanismo istituzionale che, se rispettoso dei «termini stabiliti» invocati dal vertice del Quirinale, può rendere tecnicamente possibile lo scioglimento anticipato del Parlamento e le elezioni da celebrare con le nuove regole. La disponibilità democristiana all'esortazione formulata da Scalfaro, Spadolini e Napolitano viene da Mino Martinazzoli che nella sua replica all'Eur ha dato la sua parola: «Garantisco anche a nome dei gruppi parlamentari che entro la prossima settimana faremo la riforma elettorale». Un impegno a bloccare manovre dilatorie e più o meno scoperte operazioni di rallentamento. Nella lotta contro il tempo Martinazzoli aggiunge così il suo contributo accanto a quello esplicito di Umberto Bossi che ha dichiarato che la Lega non ha nulla in contrario a votare la prossima primavera con le nuove regole e quello del pds il quale, sebbene contrario alla riforma Mattarella e partigiano dell'elezione a due turni, si impegna attraverso Cesare Salvi a non intralciare il cammino della legge «entro i termini stabiliti». L'altolà di Mario Segni raggiunge insomma il suo primo obiettivo. Dopo il gran parlare di elezioni entro novembre ieri il leader dei «Popolari per la riforma» si è duramente scagliato contro la «pericolosissima offensiva per andare a votare con la vecchia legge proporzionale». «Abbiamo fatto la campagna referendaria contro un sistema che ci portava ad un Parlamento con venti partiti», ha detto Segni, «e abbiamo ottenuto il consenso dell'83 per cento degli italiani. Votare con la vecchia legge sarebbe un'autentica truffa ai danni di 30 milioni di cittadini». Parole che suonano in singolare contrasto con le posizioni di Marco Pannella secondo cui continua a restare migliore «lo status quo, cioè votare con la proporzionale alla Camera e con il maggioritario al Senato» piuttosto che approvare una «cosa araba, anzi libanese» come la nuova legge Mattarella, «involuta anche nel linguaggio», che secondo Pannella spianerebbe la strada ad un «nuovo regime» dove «al posto della de vogliono mettere il pds»: «la proporzionale pura sarebbe un imbroglio minore». Posizione isolata, quella di Pannella. O quasi, visto che alla prospettiva di votare Senato e Camera con due sistemi elettorali diversi sembra scaldarsi soltanto Rifondazione comunista che attraverso Lucio Libertini dice di «non trovare affatto uno scandalo» l'eventualità di andare alle urne con due criteri giacché «il referendum non ha affatto messo in discussione» il sistema vigente alla Camera. Ma Giovanni Spadolini, al termine del vertice che si è tenuto al Quirinale, esprime uno spirito del tutto diverso: «Non possiamo incoraggiare o favorire qualunque movimento di diserzione, cioè una soluzione che passasse attraverso un sistema per il Senato e uno per la Camera, perché ciò offenderebbe la volontà popolare, vanificando il moto di rinnovamento auspicato dal Paese». E se Achille Occhetto ribadisce sull'Unità di oggi che le elezioni sono «un passaggio necessario», oramai la controversia si sposta sul come andare alle elezioni. Ma Scalfaro si è impegnato con i presidenti dei due rami del Parlamento di impedire di andare alle urne col vecchio sistema. Quando? Il presidente della commissione Affari costituzionali Ciaffi si dice sicuro che, anche a concludere l'iter entro la scadenza fissata nell'incontro al Quirinale, «non vi sono comunque i tempi tecnici necessari per votare a novembre». Diverso è il giudizio della Voce repubblicana secondo cui «il tempo c'è» anche per integrare la riforma elettorale con l'elezione diretta del premier. E anche secondo il segretario socialista Del Turco il Parlamento potrebbe avere il tempo persino per una riforma costituzionale. Ma intanto mancano soltanto dieci giorni al fatidico 6 agosto, [p. bat.] VSLS Contrasti sulla data delle elezioni. Il pri indica novembre Ma i tecnici dicono che manca il tempo Qui a fianco: Mario Segni A destra: il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro

Luoghi citati: Roma